Sharapova in tutte le salse e le cover
Senza tornei è tempo di gossip e scoop
Dokic e Hingis: chi ha seni troppi grossi e chi anelli con tanti diamanti

 
29 Dicembre 2006 Articolo di Ubaldo Scanagatta
Author mug

Leggetevi l’importante segnalazione sul Nuova Dizionario Enciclopedico del Tennis a fine articolo

Non si gioca a tennis sotto l’albero di Natale, anche se i circuiti Atp e Wta ripartono già per San Silvestro con le prime tappe (Doha, Chennai, Adelaide, Auckland, Gold Coast, più la Hopman Cup a Perth). Così in questi giorni è stato tutto un fiorir di gossip veri e presunti, oltre che di premi (in realtà “promo”…) inventati dai re del marketing di vari magazines internazionali.
Fra i primi segnalo la notizia del giornale serbo Kurir secondo cui, sotto un titolo tradotto senza perifrasi dai tabloid inglesi (“New boobs…Nuove poppe per Jelena”) ci sarebbe l’intenzione della Dokic, 23 anni ex n.4 del mondo precipitata fuori dalle top 500, di farsi operare per ridurre drasticamente le misure dei seni troppo ingombranti…per essere più leggera in corsa. Seguono commenti del tipo “ma allora Serena Williams che dovrebbe fare?” Sempre fra i primi si registra la soddisfazione dell’ex n.1 Wta Martina Hingis per l’anello di fidanzamento (e diamanti connessi) regalatole dal boyfriend Radek Stepanek. Il tennista ceco, 28 anni e n.19 Atp, avrebbe intenzioni più serie dei precedenti amori “sportivi” di Martina (i tennisti Julian Alonso, Heuberger, Norman e Gimelstob, l’hockeista russo Bure, il golfista spagnolo Garcia, cito a memoria).
Fra le astute “promo” Sport Illustrated premia _ in copertina _ l’atleta più bella in Maria Sharapova, davanti alla pallavolista americana Gabrielle Reece e alla solita Kournikova (che non gioca da un paio d’anni…ma chissenefrega?) e inserisce fra le top-ten anche un’altra tennista russa, Anastasia Myskina che _ non può essere questione di gusti, suvvia _ ad Elena Dementieva non lega manco le scarpe. Solo più bella? No, per la Gazzetta la Sharapova è la più sexy. Così ieri quella di Maria è stata la foto più cliccata sul web. Vogue aveva votato la stessa Sharapova come l’atleta più elegante. Paris Match ha replicato con una cover della Manaudou, la bella Laure fidanzata al nostro Luca Marin spesso immortalata mentre se lo sbaciucchia. Insomma pare proprio che gli sportivi a digiuno di risultati ed eventi non riescano a consolarsi se non improvvisandosi voyeur di foto di sport-atlete. In testa ai beauty-contest la golfista Sophie Sandolo, la tennista Flavia Pennetta, la nuotatrice Federica Pellegrini, le pattinatrici Tania Romano e Carolina Kostner, la pallavolista Francesca Piccinini, la schermitrice Margherita Granbassi, la sprinter Vincenza Calì (ex di Buffon).
Personalmente non vedo l’ora che ricominci il tennis giocato. Così tutti questi servizi impostati su gossip, false notizie, e “promo” lasceranno il loro posto a cose più serie. Perchè se è vero che nel corso di una telecronaca di 4 ore e passa anche qualche gossip ci sta bene, per alleggerire _ tant’è che furono Rino Tommasi e Gianni Clerici a crearmi il “personaggio” del “gossipparo” e, scherzando, mi presentavano come l’Elsa Maxwell del tennis…al punto che fui quasi costretto a documentarmi sempre di più anche sulla stampa scandalistica sebbene nei miei articoli invece non ve ne fosse traccia _ è anche vero che per chi scrive di tennis è quasi umilinate accorgersi che quando proponi un pezzo sulla Sharapova ti viene subito pubblicato o quantomeno ti si presta attenzione…mentre invece se io propongo un pezzo sulla crisi del tennis australiano (assai più serio: hanno un solo giocatore fra i primi cento e due sole giocatrici fra le prime cento) ti accorgi che non vale un menisco lesionato di un difensore di serie b, figurarsi un’imitazione di Cassano a Capello.
Una notizia di servizio, qui:
Il cd con “Il Dizionario Enciclopedico del Tennis”, lettere A-G, su cui tanto hanno lavorato Daniele Azzolini Stefano Semeraro, e molti altri) è in uscita con l’ultimo numero del 2006 di Matchpoint. Sarà in edicola sabato (su Roma, Milano) e nei giorni seguenti nel resto d’Italia: solo rivista, oppure rivista più cd (a 8,90 euro). Ai lettori la scelta. Ma quanti fossero intenzionati ad avere rivista e cd assieme, il consiglio è quello di prenotarli in edicola.
Intanto regalo ai lettori di questo Blog _ per intercessione di Matchpoint _ alcune pagine del lavoro. Raccontano la storia di un uomo fortunato. Ed è un modo per mostrare come è stato realizzato il Dizionario. E magari anche un augurio per il 2007…

