Archivio di Aprile 2007

USA, CINA, RUSSIA E ARABIA SAUDITA “ADDOMESTICANO” IL RAPPORTO IPCC

Venerdì 6 Aprile 2007

di ALESSANDRO FARRUGGIA
_ BRUXELLES _
E’ successo senza neppure troppo clamore. Dopo un duro confronto che si è protratto per tutta la notte e per metà mattinata, l’assemblea dell’IPCC ha approvato il rapporto del secondo gruppo di lavoro (WG2), che si occupa degli impatti del cambiamento climatico. Il problema è il come.
Gli scienziati e i delegati nazionali hanno infatti combattuto parola per parola, con le delegazioni americana, cinese e saudita tra le più impegnate a “limare” le parti più esplicite del testo. In particolare i cinesi hanno insistito affinchè laddove si affermava che il cambiamento climatico già oggi interessa i sistemi naturali invece che la formula “very high confidence” (certezza oltre il 90%) si usasse la più moderata “high confidence” (certezza oltre il’80%). Gli Stati Uniti hanno invece fatto pressioni perchè non si indicasse il livello di certezza e per i riferimenti agli effetti del cambiamenbto cliamtico sul Nord Anerica. E nonostante le vive proteste di molti scienziati le pressioni del primo (gli Usa) e del secondo paese (la Cina) emettitore di Co2 e di due dei maggiori paesi produttori di petrolio (Arabia Saudita e Russia) hanno prodotto i loro effetti, annacquando alcune delle affermazioni contenute nel “sommario per i poltici” quello destinato alla diffusione più ampia.
E’ vero che nel rapporto tecnico le affermazioni restano quelle originali, ma quanti lo leggeranno? Probabilmente solo gli addetti ai lavori che l’hanno scritto. E così l’operazione annacquamento avrà i suoi effetti nella stesura del rapporto di sintesi finale del quarto rapporto Ipcc, previsto a novembre, e nelle future negoziazioni climatiche. Del resto era da prevedere che vista la posta in gioco i politici di certi paesi entrassero a gamba tesa anche nel campo degli scienziati. Che, tranne pochi come l’americana Rosenzweig che hanno protestato con vigore e hanno lasciato la sala, non hanno avuto il coraggio alzarsi e andarsene lasciando clamorosamente il cerino nelle mani di chi pretendeva una verità addomesticata alla ragion d stato. Sarebbe stata la risposta adeguata a chi invade il campo altrui. Ma se uno il coraggio non ce l’ha, non se lo può dare….

IPCC: DOMANI IL SECONDO GRUPPO DI LAVORO, ECCO LE ANTICIPAZIONI

Giovedì 5 Aprile 2007

di ALESSANDRO FARRUGGIA

“C’è maggiore e più forte evidenza che i cambiamenti climatici stanno interessando i sistemi naturali e non naturali nella criosfera e ora c’è evidenza degli effetti provocati anche sull’idrologia e le risorse idriche, le zone costiere e gli oceani…”. E’ un quadro dettagliato e comprensibilmente preoccupato quello che emerge dal rapporto del secondo gruppo di lavoro (WG2) dell’IPCC _ il gruppo di esperti incaricato dalle Nazioni Unite di investigare sul cambiamento climatico _ che sarà reso noto domani (e la cui bozza, al solito, anticipiamo).

Quello del WG2 è uno studio sugli effetti del cambiamento climatico. Quello futuro e quello attuale dato che, osserva l’IPCC “ci sono nuove evidenze che il recente cambiamento climatico stia fortemente interessando i sistemi biologici naturali, sia quelli terrestri che quelli marini”. Del domani non v’è certezza tranne che una: le temperature aumenteranno.

Un pianeta molto più caldo
Le simulazioni aiutano a capire. Entro fine secolo nei mesi di novembre dicembre e gennaio le temperature cresceranno in Nord Europa tra i 4 e i 7 gradi e in Sud Europa tra i 2,2 e i 4,5 gradi. In estate (giugno-luglio-agosto) l’aumento sarà invece maggiore alle latitudini più basse. Se nel Nord Europa le temperatire cresceranno tra i 2 e i 5 gradi, nel Sud Europa si innalzeranno tra i 3 i 7 gradi (e con una riduzione della piovosità che oscillerà tra il 10 e il 60%, che metterà in crisi l’agricoltura). E a livello planetario che cose andranno anche peggio: basti pesare agli aumenti di temperatura tra i 7 e i 16 gradi nelle aree polari.

