NAIROBI. Accordo raggiunto sul non accordo: tra proclami di successo si e’ ancora scelto il rinvio

dall’inviato ALESSANDRO FARRUGGIA

NAIROBI 17 novembre ANNO QUATTORDICESIMO DALLA NASCITA DELLA CONVENZIONE SUL CLIMA

E’ finita in orario e “gia’questo non e’ un bel segnale. Considerando che le conferenze sul clima con un minimo di carne al fuoco terminavano sempre il giorno dopo la chiusura ufficiale dopo aver simbolicamente “fermato gli orologi”, aver chiuso in orario significa che non c’era davvero materia del contendere. E infatti. La dodicesima conferenza delle parti di Nairobi, la seconda dall’entrata in vigore del protocollo di Kyoto e’ terminata con un sostanziale fallimento che rinvia ancora di molti di anni azioni volte alla soluzione di un problema che tutte le parti della conferenza riconoscono ormai essere indifferibile: la stabilizzazione delle emissioni in atmosfera dei gas serra in modo da limitare a due gradi il riscaldamento climatico. Eppure si rinvia ancora.
Due i punti chiave. Il primo e’che il protocollo di Kyoto - ai sensi dell’articolo nove - indicava esplicitamente che questa conferenza di Nairobi avrebbe dovuto mettere all’ordine del giorno la revisione del protocollo. Discutere cioe’ del da farsi dopo il 2012, quando il protocollo di Kyoto esaurira’ i suoi effetti. Non e’ successo. Si e’ solo trovato l’accordo sul rinvio al 2008 di questa consultazione, specificando pero’ che questa revisione non dovra’ in ogni caso portare a nuovi impegni di riduzione. Troppo poco, troppo tardi. Come ha detto il segretario esecutivo della Unfcc, De Boer, “la revisione sara’ rivolta al passato, non al futuro”. Solo dopo, eventualmente, le parti potranno decidere nuovi impegni. Quindi non prima del 2009.
Secondo punto chiave, quello previsto al punto 3.9 della convezione, cioe’i nuovi impegni per i paesi che gia’ oggi sono parte del processo e in buona parte hanno obblighi di riduzione: i paesi sviluppati. Qui si e’ fissato un percorso del gruppo di lavoro äd hoc” creato a Montreal lo scorso anno e che potera’ nel 2007 a due incontri dopo dei quali verra’ stilata una relazione alla prossima conferenza. A quel punto il lavoro pero’ sara’ tuttaltro che finito e continuera, con l’obiettivo di concluderlo “prima possibile” e comunque in tempo utile per non creare un gap tra il primo e il secondo periodo di impegno, cioe’ prima del 2012. Anche qui troppo poco e troppo tardi.
Tutto il resto sono spiccioli, pur graziosi. Proposte interessanti come quella russa sugli impegni volontari e quella brasiliana per evitare la distruzione delle foreste (che verranno discusse nel 2007), il fondo di adattamento per i paesi poveri (per ora sottofinanziato), il riconoscimento contenuto in un documento approvato alla conferenza che “serve un taglio del 50% alle emissioni”. Molte buone intenzioni, pochi fatti.
Ironia della sorte, le reazioni di gran parte delle parti in causa - che esclusi gli americani e i paesi petroliferi hanno tutto l’interesse a non parlare di fallimento - sono positive. Il commissario europeo Stavros Dimas si e’ spinto a dire che “la conferenza e’stato un successo dato che abbiamo fatto progressi su tutti i temi che erano importanti” e il presidente della conferenza, il keniano Kibwana ha affermato senza mezzi termini che “lo spirito positivo della conferenza ha prevalso”. Anche in chi ha scelto la fotografia che ieri illustrava sul sito UNFCCC (la convenzione sui cambiamenti climatici) il trionfale comunicato sulla conferenza: una foto che mostra un Kilimanjaro in ottima forma coperto da ghiacciai che oggi sono un lontano ricordo.
Critici invece gli ambientalisti, e non poteva proprio essere diversamente, ma pero’senza parlare apertamente di falliimento. Il Wwf parla di “piccolo passo in avanti, ma stigmatizziamo la mancanza di ambizione dei negoziatori”, i Friends of the Earth di “modesti passi in avanti che non rispondono alla domanda di azione che viene dal mondo reale”, Legambiente parla di “soluzione non coraggiosa”, Greenpeace preferisce sottolineare che “a fronte di piccoli passi in avanti per la prima volta si e’ riconosciuto in un documento della conferenza delle parti che le emissioni di Co2 devono essere tagliate del 50%”. Chi si accontenta gode. Gli altri vedono il bicchiere mezzo pieno. Solo le emissioni di gas serra continuano incessantemente ad aumentare: +26% dal 1990. Evidentemente non si sono accorte del protocollo di Kyoto…

