Deschamps: “E’ sempre la Juve”

dall’inviato GIULIO MOLA

SIGNOR Deschamps, tre anni fa di questi tempi, dopo aver eliminato il Real Madrid, lottava con il Monaco per conquistare la Champions League con le grandissime d’Europa. Cosa prova pensando che oggi alla guida della Juventus deve sudarsi punto dopo punto la promozione in serie A dando spettacolo sugli aridi campi di provincia come quello di Lecce?

“Sono orgoglioso di sedermi su una panchina così prestigiosa, perché la scelta è stata mia e la Juve, a prescindere dalla categoria, resta sempre la Juve. E fa niente che la Champions è solo un ricordo”.

In questi dieci mesi si è parlato molto ma forse si è data poca attenzione a ciò che i bianconeri facevano sul campo: il lancio dei giovani, i gol di Del Piero, il calore del pubblico…

“La cosa più bella è che i risultati sono arrivati, anche con le reti di Alex, nonostante il pesante handicap iniziale. Ha ragione anche per quel che riguarda i giovani, hanno risposto bene ed è un dato positivo. E poi i nostri tifosi, sono stati splendidi: sapevano di dover soffrire, ma non ci hanno abbandonato sin dal primo giorno del ritiro”.

Percé accettò la proposta della Juventus? Dopotutto quando la contattarono c’è ancora il rischio della serie C…

“Ci sono diversi motivi alla base della mia scelta: quello principale è stata la soddisfazione di sapere che la mia vecchia società si era interessata a me. E di conseguenza era doveroso restituire alla Juventus quello che il club mi aveva dato da giocatore. Tantissimo”.

C’è stato un momento in cui si è pentito del passo estivo?

“Mai. Quando si accettano certi incarichi ci si deve pure assumere tutte le responsabilità. Ci sono stati momenti difficili, ma superati”.

Si è mai sentito in discussione?

“Un allenatore è sempre in discussione, da tutte le parti. E l’allenatore della Juve lo è ancora di più, perché se pareggi scoppia un casino e se perdi succede un dramma. Tutte le critiche sono giuste, ma una cosa è voler discutere, altra è cercare di penalizzare a tutti i costi. Ho accettato con serenità le critiche dopo il 3-1 di Brescia, ma non sempre, purtroppo, le analisi sono obiettivi. Anzi, talvolta mi sembrano pretestuose…”.

Lei è tornato a Torino con due anni di ritardo: ma dopo quel che è successo nella Primavera del 2004, con il tanto declamato corteggiamento della Triade nei suoi confronti e poi l’ingaggio a sorpresa di Capello, non si è sentito tradito?

“No, perché io so quel che è successo, e altri pochi. Dico solo che la mia segreteria telefonica in quel maggio non registrò alcuna chiamata, il resto fa parte del passato. E non mi interessa più”.

Dalla Triade al nuovo corso della Juve: come è cambiata la società negli ultimi mesi?

“Tantissimo. Non ci sono più le stesse persone, è il modo di far funzionare e di gestire le cose che è cambiato. Se poi mi chiede come mi trovo, le dico che mi sono ben adattato: le decisioni le prende la dirigenza, soprattutto sul mercato. Io cerco di dare consigli come tutti gli allenatori, ma c’è buon dialogo. E’ anche vero che ero stato benissimo da giocatore con la precedente gestione”.

Chiariamo una volta per tutte: è vero che ci vorranno alcuni anni per rivedere la Juventus fra le grandi d’Europa?

“Ci vorrà per forza un po’ di tempo. Siamo ripartiti dalla serie B, per arrivare sul tetto del continente è necessario lavorare e pianificare. Anche la squadra vincente delle ultime stagioni era stata costruita in 3-4 anni. Ciò che conta è avere l’ambizione e lottare, poi è solo il campo che ti dà ragione”.

C’è un giocatore a cui non rinuncerebbe mai in caso di promozione in serie A?

“Non si rinuncia mai ai giocatori importanti e decisivi. Per me se c’è uno fondamentale nella Juventus, questo è Gigi Buffon”.

Per trattenere lui, Trezeguet e Camoranesi conterà più la volontà dei diretti interessati o della società?

“Sarebbe opportuno che le due parti fossero d’accordo. La scorsa estate la dirigenza voleva che restassero a Torino, loro forse un po’ meno. Se a giugno dovessero essere convinti, allora sarebbe più bello continuare insieme. Camoranesi sembra che lo scopriate adesso, io lo applaudo dall’autunno”.

I tifosi non vogliono che i loro campioni siano ceduti alla concorrenza, soprattutto all’Inter…

“E’ quello che desideriamo anche noi. Non vogliamo dare Buffon e gli altri ai nerazzurri, ma confermarli e rinforzare la squadra”.

Anche perché i veleni a distanza fra Inter e Juventus continuano ad agitare gli animi dei tifosi e non solo…

“Purtroppo con tutto quello che è successo un anno fa, ogni giorno sentiamo una polemica nuova. E non siamo alla semplice rivalità, ma a qualcosa di più sgradevole. Conviene tapparsi le orecchie”.

Parliamo del simbolo della Juventus: il suo ex compagno di squadra Del Piero l’ha mai messa in soggezione?

“No, fra le persone i problemi non esistono quando c’è rispetto reciproco. Ho un rapporto di grande fiducia con tutti, parlo a quattr’occhi con ogni singolo giocatore, in particolar modo con il nostro capitano. Sono contento di vedere Alex felice: ha sofferto negli ultimi due anni ma ora sorride sempre, e sta dimostrando sul campo di poter essere ancora utilissimo alla squadra. E poi, come mi ha insegnato Lippi, con i giocatori si può anche litigare ma poi tutto passa. E io non sono un tagliatore di teste come qualcuno diceva in passato”.

Ha citato Lippi: cosa le ha insegnato il suo ex allenatore?

“L’organizzazione e lo spirito con cui si lavora se vuoi fare questo mestiere. Alla Juve sono stato cinque anni come un pesce nell’acqua, e Lippi mi ha insegnato che il pugno di ferro è indispensabile. Ci sentiamo ogni tanto, mi ha spiegato cose utili giusto per cominciare”.

Calciopoli, atto secondo. Lei teme che ci sia ancora del marcio nascosto nel calcio?

“Non lo so. Posso dire solo che non c’ero…Forse qualcosa di nuovo uscirà, e non penso che farà bene a tutto il movimento”.

Signor Deschamps, qual è il suo prossimo obiettivo?

“Cominciamo a conquistare il primo, la serie A. Poi si vedrà…”.

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1 Commento a “Deschamps: “E’ sempre la Juve””

  1. Amilcare da Modena scrive:

    Egregio Dr.Mola,
    come si evince dalla registrazione dell’ex-arbitro De Santis, egli non ha mai
    parlato al telefono con Moggi, ma che invece avrebbe parlato con Facchetti.
    Questa dichiarazione avvalora quella dell’ex-designatore Paolo Bergamo, il
    quale, in una intervista rilasciata proprio a QUOTIDIANO QS, sostenne che non sono state rilevate le telefonate che invece faceva Facchetti ai designatori arbitrali, molto preoccupato della supremazia di Milan e Juventus. E tutto ciò sta a dimostrare che dello scandalo di Calciopoli o si è
    punito sulla base di semplici sospetti oppure non si è fatta VERA GIUSTIZIA. O il calcio malato era una fantasia per colpire chi dava fastidio,
    oppure la REGIA di questo scandalo è da ricercare ……..altrove…..(vedere per credere alle INTER….cettazioni).

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