Behr KarlAnagrafe: Brooklyn, New York (Stati Uniti), 30 maggio 1885;
Y´ New York (Stati Uniti), 15 ottobre del 1949

Risultati principali
Grand Slam singolare: 1906 finale All Comers Us National Championships;
1912 semifinale Us National Championships
Grand Slam doppio: 1907 finale Wimbledon

Biografia Un uomo fortunato, diceva Karl Howell Behr di se stesso. E ne aveva ben donde: fu infatti uno dei sopravvissuti alla tragedia del Titanic (1912), salvato dalla motonave Carpathia insieme con la diciannovenne Helen Monypeny Newson, che poi divenne sua moglie.
Fu proprio per seguire Helen che Karl si era deciso a riporre la racchetta e imbarcarsi per l’Europa. Sarah Newson Beckwith, la madre di Helen, aveva organizzato il viaggio con l’intenzione di allontanare la figlia dalle troppo vivaci attenzioni di Karl. I due si erano conosciuti a casa dei Behr, Helen era infatti la più cara amica di una delle sorelle di Karl. L’amore era nato spontaneamente; Behr, già famoso nel mondo dello sport per aver giocato in Davis ed essere stato finalista in doppio a Wimbledon, aveva allora 26 anni. Ma pur non essendo la prima volta che sbarcava in Europa, quelle settimane non furono facili per Karl, costretto a mille sotterfugi pur di stare vicino ad Helen, e quando seppe che la data del ritorno in America era stata fissata, fu ben felice di prenotare anch’esso un biglietto sul Titanic, una nave già famosa prima di compiere il suo primo viaggio oceanico, e dotata anche di un campo di squash, dove Karl avrebbe potuto riprendere in mano l’amata racchetta. L’imbarco avvenne a Cherbourg, e Karl, come Helen, erano ovviamente passeggeri di prima classe.
Nel momento del disastro, Karl ed Helen si trovavano sul lato di tribordo presso il ponte delle imbarcazioni di salvataggio. Agli ordini del Terzo Ufficiale Herbert Pitman i due riuscirono a prendere posto sul canotto numero 5, che fu tra i primi ad essere avvistato dal Carpathia. Il ritorno a New York avvenne il 18 aprile. Karl fu accolto dalle sorelle e dal padre, che le angosce di quei giorni trascorsi in attesa di notizie avevano costretto su una sedie a rotelle. Poco meno di un anno dopo, il primo marzo del 1913, Karl ed Helen si sposarono nella Chiesa della Trasfigurazione a New York.
I giornali seguirono da vicino il matrimonio, molto ricamando sulla storia d’amore dei due ragazzi. Raccontarono, fra l’altro, che Karl avesse chiesto e ottenuto la mano di Helen su quel canotto di salvataggio numero 5. Di fatto, fu un matrimonio felice. La coppia ebbe tre figli ed una figlia, e Karl riprese presto la sua carriera di tennista, confermandosi tra i migliori giocatori americani.
Studente a Yale, Behr si era fatto conoscere vincendo il torneo US Intercollegiate in doppio nel 1904, per poi approdare alla squadra di Coppa Davis nel 1907, l’anno della sua unica finale in un torneo del Grand Slam, in doppio a Wimbledon, quando al fianco di Beals Coleman Wright fu battuto da Wilding e Brookes (64 64 62). Behr fu finalista agli Us Nationals Championships 1906 nel singolare All Comers, superato da Bill Clothier (62 64 62), e di nuovo semifinalista nel 1912, quindi raggiunse i quarti nel 1914, mentre a Wimbledon (sempre nel 1907) tenne sulla corda Brookes negli ottavi impegnandolo fino al quinto set (64 62 26 36 61).
Entrò nella Top Ten americana per sette volte tra il 1906 e il 1915: numero 3 nel 1907, lo fu nuovamente nel 1914 quando sconfisse Lindley Murray per 36 62 75 36 86 fino ad arrivare ai quarti di finale agli US Championships di Newport.
In Davis giocò un unico incontro, nel 1907 a Wimbledon, in semifinale contro la fortissima formazione dell’Australasia di Wilding e Brookes. Lì, Behr non ebbe troppa fortuna: fu battuto sia da Tony Wilding il primo giorno (16 63 36 75 63) perdendo di schianto gli ultimi quattro game del match, sia da Norman Brookes (46 64 61 62), ma accanto a Wright riuscì a prolungare il match fino alla terza giornata con una memorabile vittoria nel doppio sui campioni di Wimbledon Brookes-Wilding per 36 1210 46 62 63.
Lasciato il tennis, Karl Behr divenne banchiere, amministratore della Herman Behr Company e vice presidente della Dillon, Read & Co. a New York. Fu anche amministratore di numerose altre società, tra cui la Goodyear Tyre & Rubber e la National Cash Registern, e si candidò al posto di Governatore del Territorio dell’Alaska.
Alla sua morte, nel 1949, Helen si sposò con Dean Mathey, forse il miglior amico di Karl e suo compagno di doppio. Helen è scomparsa nel 1965, all’età di 72 anni. Il nome di Karl Howell Behr figura nella Hall of Fame del tennis a Newport dal 1969.

