NAIROBI. L’IPCC AVVERTE L’ITALIA. E A PRODI TOCCA SCEGLIERE

dall’inviato ALESSANDRO FARRUGGIA

NAIROBI 18 novembre - ANNO QUATTORDICESIMO DALLA NASCITA DELLA CONVENZIONE SUL CLIMA

Sara’interessante vedere cosa rispondera’ Romano prodi quando nei prossimi giorni - come ha promesso di fare - il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio presentera’ al presidente del consiglio la richiesta di seguire l’esempio della Francia (che ha gia’ approvato una legge per tagliare del 75% al 2050 le emisisoni di gas serra), della Gran Bretagna (che ha annunciato che intende approvare una legge per il taglio del 60% al 2050) o la Germania (taglio del 40% al 2020). Sara’ interessante non solo perche’ Prodi deve pur onorare un impegno in tal senso preso con Blair, Chirac e la Merkel, ma anche perche’ il quarto rapporto dell’ IPCC (il prestigioso panel di 1250 scienziati che lavorano per conto delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico) non fa sconti al nostro paese. I rapporti dei tre gruppi di lavoro saranno noti il prissimo anno, il primo il 2 febbraio, ma sin da oggi circolano indiscrezioni, che sono stato uno degli argomenti del dibattito nei corridoi della conferenza sul clima di Nairobi.
Il nostro paese, come indica uno studio del Cnr, si e’ gia’ riscaldato di 1,4 gradi negli ultimi 50 anni. L’IPCC ci dice che questo e’ grossomodo poco piu del doppio di quanto _ 0,65 gradi _ si e’ riscaldato il pianeta negli ultimi 100 anni. ha fatto molto piu caldo delle medie, quindi, e molto cado fara’ negli anni prossimi venturi. Nel 2100 la temperatura del Sud Europa, spiega l’IPCC,crescrera’ in dicembre, gennaio e febbraio tra 2 e 4,5 gradi, mentre in giugno luglio ed agosto salira’ tra 3 e 7 gradi. Questo determinera’ uno spostamento delle fasce climatiche da Sud verso nord di 150 chilometri ogni grado. Questo avra’ una serie di conseguenze sul ciclo idrologico, sulle coste, sulla biodiversita. Impatti profondi, in parte irreversibili. E quindi sara’ interessante vedere cosa rispondera’ Romani Prodi a Pecoraro Scanio: se cioe’ scegliera’ il coraggio o mettera’ la testa sotto la sabbia. Si accettano scommesse….

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5 Commenti a “NAIROBI. L’IPCC AVVERTE L’ITALIA. E A PRODI TOCCA SCEGLIERE”

  1. federico Pecci scrive:

    Forse invece che possiamo aspettare che Prodi faccia qualcosa per noi, sarebbe meglio se le iniziative partissero dalle Regioni e Comuni che conoscono meglio la loro situazione e sanno meglio quale misure possono essere più efficaci per ridurre le emissioni dei gas serra che spesso comportano a livello locale anche tanti altri vantaggi per la popolazione e l’ambiente come ad esempio nuovi piani per il traffico, limiti di emissioni per l’industria, l’utilizzo di energia solare o semplicemente il risparmio energetico.

    saluti
    Federico

  2. Sergio Mannucci scrive:

    ROTTAMAZIONE

    Ci risiamo! Torna in ballo la rottamazione con la scusa dell’inquinamento:
    “L’emendamento preso in esame dal Centro Studi Promotor - ha detto Quagliano - prevede, per coloro che acquistano una vettura nuova e ne rottamano una Euro 1 o Euro 0, un bonus di 800 euro……
    Una vera manna che fa prevedere un aumento di circa 300mila vetture nuove e un incremento per l’erario di 556 milioni di euro: questo è il vero scopo della rottamazione che va a colpire essenzialmente i ceti meno abbienti che non possono aggiornarsi continuamente con le automobili.

    Ma andiamo ad analizzare cosa significa immettere sul mercato circa 300mila vetture nuove in più del ricambio fisiologico:

    Ammettendo, in prima approssimazione, che l’inquinamento sia proporzionale al consumo energetico, per ogni vettura di media cilindrata, occorrono, per la sua costruzione circa 35000 kWh di energia primaria prodotta per l’80% col petrolio; tradotto in percorso kilometrico della stessa vettura corrisponde a circa 45mila Kilometri: praticamente mettiamo sul mercato una macchina che ha gia inquinato all’atto della sua costruzione come se avesse percorso 45mila Km; questo significa che la vecchia macchina da rottamare con consumi maggiori del 5% rispetto alla nuova per raggiungere quell’inquinamento dovrebbe ancora percorre oltre circa un milione di km. Cosa impossibile. Dal punto di vista globale la rottamazione procura un inquinamento aggiuntivo del quale non ce ne rendiamo conto.

    Facendo un riscontro con gli incentivi adottati alla fine del dicembre 1996, nel 1997 risultò un maggior gettito per l’Erario di 1.400 miliardi di lire e, secondo la stima della Banca d’Italia, una crescita del Pil dello 0,5% (fonte: Il Sole 24 ore del 5/12/2006).

