Archivio di Dicembre 2006

Il Mediterraneo uno delle due aree più sensibili ai cambiamenti climatici

Mercoledì 27 Dicembre 2006

di ALESSANDRO FARRUGGIA
I cambiamenti climatici? Nel nostro paese si sentono e si sentiranno di più che ai tropici o in altre parti del mondo. Le due regioni del pianeta che risponderanno in maniera più forte ai cambiamenti climatici globali sono infatti — e un pò è una sorpresa — il Mediterraneo e l’Europa orientale. Ad affermarlo è una ricerca dello scienziato italiano Filippo Giorgi (che lavora al centro di fisica di Trieste e fa parte del prestigioso IPCC) pubblicata nell’ultimo numero di “Geophisical research letter”.
«Dal punto di vista della vulnerabilità — scrive Giorgi — un’area sensibile è una regione nella quale gli impatti dei cambiamenti climatici sull’ambiente o sulle attività umane possono essere particolarmente pronunciati. E le due aree più sensibili a livello mondiale risultano essere il Mediterraneo e il Nord Est Europa (Russia europea-Ucraina- Bielorussia)». Seguono, con un tasso inferiore, il Centroamerica e, come previsto, le latitudini fredde dell’emisfero settentrionale. «Nel Mediterraneo — scrive Giorgi — assisteremo ad una larga riduzione della piovosità media, in particolare ad una riduzione della piovosità estiva, e ad un aumento della variabilità delle precipitazioni durante la stagione estiva».

Le previsioni per la seconda metà di questo secolo non devo far dimenticare che già oggi il Mediterraneo si è dimostrato un’area molto sensibile ai cambiamenti climatici. A fronte di un aumento medio della temperatura mondiale di 0.65° gradi nell’ultimo secolo (fonte, quarto rapporto IPCC), in Europa l’aumento della temperatura (fonte, Agenzia europea dell’Ambiente) è stato infatti di 0.95°. In Italia, secondo i dati dell’annuario Apat presentato nei giorni scorsi dal commissario straordinario Giancarlo Viglione, in soli 24 anni (1980-2004) l’aumento è stato di 1.58 gradi: il doppio della media mondiale secolare.

E questo inverno rischia di aggravere la situazione. Secondo una ricerca della Società metereologica italiana, nel nord Italia l’autunno 2006 è il più caldo dall’inizio delle misurazioni. E precisamente, il più caldo dal 1830 a Modena, dal 1877 a Cuneo, dal 1891 a Pontremoli con uno scarrtoi dalle medie che oscilla tra i 2.2 (Pontremoli) e i 3,2 gradi (Cuneo), con Modena a 2.6°.
A livello globale, secondo il rapporto preliminare 2006 dell’Organizzazione metereologica mondiale, l’anno che sta per finire sarà 0.42° sopra le medie 1961-1990 risultando globalmente il sesto più caldo mai misurato (il quarto nell’emisfero settentrionale e il settimo in quello meridionale). Anche l’Organizzazione metereologica modiale conferma l’eccezionale autunno, che in Europa ha visto temperature di 3 gradi sopra le medie (in Inghilterra, dove esistono serie di dati molto antiche, si è verificato che è stato il più caldo dal 1659).