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9 Commenti a “Sharapova in tutte le salse e le cover
Senza tornei è tempo di gossip e scoop
Dokic e Hingis: chi ha seni troppi grossi e chi anelli con tanti diamanti”

  1. Riccardo B. scrive:

    Ciao Ubaldo,
    è interessante la tua osservazione sul diverso appeal che può avere un servizio sulla Sharapova piuttosto che uno -ottimo esempio- sulla crisi del tennis aussie. Io mi domando: siamo sicuri che il tennis-utente preferisca essere relazionato sulle sette acconciature di Masha durante gli Us Open piuttosto che sulle disgrazie di Philippoussis?
    Anni addietro una rivista specializzata (”la più antica del mondo”, per capirci) fece un interessante profilo, su basi statistiche, del fruitore medio del prodotto-tennis. Eccolo:
    -Molto giovane (14/17 anni) e giovane (18/34)
    -Prevalentemente maschio, ma con un elevata percentuale (40%) femminile.
    -Residente in grandi città, prevalentemente nord-ovest e centro.
    -Stati di istruzione e status molto elevati (quasi un 50% di universitari e laureati)
    -Stile di vita di alto profilo: lavora molto, legge, viaggia, si tiene informato e riesce bene nella professione
    -Ovviamente, accentuato possesso di beni e notevoli capacità d’acquisto, nonchè buona conoscenza delle lingue.

    Ho snocciolato questi dati per dirti che, probabilmente, chi legge Martucci sulla Gazzetta, Azzolini su Tuttosport, te su Nazione/Giorno/Resto Del Carlino ecc…Risponde a questi requisiti.
    Requisiti di persone cui probabilmente interessa sapere perchè Hanley non ha sfondato piuttosto che il solito pezzo sulla Sharapova, che inevitabilmente (spesso non per colpa di chi lo scrive) diventa modaiol-gossipparo.
    Quel genere di informazione è buono, oltre che per i voyeur incalliti, per le signore di mezza età, le ragazzine alla moda e gli adolescenti allupati (che però guardano solo la foto).

    Chi va a spulciare (perchè, ahinoi, di spulciare si tratta) l’articolo di tennis sui quotidiani vuole qualcosa di più. Basta fare un giro in rete e curiosare per i forum, che sono lo specchio più fedele per identificare gli appassionati: gente piena di entusiasmo, competente fino a sorprendere, informata anche su dettagli riscontrabili solo sulla stampa straniera…Molti pronti (lo trovo fantastico) a organizzarsi la giornata in base all’evento tennistico per poterlo seguire.

    Insomma, questa pappardella per cercare di argomentare una mia convinzione: non credo a chi dice che l’informazione è fatta in un certo modo “perchè lo vuole il pubblico”. Il pubblico è instradato dalle scelte fatte alla fonte: se queste preferiscono i gonnellini della Sharapova o le boobs della Dokic diventa dura, e persino il tennis diventa carne da macello, col risultato che gli appassionati (che sono tantissimi) emigrano verso internet o, quando va bene, verso le riviste specializzate.