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6 Commenti a “NAIROBI. Accordo raggiunto sul non accordo: tra proclami di successo si e’ ancora scelto il rinvio”

  1. marcello perez scrive:

    vivo da anni tra la Toscana e il Sudamerica e ho visto il cambiamento climatico con i miei occhi. Ho visto el Nino che fa disastri in Sudamerica: piogge torrenziali, siccita´, di tutto.
    Sino a quando vogliamo aspettare a fare qualcosa? Condivido l’amarezza e il pessimismo, sono convinto che i paesi riicchi oensano che se la possono cavare con poco adattandosi al cambiamento climatico, che fara´danni solo nei paesi poveri. la solita storia. Ma e’ anche un problema di etica, possibile che a pagare siano solo i piu poveri? Ma vi rendete costo di quello che state facendo all’ambiente?

  2. mariella battistini scrive:

    Ho appena letto il commento di Alessandro e gia’ non ne posso piu’. Non che abbia torto nel merito. Per carita’, quello che succedera’ con l’aumento continuo delle emissioni serra e’ un disastro terribile che forse ancora non riusciamo a immaginare. Ma questo nuovo sessantottismo ambientalista dove ci porta?
    Io dico che bisogna costruire un progetto politico ambientalista passo dopo passo, bisogna essere realisti per vincere, non accontentarsi di essere duri e puri in 18. Proponiamo una strategia vera, per tappe forti, che possa veramente diventare operativa in tempi rapidi. Abbiamo bisogno di politiche vincenti, non di sfoghi solitari.

  3. Roberto C. scrive:

    Cara Mariella, dici che serve realismo, una strategia vera, per tappe forti? E quali sarebbero queste politiche vincenti? l’accontentarsi, o il fingere di accontentarsi di pannicelli caldi quando invece il cancro richiederebbe una cura da cavallo? osiamo invece, tentiamo di trovare soluzioni vere, anche se ben sappiamo non saranno a buon mercato. Il resto sono solo chiacchere, che non risolvono il problema. politiche vecchie. stantie. Lancio un appello al mondo politico: ma c’`qualcuno capace di guardare oltre l’interesse di bottega, pronto a perdere voti nell’immediato pur di affrontare con la dovuta decisione un problema che rischia di rovinare la vita dei nostri figli? datevi una mossa.

  4. Luciano Serasini scrive:

    Mi sconcerta e mi stupisce la levata di scudi di tante cassandre che pronosticano disastri.
    Certo, uragani ai tropici ci sono sempre stati, se non colpiscono a est, colpiranno a ovest, cosi è il tempo e la vita, opporsi è da sciocchi e stolti. E’ da persone intelligenti prendere le contromisure per non farsi abbattere la casa, farsi allagare o essere portati via. L’aumento dell’anidride carbonica è ineluttabile, fa parte della nostra civiltà dal momento che l’uomo accese la prima candela, e via via progredendo.
    Penso che la cosa più intelligente non sia quella di opporsi all’uragano ma quella di adattarvisi cogliendo gli aspetti positivi che tutti stanno sperimentando, tipo il brusco taglio nei consumi del riscaldamento, e in sintesi dell’esborso di cifre non indifferenti, e nel cercare di minimizzare gli inconvenienti, pochi in verità. Ho vissuto ai tropici per anni e mi auguro una temperatura più tropicale, vuole dire che pianteremo limoni e arance in val padana e datteri, papaya, mango e avocados in Sicilia, non vedo tanti disastri. Gli inconvenienti ci sono in un sistema in transizione, questo è certo. Ma una ultima domanda? dove stava un tempo tutto il carbonio fossile sotto forma di petrolio e carbone… non era per caso circolante sul nostro pianeta un tempo? E allora perchè si scandalizzano tanto le organizzazioni ambientaliste, che sempre tentano di farci tornare al tempo delle candele??