Aumenta lo stress idrico
Per quanto riguarda le risorse idriche la popolazione ad alto rischio di stress oscillerà tra 1 e 2 miliardi di persone nel 2050 e tra 1,1 e 3,2 miliardi di persone nel 2080. Le aree semiaride sono quelle più a rischio di registrare deficit seri di acqua: il Wg2 pone l’attenzione sui paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, Stati Uniti occidentali, Sud Africa, Nordeste del Brasile e l’Australia Orientale. L’aumento dello stress idrico aggraverà anche l’inquinamento dei corpi idrici, non effetti su salute umana, affidabilità dlele forniture di acqua ed ecosistemi. L’accentuata stagionalità, frutto anche della riduzione della copertura nevosa determinerà una riduzione della produzione idroelettrica. Si parla di un - 6% medio al 2070 in Europa, con picchi del 20-50% nei paesi mediterranei.

Biosfera: a rischio una specie su tre
Un conto pesante lo pagherà anche la biosfera, che entro la fine del secolo rischia di diventare un emettitore netto _ anziché un “assorbitore” _ di Co2. Con un aumento di temperatura superiore ai 2-3 gradi ci si attende che per il 20-30% delle specie (con variazioni regionali che vanno dal 1 all’80%) aumenti il rischio di estinzione. L’innalzamento della temperatura comporterà cambiamenti sostanziali dei biomi. Gli ecosistemi più a rischioi sono la tundra, le foreste boreali, gli ecosistemi montani e quelli mediterraneo, le mangrovie e le paludi d’acqua salata, i reef corallini. Ad esempio, con un aumento di 3 gradi è a rischio il 50% della tundra e si estinguono completamente i coralli.

Agricoltura, bene al Nord male al Sud
Sul fronte della produzione agricola e forestale _ almeno per aumenti di temperatura tra 1 e 3 gradi _ è atteso un moderato aumento dallla produttività di cereali e pascolo nelle aree temperate, ma una riduzione della produttività agricola alle latitudini più basse, con effetti negativi sulla produttività e sul numero delle persone malnurtrite che non si ridurranno tanto quanto sarebbe stato senza i cambiamenti climatici.

Coste troppo esposte
I cambiamenti climatici avranno un effetto significativo sulle zone costiere che saranno interessate da un aumento del livello del mare tra 20 e 60 centimetri, un aumento di frequenza e intesità di cicloni e altri fenomeni estremi, da un aumento dlel’intrusione dlel’acqua salata nelle falde e nei fiumi e da un aumento della temperatura del mare tra 1 e 3 gradi. Gli effetti saranno negativi e occorrerà agire per ridurli: il WG2 avverte infatti che i costi per l’adattamento e la protezione delle coste saranno molto minori del costo dell’inazione.

Gli effetti sulla salute
I cambiamenti climatici avranno effetti prevalentemente negativi anche sulla salute, in particolare per quanto riguarda eventi estremi, gli effetti delle ondate di calore, la malaria (anche se in alcune zone il rischio diminuirà), la diarrea, la dengue, le malattie causate dall’ozono. Naturalmente i paesi che pagheranno il prezzo più alto sono quelli meno sviluppati.

Impatti regionali, l’Europa si divide
Pesanti e molto differenziati gli impatti regionali. Per quanto rigurda l’Europa si registerà un aumento delle alluvioni invernali nel Sud e di quelle da scioglimento delle nevi nell’Europa centrale e orientale. Il presentarsi di condizioni più calde e più secche aumenterà il rischio di siccità importanti riducendone (al 2070) il tempo di ritorno da 100 a 50 anni. Aumenterà, specie nell’area mediterranea, il rischio di incendi e di ondate di calore. Nel nostro continente l’aumento della temperatura sarà più alto in inverno nel Nord e in estate nel Sud. Le precipitazioni aumenteranno nel Nord e diminuiranno nel Sud, ma con marcate variazioni stagionali. Nell’aerea mediterranea sarà significativa la riduzione delle precipitazioni estive (30-45%). Questo avrà effetti sulla produttività agricola e forestale, generalmente positivi nel Nord Europa e negativi nel Sud. In aumento anche la percentuale di polazione a rischio stress idrico (dall’attuale 19% al 35% entro il 2070).
E’ prevista la scomparsa del 20% delle paludi costiere, mentre fino al 60% delle specie alpine sarà in pericolo, e i ghiacciai si ridurranno fra il 30 e il 70% entro il 2050. Fino al 50% delle specie europee sarà a vulnerabile, minacciata o a rischio di estinzione.
Il cambiamento climatico porrà infine nuove sfide per molti settori economici e modificherà la distribuzione delle attività economiche. Basti pensare all’agricoltura, al turismo, alla produzione idroelettrica e alle assicurazioni.