    La domanda che voglio farti, convinto che cosce e veline troneggeranno ancora, è questa: il microcosmo del tennis, forte di un pubblico davvero speciale, potrebbe provare a differenziarsi e allontanare banalità e clichè scontati? In altre parole: potremo mai vedere, su un grande quotidiano, la storia di Sargsian piuttosto che l’ultima evoluzione della Kournikova?

  2. Ubaldo Scanagatta scrive:

    Ciao Riccardo, come sempre ottimamente documentato! Interventi tipo il tuo contribuiscono ad accrescore certamente la qualità di questo blog. Comincio a risponderti dal fondo: su un grande quotidiano la storia di Sargsian (purtroppo) non la leggerai mai. A meno che lo faccia un giornalista talmente autorevole (e in Italia ce n’è uno solo, Gianni Clerici) da poter imporre per il solo fatto che lo chiede, le sue storie con le sue misure (80-100 righe) ad un qualsivoglia caporedattore dello sport senza che questo osi opporsi. In qualsiasi altro giornale la proposta di un pezzo del genere non verrebbe assolutamente presa in considerazione. Eppure, senza essere Clerici, anch’io non credo di essere l’ultimo, anche in termini di credibilità. Però ti assicuro che mi riderebbero in faccia…
    Sui quotidiani sportivi ci dovrebbe essere più spaziio, eppure talvolta non lo trovano nemmeno loro, perchè i loro direttori preferiscono magari dare spazio a una quotidiana rubrica di oroscopi e di lettere che sembrano stare lì _ più che per favorire una sacrosanta interattività _ per accontentare equilibri interni (di spazi e prestigio), l’ego di qualche ex direttore o ex corsivista.
    Le pagine dello sport, in tutti i giornali italiani “politici” sono quasi sempre dirette da colleghi espertissimi di calcio per i quali qualsiasi notizia di calcio riveste grande interesse e merita grande spazio, mentre tutti gli sport “minori” devono arrangiarsi a cavrsela con poche righe. Va dato atto a La Repubblica _ a prescindere dalla presenza di uno scrittore del valore di Clerici _ di aver provato a modificare questa prassi. Del resto quando Repubblica si affacciò nel panorama editoriale italiano Scalfari non aveva previsto nè un’edizione del lunedì nè pagine di sport, che poi furono introdotte a furor di popolo. Dopo di che, però, almeno una pagina di varie di solito c’è e viene spesso aperta da un argomento monografico cui si dà ampio spazio. Quasi tutti gli altri giornali (e devo dire che per quanto riguarda il Corsera sono diverse le pagine sportive che vede il lettore milanese e quello romano rispetto a quelli di altre regioni: questi ultimi vedono _o vedevano fino a poco tempo fa _ una pagina di varie in meno), invece, mettono di solito le varie obtorto collo, come riquadri formato francobollo, quasi vi fossero obbligati, ma senza la cura che meriterebbero. In realtà le più belle storie sportive, di vita vissuta, sono spesso legate a protagonisti e vicende extracalcistiche. Ma il calcio ammazza tutto e ad esempio se sia Collina oppure Pinco Palla a designare gli arbitri diventa un argomento di grandissima rilevanza, pagine su pagine, quando invece secondo me dovrebbe interessare il giusto.