  5. alessandro scrive:

    da Alessandro Farruggia a Luciano Serasini

    Gentile signor Serasini, l’aumneto di anidride carbonica non è ineluttabile, ma è frutto di scelte precise. Cioè dell’uso dei combustibili fossili. E produrrà conseguenze precise e ampiamente prevedibili.
    Lei non vede tanti inconvenienti in un mondo più caldo. Magari fosse così.
    Non è un problema di manghi invece che di mele. A Ottawa o a Berlino ci saranno anche dei vantaggi, ma altrove no di sicuro. Non nell’Artico, non ai tropici, non nel Mediterraneo. A causa dell’espansione termica degli oceani e dello scioglimento dei ghiacci avremo le aree dei grandi delta allagate (delta del Gange, del Nilo, del Mississipi), le aree agricole che dovranno adattarsi, le aree naturali che cercheranno di adattarsi (ma ci riusciranno solo in parte). Lo sconvolgimento del ciclo idrologico comporterà poi un aumento dei fenomeni estremi (siccità, piogge intese, uragani). Devo continuare?
    Si è chiesto come mai le accademie delle scienze di tutti i paesi del G8 più quelle di Cina India e Brasile _ non gli ambientalisti, badi bene _ sono d’accordo sui cambiamenti climatici e confermano che esiste un rischio potenziale elevato? Hanno perso la testa o hanno visto giusto? Non nascondiamoci dietro un dito. Sta succedendo e noi ci siamo dentro. E sta a noi scegliere conspevolmente il da farsi. Se pensare a noi o ai nostri nipoti. Uomo avvisato…

  6. Luciano Serasini scrive:

    Egr. Sig. Ferruggia,

    Vede, posso condividere il suo punto di vista, ma ritengo che qualsiasi tentativo di frenare le emissioni di CO2 sia un fallimento. Anche perchè sono in atto eruzioni vulcaniche e incendi massivi…perchè nessuno avra intenzione di rinunciare ai combustibili fossili, anche perchè non vi sono alternative. I calcoli efettuati sui biocombustibili non ne danno un quantitativo sufficiente neanche in percentuale, vento, idroelettrico, fotovoltaico sono percentuali ridicole anche a pieno regime… E i paesi in via di sviluppo non vorranno certo rinunciare ad uno sviluppo ora cosi a portata di mano. Già si parla di un inganno dovuto al maggior costo degli alimenti a causa di superfici dedicate ai biocarburanti…Non vi è una strada di uscita a meno di mettere mano intensiva al nucleare e utilizzare tale energia per sintetizzare carburanti per autotrazione rinnovabili, forse è l’unica soluzione molto al di la da venire. Intanto dovremo adattarci alla variazione climatica come ho già detto, penso che chi userà l’intelligenza potrà sicuramente sopravvivere, gli altri sicuramente soccomberanno.
    Le faccio solo un piccolo esempio: a Cuba quando passa sull’isola un ciclone, non c’è un morto. Ad haiti o in altre isole caraibiche i morti sono a iosa… Ho vissuto a Cuba 3 anni e un anno in altri paesi caraibici, la differenza è che a Cuba, forse per causa della dittatura che colà impera, un ordine della loro protezione civile si esegue alla lettera e punto. in altri paesi a parte la poca efficienza, ognuno fa ciò che crede… poi si contano i morti… Se ci dobbiamo e dovremo adeguarci all’ineluttabile, bhè, facciamolo da persone intelligenti, cosa che però non ho sentito da alcuna parte, ovvero non ho sentito di previsioni consecuenziali e studi di comportamenti e adozioni di provvedimenti per evitare eventi catastrofici dovuti a maggiori piogge o secchie, eventi meteorologici intensi etc. eppure i mezzi tecnologici li abbiamo, resta da sapere come utilizzarli, non al momento a prima, molto prima. Le faccio un solo piccolo esempio: sa di alcun provvedimento che liberalizzi e incentivi la possibilità da parte di un agricoltore di crearsi un proprio laghetto artificiale dove far confluire gli eccessi di acqua piovana per riutilizzarli in periodi di magra? Era solo uno dei tantissimi provvedimenti che si possono attuare. Ma lei pensa che ciò si farà a tempo debito o quando sarà troppo tardi? Cordialità.

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