“El Nino” è tornato e promette un caldo inverno

Mercoledì 27 Dicembre 2006

dall’inviato
ALESSANDRO FARRUGGIA
— GALAPAGOS (Ecuador) _
I pinguini e i leoni marini cercano ristoro tra le mangrovie e i cespugli di “monte salado” che si affacciano sulla spiaggia, lasciando gli scogli neri alle iguana e alle colonie di granchi.
Non è un caso. L’acqua è calda, molto più calda del normale, troppo calda. Almeno 25 gradi, un paio più del normale. E c’è un motivo, foriero di cattive notizie: il “”Nino” è tornato, e le Galapagos, vero santuario della biodiversità, sono proprio al centro del “Nino”. Cosa sia il “Nino” i pescatori peruviani ed ecuadoregni l’hanno imparato millenni fa: quando capitava, e capitava periodicamente, la pescosità crollava e le piogge erano torrenziali. Per mesi.
«Il Nino — spiega il climatologo Vincenzo Ferrara dell’Enea — è un fenomeno di alterazione periodica, con oscillazioni medie in quest’ultimo secolo che sono circa quadriennali, dell’equilibrio del sistema atmosfera-oceano ed in particolare del sistema che interessa una vasta area marina ed atmosferica dell’oceano Pacifico intertropicale. La distruzione di tale equilibrio, che a volte può durare anche periodi superiori ad un anno, porta a conseguenze importanti sulle condizioni meteorologiche e meteoclimatiche mondiali e impatti anche molto rilevanti o, talvolta, catastrofici in particolare sul continente americano, ma anche sulla parte sud orientale del continente asiatico e in Australia».
A partire da maggio, spiegano all’Organizzazione meterologica mondiale, il mare ha cominciato a riscaldarsi, ed è oggi tra 1 e 1,3 gradi sopra le medie. E gli effetti, già oggi, si fanno sentire a migliaia di chilometri di distanza con una estesa siccità nelle isole del Pacifico, in Australia e Indonesia. E piogge molto più forti nel normale nell’Africa orientale. Presto toccherà al Sudamerica, dove sono attese forti piogge sulla costa. In Giappone è attesa siccità, mentre mentre in Nordamerica l’effetto sarà misto: siccità e temperature più alte del normale in Canada e Stati Unite settentrionali, clima più caldo e umido nel sud caraibico. mezzo globo sconvolto da un aumento della temperatura del Pacifico tropicale. «Il Nino crescerà ancora fino a febbraio-marzo 2007 — osservano alla agenzia ambientale americana per oceani ed atmosfera NOAA — superando il grado e mezzo. Dopodichè o rientrerà gradualmente oppure punterà verso un nuovo massimo il prossimo dicembre». Nessuno può dire quale sarà l’evoluzione, certo è che sulle Galapagos sono preoccupati. «Ricordo bene il terribile Nino del 1983-83 — racconta Grace Unda Romero, governatrice delle isole — quando piovve per nove mesi di fila, e la temperatura del mare sfiorò alla fine i trenta gradi. Mi ricordo che bene nel dicembre del 1982 la temperatura era di 25 gradi, proprio come adesso. E spero che non vada a finire come allora, con le colonie di pinguini, di leoni marini, di iguana decimate e la pescosità ai minimi termini». «La verità — prosegue la governatrice — è che il clima sta cambiando e il Nino diventa più frequente e più intenso. E noi dovremmo fare di più per fermare questa deriva pericolosa».
Sulle Galapagos, che di biodiversità vivono, qualcosa hanno iniziato a fare, anche perchè oltre ad essere sposte “strutturalmente” al “Nino” le isole hanno assistito ad un boom del turismo: dai 6500 visitatori del 1976 si è passati ai 61 mila del 1996 e ai 125 mila di quest’anno, ai quali si aggiungono almeno 25 mila residenti e alcune migliaia di clandestini, attirati qui dal miraggio di far soldi con i gringos che vengono a fotografar le iguana e le tartarughe giganti. Tanta gente, troppa gente. Troppa pressione su di un ambiente delicato.
Un viaggiatore attento come Patrizio Roversi sta girando qui la puntata inaugurale di “Velisti per caso” — che nella sua nuova edizione sarà dedicata al viaggio di Darwin e per il quale l’Enel ha trasformato l’”Adriatica” in un concentrato di tecnololgie solari, eoliche e a idrogeno che la renderà libera dall’uso di carburanti fossili — ne è ben conscio.. «Le Galapagos— sottolinea Roversi — sono un microcosmo sospeso tra conservazione e rovina. Hanno risorse straordinarie ma anche un boom della popolazione, dell’immigrazone clandestina, un turismo arrembante». E sono state teatro di ben due disastri causati da petroliere che portavano il combustibile per far funzionare le centrali diesel dell’isola. «Bisognava fare qualcosa — osserva la governatrice — e così abbiamo chesto aiuto per avviare un progetto che riduca l’suo di combustibili fossili. L’ambiente, come conferma il sempre pià frequente arrivo di el Nino, è qui troppo delicato per poter sopportare un’altro sversamento di petrolio».
Una discreta mano a questi ostaggi del Nino gliela hanno data le società elettriche dell’E8, tra le quali l’Enel, che sta facendo di questo arcipelago una metafora del progetto “isole verdi”. Sull’isola di San Cristobal, una delle due isole più popolate e soprattutto quella teatro del più grave sversamento di petrolio, sta nascendo una centrale eolica che coprirà la metòà del fabbisogno e ridurrà della metà la necessità di far attraccere le petroliere nella perigliosa baia. «Entro la metà del 2007 — spiega Franco Donatini del centro ricerche Enel — installeremo 3 turbine da 50 metri per complessivi 2,4 Mw installati che produrranno 3,5 milioni di KVh all’anno e verranno interfacciate con i tre gruppi diesel esistenti». Il sito è stato scelto con cura tra i tre papabili per non disturbare gli uccelli, specie le petrelle, e l’esperienza (costo, 10 milioni di dollari) servirà per futuiri interventi nell’isola di Santa Cruz (centrale eolica da 3,5 Mw allo studio), Floriana e Isabela (impianti solari fotovoltaici). Il progetto potrà poi essere replicato in altri arcipelaghi, anche non tropicali. Si vedrà.
Certo è che il Nino sta mordendo oggi e gli impatti dei pur lodevoli progetti di conservazione e di introduzione di tecnologie energetiche pulite alle Galapagos avranno poco effetto su di un fenomeno che è globale. Per effetti e per cause. Basti pensare che secondo la Noaa è proprio colpa (o merito…) del risveglio del Nino il fatto che la stagione degli urgani — che ha devastato il caribe nel 2005 — sia stata quest’anno inferiore al previsto (9 tempeste e 3 uragani, solo due dei quali maggiori).
Difficile dire se gli effetti di questo “El Nino” si sentiranno anche sulle correnti agetto che spirano sull’Atlantico e quindi sull’Europa. Ma una cosa è sicura. sarà una caldo inverso. Sulle Galapagos e su tutto l’emisfero settentrionale.