    Il grande quotidiano “politiico” si rivolge a lettori non specializzati e dovrebbe privilegiare le storie interessanti per tutti, non i tifosi delle curve (che in stragrande maggioranza non leggono i giornali, ma tutt’al piùil sito internet della loro squadra), almeno a mio avviso. Ma evidentemente non tutti la pensano così. Si inseguono i grandi numeri pensando di vendere più giornali (e magari con le operazioni di mercato si raggiunge quell’obiettivo anche se poi i quotidiani politici arrivano quasi sempre, inevitabilmente, 24 ore dopo i giornlai sportivi…mentre secondo me con gli incarichi di Collina, le dimissioni di Tedeschi e le perplessità di Gussoni non si vende una copia in più) ma se alla fine i giornali sono in crisi e la gente si lamenta perchè non ci trova nulla di originale, è anche perchè _ e non solo nello sport _ non si riesce ad essere minimamente originali, si preferisce piuttosto “coprirsi” dai cosiddetti buchi perchè magari a quella notizia è stato dato risalto in tv, che fornire spunti diversi, nuovi. Il giornale, qualunque giornale, al mattino sembra già vecchio. Ma non è facile trovare un direttore, un caporedattore che rischi…soprattutto se l’editore non è tipo disposto a coprirlo sempre e comunque.
    Le scelte sono fatte alla fonte, dici tu. Ma la fonte, come cerco di spiegarti, non è tanto il singolo giornalista autore dell’articolo, quanto chi glielo commissiona, chi gli apporva un’idea, chi gli destina un certo spazio…perchè anche questo è spesso determinante. Per buttar giù due banalità sulla bellezza della Sharapova, corredata da una foto scelta dalla redazione, bastano anche poche righe. Per raccontare una storia ricca di aneddoti di Sargsian (ormai prescelto quale esempio, o anche di un qualsiasi routinier italiano che abbia vissuto esperienze particolari, pensiamo ad un Galvani) non bastano 20 righe perchè siano minimamente narrative, godibili. Ce ne vogliono almeno 50. Lo stesso Clerici _ glielo ho sentiot dire tante volte quando chiede spazi ai suoi “capi” _ dice: “Se mi date 60 righe posso fare una storia da 7, se me ne date 70 forse da 8, se ne ho 80 chissà,magari anche da 9″.
    Fate dire la stessa cosa a un neo-redattore, o anche a un valido giornalista come Paolo Rossi _ che ogni tanto sostituisce un Clerici pigro in qualche trasferta _ e dall’altra parte del filo sentirete soltanto crasse risate.
    Devo dire che anche La Stampa, ultimamente, sta cercando di innovare e rinnovare e nel tennis, ad esempio, grazie anche all’apporto intelligente e prezioso di Stefano Semeraro, presenta soprattutto al lunedì storie godibili e diverse da chi si limita a inseguire le notizie e…i gossip della Sharapova premiata qui e là con premi “truffa”, creati soltanto per favorire la notorietà di un magazine piuttosto che di un altro.
    C’è anche chi eccede dal lato opposto, un Feltri ad esempio che pur di andare controcorrente, spara ogni giorno titoli anticonformisti, senza rendersi contro che il farlo per principio alla fine rende poco credibili. Diventano boomerang, insomma.
    Anch’io trovo spunti interessanti soprattutto sulla stampa straniera. Adesso avrei lo spazio, questo blog, per riprenderli e svilupparli su questo blog…ma da solo è un lavoro enorme, perchè ogni giorno avrei almeno cinque, sei spunti da “coprire”. Avessi un gruppetto di collaboratori sarebbe diverso. Ma, che tu (voi) ci creda o no, per ora lo sto facendo solo per pura passione…e la vita devo guadagnarmela altrimenti. Motivo per cui le ore che gli posso dedicare, a rispondere, a documentarmi, non sono infinite. Come dicono a Napoli…anch’io tengo famiglia e ogni tanto devo produrre…quella che chiami, non senza ragione, carne da macello.
    ciao, mi fermo qui perchè altrimenti Semeraro dice che scrivo troppo a lungo e non ce la fa ad arrivare fino in fondo