    Avanti popolo alla rottamazione! L’erario e l’industria sono già in attesa e Tokyo ed i suoi dettati restano segregati in Giappone!
    Firenze: 5/12/2006 Ing. Sergio Mannucci
    ————————————————————————————–

    RISPARMIO ENERGETICO?

    In Italia nel 2003 erano circolanti:

    33.310.446 Automobili
    92.701 Autobus
    3.450.903 Autocarri

    Secondo la nuova normativa del codice della strada ciascuna vettura deve viaggiare al di fuori dei centri abitati con le luci accese con una media di circa 80 W per vettura.
    Facendo i calcoli per un milione di vetture in circolazione ogni ora si avrebbe una energia spesa di:
    80 x 1.000.000 = 80.000.000 Wh = 80.000 Kwh
    80.000 x 860 = 68.800.000 Kcal/h
    68.800.000 / 8.000 = 8.600 Kg/h di petrolio teorico

    Tenendo conto dei rendimenti del sistema stimati al 30% per il motore e al 75% per la trasformazione in energia elettrica, si ha un rendimento globale del 22.5% per cui il consumo di energia primaria effettivo risulta:
    8.600 / 0.225 = 38.222 Kg/h effettivi di petrolio
    Tenendo conto dei processi di lavorazione si può risalire al grezzo con un rendimento di circa l’80% fra combustibili leggeri e pesanti:
    38.222 / 0.8 = 47.778 Kg/h di grezzo = circa 60.000 litri
    Da cui:
    60.000 / 159 = 377 barili di grezzo

    Veniamo ora ai costi: ammesso il costo di un barile a 50 dollari, si ha:
    377 x 50 = 18.850 dollari ogni ora per 1 milione di veicoli
    Supponendo in circolazione 1/5 del parco macchine, circa 3.500.000 ogni ora, risulta:

    18.850 /1.000.000 x 3.500.000 = 65.975 dollari ogni ora.

    Per 10 ore giornaliere:

    65.975 x 10 = 659.750 dollari.

    Questo è, per grandi linee, dollaro più o dollaro meno, il costo medio per la sola accensione delle luci; secondo i casi il costo giornaliero può oscillare fra 500.000 dollari ed l milione di dollari.
    Non sarà il caso di rivedere i conti e la normativa?

    Firenze: 8-6-2005 Ing. Sergio Mannucci

    Non sarebbe pure il caso di chiedersi: “Ma chi gli ha dato la patente!”
    Oppure fanno i finti tonti per mettersi alla pari dei veri tonti che le bevono tutte?
    Firenze: 10-12-2006 Ing. Sergio Mannucci

  3. Alfonso Mancini scrive:

    Il tempo passa e Prodi non sceglie. Cioe’ sceglie di non scegliere. Cioe’ sceglie contro Kyoto. Evidentemente non basta la buona volonta’ di Pecoraro Scanio e pochi altri, servono i numeri per contare nella coalizione. E i numeri sono quelli che sono. I verdi contano quello che contano e cos¡ gli ambientalisti della Margherita, dei Ds, di Prc e Pdci. E la coalizione di centrosinistra, nonostante le tante buone parole, mette l’ambiente non ai primi posti della agenda di governo. Di quanto fatto dal centrodestra si e´visto. La politica italiana mette l´ambiente agli ultimi posti. Sempre. Le priorita’ sono altre, l’ambiente viene dopo. Triste. Scommessa persa…

  4. Sergio Mannucci scrive:

    1.99 - IL SASSOLINO ED IL CAMION
    Ora, in estate, tutte le mattine presto, per approfittare della nuova aria che si è rinnovata durante la notte, mi reco al solito bar per il rito della colazione, per l’acquisto del giornale che leggo in santa pace in una panchina del giardino per informarmi di quello che bolle in pentola: grosso modo già lo so dal telegiornale, ma vederlo stampato con possibilità di rifletterci su mi da più pienezza della notizia dalla quale mi devo guardare o ne devo approfittare.
    Stamani entrato nel bar ho incontrato il mio amico Giulio da tempo svanito nel nulla; è stato un reciproco piacere incontrarsi incolpandoci vicendevolmente di esserci trascurati.
    Siamo usciti nel giardino pubblico e, seduti su di una panchina, abbiamo passato in rassegna gli ultimi avvenimenti di famiglia e personali; soprattutto questi ultimi ne hanno fatto le spese: l’elencazione dei vari disturbi connessi con l’età; il carovita che per noi pensionati diviene sempre più pesante:
    “Pensa – mi dice – ieri ho chiamato l’idraulico per rimettere una guarnizione ad un rubinetto e mi ha lasciato un conto di 60 euro: per rimettere un pezzettino di gomma che ha richiesto cinque minuti!”
    E si facendo mi presenta un foglio in cui è descritto il lavoro svolto:

    Lavoro fuori sede: ore 1.5 € 32.90*1.5 = € 49.35
    Sostituzione guarnizione: € 0.65
    Totale: € 50
    IVA 20% € 10
    Totale: € 60

    Non potevo non rimanere scosso da una cifra così enorme anche se per la mia professione passata erano cose di tutti i giorni: visti dalla parte dell’imprenditore sono fatti normali; divengono eccezionali se visti dall’altra parte come vengo a trovarmi ora.

