Basta con i mega manager strapagati dallo Stato per produrre solo perdite

DI PIETRO ha messo gli attributi sul tavolo. Almeno per ora, perché si sa che i nostri governanti annunciano sfracelli e poi hanno timore anche di somministrare un salutare buffetto. Per il momento, è da politico responsabile la decisione di bloccare alle Ferrovie dello Stato un finanziamento di oltre un miliardo di euro. La motivazione è più che valida: non si possono continuare a trasferire fondi pubblici e poi non sapere che fine fanno. Più che ovvio. Questa vicenda però pone più in generale il tema delle verifiche dei risultati dei manager dello Stato. Infatti, proprio a proposito delle Ferrovie, non è possibile pagare compensi stratosferici a manager che alla resa dei conti accumulano soltanto perdite. E’ di tutta evidenza che i vertici aziendali pubblici, da quelli ministeriali a quelli regionali, vengano spesso individuati con criteri assai distanti dalla competenza e rispondano ai politici che li hanno indicati. Il caso più esemplare è quello delle aziende sanitarie, che negli ultimi anni hanno macinato prevalentemente perdite, ingrossando il già colossale debito pubblico senza alcun sostanziale miglioramento dei servizi sanitari. E a fronte di questo sfascio, non sono in tantissimi quelli che hanno pagato. I più sono stati abbondantemente premiati. Se questo è lo scenario, bisogna domandarsi perché questo avvenga. Non ci vuole la sibilla cumana per capire che è la chiara dimostrazione che le aziende pubbliche vengono amministrate indirettamente dai politici per alimentare il circuito del consenso personale e anche affaristico. E nell’assenza di regole e comportamenti definiti, si continuano a distruggere risorse pubbliche. Uno dei compiti principali di cui dovrebbe occuparsi al più presto il Parlamento non è, dal mio punto di vista, la legge elettorale, bensì quello di delineare regole che consentano di mandare a casa i manager incapaci, con l’obbligo di rifondere i danni. Ai poteri occorre collegare le responsabilità e non solo gli emolumenti. Emolumenti che sono in ogni caso eccessivi, se si pensa che l’indennità del Presidente degli Stati Uniti d’America è di 400mila dollari, una cifra pari a circa 270mila euro, poco meno di quanto percepisce il più sconosciuto manager di azienda sanitaria italiana. Tanto per dare l’idea in che Paese viviamo.

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4 Commenti a “Basta con i mega manager strapagati dallo Stato per produrre solo perdite”

  1. Francesco Iagher scrive:

    Caro Mario,
    questa volta ho un leggero dissenso, ma molto velato! E’ ben vero che il ministro Di Pietro ha fatto la voce grossa, plubbicizzandola sul suo blog e con varie “esternazioni” giornalistiche, ma “una rondine non fa primavera”. Restano tutte le altre perdite economiche, in primis i costi della “casta”! Il nostro debito pubblico è un mostro vorace ed insaziabile, non per i costi sociali, ma per l‘apparato ed i suoi parassiti, strapagati per non far nulla o peggio creare danni. Meritocrazia? Se ci fosse dovrebbero fare le valigie tutti! Oggi più che mai siamo all’insegna del clientelismo, nepotismo e quant’altro. Come hanno una poltrona, il loro primario scopo è quello di sistemare la famiglia sino alla settima generazione, e di esempi ne abbiamo a iosa. Il povero “pantalone” deve suo malgrado subire e sopportare tutto, sperando nelle riforme, ma suol dirsi che “quando ci sono troppi galli nel pollaio non fa mai giorno”. Ma più che galli mi sembrano tanti avvolto!
    Con immutata stima
    Francesco Iagher

  2. Pierluigi Poggi scrive:

    Mandar via i manager incapaci è, purtroppo, una speranza vana.
    Per farlo occorrerebbe che gli Enti statali non fossero inquinati dalla Politica e cioè fossero una organizzati come una impresa privata.
    Ma finchè i posti verranno assegnati ai tesserati e non ai meritevoli, se cacciano ( chiedo scusa, se spostano ) un manager da un incarico si può esser certi che lo si mette a far danni da qualche altra parte, magari anche con uno stipendio maggiorato. Ormai siamo a questo punto di degrado e non credo si possa e si voglia fare marcia indietro.

  3. Antonio Del Prete scrive:

    Condivido “in toto” quanto sostiene. La questione, al di là della mediocrità (per non dire altro) delle persone che occupano posizioni importanti nella pubblica amministrazione, è sociale e culturale. In Italia, infatti, non è assolutamente presente la concezione di “res publica”. La politica stessa, lungi da occuparsi del bene comune, costituisce solo la strada più corta per soddisfare interessi personali di varia natura. Non è una forzatura sostenere che la tanto sbandierata ed osannata fine delle ideologie ha determinato il venir meno di quel poco (o molto: non voglio dare giudizi) di idealità e moralità che appartenevano alla politica. Oggi, purtroppo, quasi neanche più i giovani si battono per il BENE COMUNE.

    Antonio Del Prete
    Responsabile Provinciale Gioventù Italiana Bologna
    http://blog.libero.it/Antonius

  4. Filippo Guastini scrive:

    Vogliamo riflettere sul fatto che, ancora una volta, la più assoluta normalità diventa eccezionalità o dobbiamo aspettare che “qualcuno” (cortigiani di vari ranghi) continui a declinare le proprie responsabilità allargando le braccia e intascando comunque, senza responsabilità alcuna, tanti dei nostri denari? Giusta l’eventuale “iperetribuzione” dei manager di Stato ma che almeno sia vincolata a due cose, a parer mio, ovvie: la prima al risultato conseguito e la seconda al pagamento di polizze assicurative che rifondano i danni causati . Vuoi vedere che se qualcuno (le compagnie assicurative) avesse la possibilità di vigilare sull’operato dei contraenti (con opportune regole) le cose, forse, andrebbero meglio? (Fermo restando il principio della punibilità in caso di estremi penalmente rilevanti)

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