  3. marcos scrive:

    porto un argomento diverso, partendo dalle vostre considerazioni, da me tutte condivise.
    che il tennis sia uno sport di nicchia particolarmente elevata è, forse, un bene: sarei preoccupato, altrimenti…chè solo il pensiero di dover ascoltare due ore di domenica sportiva sulla bestemmia di canè (cito paolino, chè so uomo di spirito), rallentata su maxi schermo per vivisezionarne il labiale, mi fa rabbrividire.
    che, invece, ci sia bisogno di produrre media o bassa cultura in qualsiasi campo, per poter sbarcare il lunario…questo è male, ma, anche se decidessimo di approfondire, non riusciremmo in poche righe a spiegare quali siano le ragioni per cui è più facile vendere un episodio di armony, piuttosto che una qualsiasi edizione di se questo è un uomo. anzi, meglio non approfondire: mi si turberebbe la quiete festiva e mi si riacutizzerebbe l’influenza invernale.
    l’argomento, invece, che porto è quello per il quale forse conviene anche allo sport di nicchia che intorno ad esso si alzi una vorticosa centrifuga di spazzatura mediatica, costituita da tette grosse e sederi sodi, nani e ballerine, baci e tradimenti, feste danzanti, risse, interviste estreme e chi più ne ha, per cortesia, ne metta. sarà anche un argomento politicamente poco corretto, e, se volete, un tantinello egoista…ma come prada, gucci e fendi poco fanno per diminuire nelle strade i venditori ambulanti di prodotti contraffatti perchè tutto ciò che fa pubblicità ad un marchio, comunque, porta fama e danaro…così, forse, non dovremmo lamentarci se sulla gazzetta, invece di parlar di tennis, pubblicano foto della sharapova in mutande: evidentemente, in questo mondo tira più una mutanda ben calzata che una storia ben raccontata. più mutande la gazzetta mostra, più tennis, per esempio, la televisione trasmette.
    io mi limito a buttare un occhio alla mutanda, chè si perde il pelo ma non il vizio, ma poi mi sollazzo divanandomi davanti al tennis, quando non posso seguirlo dal vivo.
    lasciamo che le storie di tennis, quelle vere, siano una riserva degli appassionati, puntando molto anche sul web: da quando c’è internet, infatti, anche la soddisfazione dei palati più esigenti (quelli degli appassionati di tennis) trova maggior sfogo; e da quando c’è internet, molti giovani che, probabilmente, si sarebbero fermati alla mutanda, trovano scritti sul tennis che non solo glielo mostrano in tutta la sua straordinaria nobiltà, ma anche, spero, li aiutano a crescere individualmente.
    per me, infatti, lo spirito del vero tennis è scuola di vita.

    buon anno a tutti!

    marcos

  4. Giovanni Rossi scrive:

    Caro Ubaldo, ho scoperto il Suo blog e sono molto contento dei contenuti. Sono un fanatico del tennis e sono abbonato alla rivista Tennis: vivo negli Stati Uniti da molti anni. Leggendo un articolo di Peter Bodo ho visto che c’era un riferimento a Lei. Molto bene da ora in poi leggero’ regolarmente il Suo blog.
    Mi mancano molto le telecronache di Gianni Clerici e Rino Tommasi.
    Ho cercato su google se trovavo articoli, interventi di Clerici ma senza successo. Mi sembrava che scrivesse per Repubblica, ma forse Gianni si interessera’ adesso di letteratura.
    In ogni modo questo blog e’ molto interessante, complimenti e Buon Anno da Boston.
    Giovanni

  5. Riccardo B. scrive:

    Ciao Ubaldo,
    grazie per la risposta approfondita ed esauriente.
    La mia domanda era tendenzialmente retorica: aldilà le pregevoli eccezioni de “La Stampa” e di “Repubblica”, temo possa cambiare qualcosa solo quando arriverà il benedetto campione che parla italiano. “Quello che ci cambia la vita”, come dice Rino Tommasi.

    Tuttavia volevo fare una precisazione: quando parlavo di “fonte” mi riferivo chiaramente a chi commissiona, non certo a chi scrive. Insomma, non avevo dubbi che a partorire la “carne da macello” (termine un pò crudo, me ne scuso) non fossero le menti dei giornalisti.
    Anzi, senza voler cadere in sviolinate, sono d’accordo con quanto mi disse Ray Giubilo (abbastanza dentro al giro da saperne, abbastanza fuori da essere obiettivo) quando qualche anno fa ebbi l’occasione di passarci mezza giornata: “In Italia il tennis va male, ma a riviste e giornalisti siamo messi benissimo”, e facemmo anche un pò di nomi.

    Insomma, un pò spiace che risorse umane così valide non possano esprimersi come saprebbero e potrebbero. Ma la situazione è come l’hai descritta tu, quindi c’è poco da fare.
    Nessun dubbio sul fatto che questo blog sia fatto solo per passione. Anche (e soprattutto) per questo lo apprezzo e lo seguo con interesse.

    Un salutone, e sentiti auguri di buon anno!

  6. gianni scrive:

    Ho letto questo tuo intervento in replica a “riccardo”con molto piacere e man mano che scorrevano le righe, con crescente curiosità.
    Il tuo “pezzo” mi ha fatto conoscere un aspetto del tennis (ed un “dietro le quinte” del tuo lavoro) che non conoscevo.

    Personalmente sto apprezzando tantissimo il tuo blog proprio per la “qualità” dei contenuti che riesci a dargli e di conseguenza spero davvero che la tua “passione” per questo blog ….si rafforzi sempre più!!!