    Questo fatto mi ha dato molto da pensare; ho pensato: è come trasportare un sassolino di 30 grammi utilizzando un camion da 30 quintali!

    Si capisce allora come nasca il lavoro nero di persone tuttofare che per un terzo di quella cifra ti fa lo stesso lavoro o di artigiani che poi non rilasciano fattura eliminando tutti gli aggravi sulle imprese.

    Questa ormai è una prassi corrente e nel programma economico del nuovo governo si parla con insistenza alla lotta alla evasione fiscale, che sembra abbia una forte valenza negativa per i finanziamenti statali.
    Questo fatto mi ha dato molto da pensare, e siccome ho molto tempo da dedicare al pensiero, ho passato in rassegna, secondo le mie esperienze del passato, al problema delle evasioni fiscali.
    Mi sembra che di evasioni fiscali ce ne sono di due tipi: uno grave dei grandi evasori che sfruttano ogni zona d’ombra della legislazione per sfuggire agli accertamenti; l’altra più minuta e diffusa del lavoro nero che abbiamo intravista.
    La prima è senz’altro da combattere sia con mezzi legislativi che restrittivi nella libertà d’azione; l’altra, essendo più diffusa e capillare dato che riguarda in genere lavori di piccola manutenzione domestica, sarebbe opportuno farla emergere con una opportuna legislazione che riconoscesse una categoria di lavoratori autonomi unicamente dedicata alla manutenzione di impianti domestici o di apparecchi e macchine usate, sia a domicilio che in apposito locale attrezzato: creare, ad esempio, una categoria di lavoratori autonomi non vessati da tasse (visto che tanto ora non le pagano), Iva , ecc. non solo per non aggravare il mercato delle riparazioni ma soprattutto per non obbligarla a tenere una contabilità dato che anch’essa ha un costo; dovrebbe essere assoggettata solamente ad una quota annua come tassa di concessione del brevetto di riparatore; secondariamente dovrebbe essere iscritta in un apposito registro della Camera di Commercio previa presentazione di un tariffario delle prestazioni che può operare, tariffario che poi risulta anche ricevuta e garanzia per il cliente.
    Il Legislatore poi dovrebbe mettere a punto il suo inserimento nella società con i limiti e le garanzie per l’utenza come, per esempio:

    - garanzia della professionalità: al tariffario dovrebbe essere allegata certificazione di scuola tecnica, oppure praticantato di ditta qualificata o di altro riparatore presso il quale ha fatto tirocinio.
    - non avere dipendenti, ma solo apprendisti per non più di due anni ai quali riconoscerà una ricompensa oraria sul lavoro svolto ed un buon servito alla fine per poter diventare a loro volta autonomi.

    In questa categoria rientra il maggior numero del lavoro nero pertanto l’erario non perderebbe granché ed i privati potrebbero trovare grossi vantaggi economici nei piccoli interventi di riparazione e manutenzione.

    Anche la Guardia di Finanza non dovrebbe più sperdersi in controlli di mini ditte per dedicarsi alle grandi ditte che sono poi quelle che la maggiore influenza nell’economia nazionale.

    Quanto prospettato non mi sembra di difficile realizzazione: basta che la burocrazia non ci metta lo zampino; certamente le cose cambierebbero perché, ritornando al rubinetto, il costo della riparazione costa più del rubinetto stesso tanto è vero che viene cambiato: eccoci al sassolino ed al camion.
    La sostituzione è uno spreco di materiale e di energia per produrlo che ha un forte impatto sull’economia della nazione dato che materiale ed energia rappresentano un alto costo dovendoli acquistare all’estero.
    Come rovescio della medaglia si ridurrebbe la produzione di rubinetti mettendo in crisi le industrie che li producono; ma cosa producono? Producono oggetti destinati alla distruzione prematura!
    Quello che succede per i rubinetti succede in ogni altro prodotto per cui praticamente si alimenta un’industria che consuma materie prime ed energia per produrre oggetti monouso che vanno ad alimentare quelle montagne di rifiuti altamente inquinanti e di difficile smaltimento che ogni giorno di più affossano questo paese.
    Utopia? Probabile! Il fatto è che molte industrie hanno adottato il sistema di costruire apparecchi non riparabili o non riutilizzabili contribuendo allo spreco ed alla montagna di rifiuti che ci assediano (un esempio? Le macchine fotografiche usa e getta. Menomale che stanno diffondendosi le digitali.)

    Firenze: 5 -07-2006 Sermann

  5. valeria scrive:

    Sarebbe ora che dessero un po’ di ossigeno….
    Ma tanto domani non ci saremo più no? Meglio lasciare la patata bollente ai nostri figli.

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