La sfida coraggiosa di Benazir

Di Lorenzo Bianchi
Quel suo velo bianco appoggiato con noncuranza sulla nuvola di capelli corvini è un confine invalicabile. Segna lo spazio massimo che Benazir Bhutto concede agli invasati mullah integralisti, ai fabbricanti di uomini bomba, ai talebani incistati nella vasta area pashtun a cavallo fra il Pakistan e l’Afghanistan. Il colore vermiglio dei suoi rossetti li provoca. Loro lo sanno e l’hanno accolta con un kamikaze e almeno 130 morti. La lacerazione di un Paese cruciale per la lotta al terrorismo è tracciata con il sangue.
Benazir incarna la speranza di un islam modernizzante che può essere coniugato con la democrazia e che non relega le donne fra le mura di casa. Per questa ragione la sua battaglia ha un peso che supera i confini del Paese. L’ex premier pachistana ha giurato sulle salme delle cinquanta guardie del corpo cadute per difenderla che la combatterà fino in fondo. Il suo coraggio oscura i discutibili trascorsi, la doppia accusa di corruzione. Il nostro futuro dipende più di quanto pensiamo dai consensi che questa pasionaria borghese riuscirà a coagulare nelle elezioni parlamentari di gennaio.

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