Olimpiadi: i nostri Robin Hood
ci regalano un argento

 
11 Agosto 2008 Articolo di Ubaldo Scanagatta
Author mug

Una rimonta entusiasmante sulla fortissima compagine coreana, poi l’ultima freccia scagliata con il cuore a 1000 purtroppo un 7, un 10 forse …. ci avrebbe regalato un’altra medaglia d’oro

PECHINO _ Frecce d’argento. Nell’ultimo anno avevano tirato più di 60.000 frecce ciascuno, più di 1500 alla settimana, i nostri tre arcieri. Né più né meno, forse, dei loro avversari di 50 Paesi. Ma quasi sempre nel silenzio assordante dei campi di gara poco frequentati della nostra penisola, dove i quindicimila Robin Hood di provincia sono bruscolini rispetto a 6 milioni di arcieri praticanti sparsi nel mondo. Alle centinaia di migliaia nella sola Corea, che da anni spadroneggia nella specialità: tre ori su quattro alle ultime Olimpiadi e il quarto fu del nostro Galiazzo.
Ed è stato forse proprio il tifo fracassone, calcistico di 2.000 coreani in trasferta (!) a sostegno degli idoli di casa a turbare il giovanottino della squadra azzurra, Mauro Nespoli, 21 anni (di Voghera), rivelazione della semifinale con l’Ucraina quando dai 70 metri aveva centrato in pieno gli ultimi due bersagli, cogliendo così 10 punti grazie alla freccia inficcata a 215 km l’ora in quel mini-cerchietto di 12 centimetri di circonferenza. Roba che uno con un paio d’occhi normali e non esercitati…non la vede nemmeno con il cannocchiale. Quella straordinaria prova di freddezza e di carattere per l’esordiente piazzatosi soltanto 44mo nelle qualifiche, insieme alla straordinaria regolarità di Marco Galiazzo (25 anni, Padova, aviere come Nespoli) e alla consumata esperienza di Ilario Di Buò (43 anni, Trieste) alla sua sesta olimpiade, aveva consentito alla squadra azzurra di assicurarsi la finale. Una medaglia sicura. La n.500 della storia olimpica azzurra da Atene 1896 a oggi. Ricorrenza che ha spinto perfino il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a felicitarsi con il presidente del Coni Gianni Petrucci.
Quattromila tifosi ad una gara di tiro con l’arco (1950 cinesi e 50 italiani). “A quel tifo, a quel frastuono, ai flash delle macchine fotografiche, noi non eravamo preparati _ diceva anche Galiazzo che non ha nulla da rimproverarsi _ Ai loro centri seguivano urla e incitamenti che li aiutavano a caricarsi sempre di più, per i nostri c’erano gli applausi degli amici”.
Poco dopo Lee Chang–Hwan, con il nostro Galiazzo il migliore dei 6 finalisti (77 punti negli otto tiri: cinque 10 e tre 9 ciascuno, veri fenomeni) avrebbe rivelato il segreto della vittoria: “Abbiamo organizzato sessioni di allenamento con 3.000 spettatori, proprio per abituarci alla confusione…”.
Valli a trovare, da noi, 3.000 spettatori per un allenamento di tiro con l’arco. Così l’emozione ha giocato un brutto scherzo a Nespoli (“Non ci dormirò la notte, i nervi…”). Ha esordito la serie degli 8 tiri della finale con un 7. L’ha conclusa con un altro 7 dopo che gli azzurri avevano rimontato sei punti con una straordinaria serie di cinque 10 e un 9 nella penultima fase della finale _ sesta e settima volee _ raggiungendo i coreani (199 a 199) proprio prima degli ultimi tre tiri. La chiusura spetta ai coreani e non è un vantaggio. Dopo il 9 di Galiazzo e il 10 di Di Buò, tocca a Nespoli prima degli ultimi tre tiri coreani. “Il primo 7 era stato frutto di emozione, mi era scappato il dito, l’ultimo invece è venuto da un eccesso di entusiasmo. Puntavo a un 10, per mettere pressione ai coreani. L’avessi centrato sarebbe stato quasi certamente oro, invece ho combinato un disastro”. Ma un argento, ottenuto con un tal crescendo di prestazioni, non potrà mai essere considerato un disastro.

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1 Commento a “Olimpiadi: i nostri Robin Hood
ci regalano un argento”

  1. Pete Agassi scrive:

    Speriamo che Galiazzo possa ripetere l’oro di Atene.

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