L’ultima scommessa di Musharraf

Il Pakistan è la nuova prima linea della guerra al terrorismo. Dopo aver tergiversato a lungo il presidente Pervez Musharraf ha passato il Rubicone quando ha deciso, in luglio, l’assalto alla “moschea rossa” di Islamabad. Ora i suoi soldati e i paramilitari dei Corpi di Frontiera hanno messo nel mirino il Maulana Qazi Fazlullah nella provincia di Swat, un talebano autoctono noto al pubblico con il nomignolo di Mullah Radio. Lo Swat appartiene alle aree tribali autonome della Regione della Frontiera Nordovest e confina con l’Afganistan. La popolazione è di etnia pashtun, come la stragrande maggioranza degli afgani che vivono sull’altro lato del confine e in genere nella parte centro meridionale del Paese. La notorietà di Fazlullah è legata alla presa della Moschea Rossa. Dai microfoni di un’emittente clandestina chiamò a raccolta i “fratelli”alla Jihad, la guerra santa, per vendicare la morte del capo spirituale della moschea, lo sceicco Ghazi, e dei suoi proseliti. La voce popolare racconta che si aggiri in sella a un cavallo bianco per perorare la sua causa e per raccogliere offerte.
Da quando Fazlullah ha deciso di darsi uno spessore pubblico e dal crollo del cessate il fuoco fra l’esercito e le milizie radicali del Waziristan sono morte ottocento persone. Il patto di non aggressione era stato silenziosamente raggiunto il 5 settembre 2006 a Mir Alì, teatro di una sanguinosa battaglia fra i militari pachistani e i ribelli. Avrebbe dovuto impegnare i talebani di Baitullah Mehsud e del mullah Dadullah (mente del sequestro di Daniele Mastrogiacomo e ucciso dopo il rilascio del giornalista di Repubblica), il leader oltranzista uzbeko Tahir Yuldashev, e perfino frange di Al Qaida che nel Waziristan avrebbe ben 29 campi di addestramento. Duemilacinquecento estremisti uscirono dalle carceri del generale-presidente.
Da allora, calcola la agenzia di stampa Reuters, gli attentati suicidi sono stati 23, compresa la carneficina che ha “salutato” il rientro in patria di Benazir Bhutto uccidendo 139 persone. Un uomo – bomba ne ha falciate altre sette a meno di mezzo chilometro dall’alloggio militare di Musharraf a Rawalpindi. Durante la scorsa settimana un kamikaze si è lanciato contro un convoglio dell’esercito e ha ucciso 21 soldati. I miliziani della banda di Fazlullah, che si è ribattezzata “Tehrik ue Nifaz ue Sahariat ue Mohammadi”, hanno catturato e giustiziato tredici militari. Sei, tutti agenti dei servizi segreti, sono stati decapitati.
C’è questa lunga scia di sangue dietro l’ultima, disperata, mossa del generale. La proclamazione dello stato di emergenza, la sospensione della Costituzione, l’oscuramento di tutti i canali televisivi indipendenti, l’etere occupato solo dall’emittente di stato. E’ il secondo golpe in otto anni. Musharraf si sentiva accerchiato. Da una parte i talebani arrembanti. Dall’altra una società civile, giudici, avvocati, giornalisti, borghesia urbana, insofferente del presidente in divisa. L’uomo - simbolo di questa dissidenza, il presidente della Corte Suprema Iftikhar Muhammad Chaudry, stava per dire un no secco al terzo mandato di Musharraf, probabilmente il 12 novembre, due giorni prima la data limite entro la quale il capo dello stato avrebbe dovuto spogliarsi della divisa di numero uno dello stato maggiore per poter partecipare alle elezioni parlamentari fissate per il prossimo gennaio.
Il presidente, scampato a diversi attentati di Al Qaida, era stato confermato in ottobre al vertice dello stato da un’assemblea composta da parlamentari nazionali e da consiglieri provinciali. La Corte Suprema avrebbe dovuto sancire la legittimità della nomina.
Secondo i nemici di Musharraf la presidenza è incompatibile con la carica di stato maggiore. Chaudry era dello stesso avviso. Per questa ragione era stato licenziato il 7 marzo. Il siluramento surriscaldò le piazze delle maggiori città pakistane. Negli scontri con l’esercito e con la polizia morirono quaranta persone. Il 5 maggio un viaggio del trombato più popolare del Paese da Islamabad a Lahore, durò 25 ore invece delle canoniche 5. Ali festanti di popolo rallentarono la marcia dell’auto di Chaudry. Il 20 luglio Musharraf è stato costretto a reintegrarlo. Ora il generale - presidente ha tentato l’ultimo azzardo. Musharraf ha rotto i ponti anche con la sua potenziale alleata Benazir Bhutto. Da Dubai la leader del Partito del Popolo Pakistano ha sparato a zero: “E’ un trucco per rinviare le elezioni. E’ il giorno più nero nella storia del Pakistan”.

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