  7. Ubaldo Scanagatta scrive:

    A Marcos rispondo in sintesi dovuta anche all’incombente Capodanno che quest’anno mi…eccita assai meno del solito perchè i miei due figli, Giancarlo di 16 e Ginevra di 14, per la prima volta se lo vanno a festeggiare con i loro amici …e mi ci dovrò abituare, ma all’inizio almeno mi fa un po’ (egoisticamente) tristezza_ auguri a tutti.
    Nessun problema se Gazzetta pubblica in prima pagina foto della Sharapova, faccia pure, anch’io _ come detto _ mi ritrovo spesso a scrivere di argomenti che non mi entusiasmano. Però mi piacerebbe che almeno loro, che lo spazio ce l’avrebbero, avessero la cultura sportiva (e ovviamente non alludo a Martucci o a Tommasi che sono, semmai., i …terminali del lavoro) per raccontare anche _ ripeto, anche _ altre storie, e cercassero di spiegare _ ad esempio _ non tanto la crisi del tennis australiano supportandola con i numeri di rito (3 nei primi 100 fra uomini e donne) quanto i motivi più plausibili che avrebbero cagionato questa crisi in un Paese ancora non dominato dal lavoro, da ritmi frenetici tipo New York, e nemmeno esageratamente money-oriented. Un Paese in cui, anzi, allo sport si dà importanza, spazio, interesse e in cui dalle 17 in poi _ e religiosamente tutti i weekend banditi al lavoro _ tanti aussies si mettono in tuta e fanno movimento. Secondo me si potrebbero scrivere cose interessanti, anche sotto il profilo sociologico, accostando i temi delle società di un raggiunto benessere a confronto con quelle in cui invece si ha ancora fame (ma non così tanta da spingee i figli al pugilato…: ok, il tennis non è il pugilato, ma è duro, molto duro emergere siamo d’accordo? ). Insomma ci si può distaccere da un argomento troppo esclusivamente australiano _ un continente troppo lontano perchè i suoi fenomeni di costume ci riguardino…direbbe un direttore di giornale legato a criteri geopolitici _ e scrivere qualcosa piacevole. Si potrebbe toccare anche l’argomento degli sport di squadra (rugby, basket, volley) che sembrano essere socialmente più appetiti (da genitori e figli) anche nel Nuovissimo Continente…insomma, certo, ci vorrebbe un direttore della Gazzetta, come di un quotidiano extrasportivo con un’estrazione semi-letteraria, più da …terza pagina che da Vanity Fair. Sul tennis scuola di vita, infine, sottoscrivo. Per me lo è stato. Mi ha consentito di viaggaire tanto (e non c’è cosa che mi piaccia di più), di conoscere tanti aspetti della vita, di vari Paesi, della gente, di studiare, di imparare qualche lingua, un mestiere (e quello del giornalista l’ho vissuto attraverso tutti i suoi media, giornali quotidiani e non, radio, tv, internet…esperienze incredibilmente diverse), di avere tanti amici in giro per il mondo, fondamentamente di non sentirmi mai spaesato dovunque mi trovi. Mi ha insegnato anche certi valori, la lealtà sportiva, l’impegno, un sano spirito competitivo, la disponibilità ai confronti, la grinta per rimontare situazioni difficili e compromesse, la passione e insieme il sacrificio di certi allenamenti (vedi anche ’sto blog!) che non danno necessariamente risultati straordinari ma restano un modo per sentirsi vivi e comunciare con il prossimo _ quale giornalista non ha in sè la fede…della necessitàdi comunicare? _ e tante altre cose che ora non sto ad elencare per non tediarvi. Non sono un santo, ma ringrazio lo sport per non avere mai messo in bocca una sigaretta nè avere sognato di farlo, per non essere mai stato neppure incuriosito dal desiderio di farmi uno spinello (chissà, magari è un limite…però se anche i miei figli cresceranno con questo…limite, io sono contento), per aver sempre pensato che, nello sport come nella vita, il lavoro e l’impegno alla fine pagano se si hanno sufficienti qualità di fondo. Semmai lo sport è più giusto della vita: chi non ha meriti non emerge. Non c’è raccomandazione, o privilegio sociale, o ricchezza, che possa farti vincere Wimbledon o una medaglia d’oro. Nella vita, nel lavoro, purtroppo invece le cose vanno (anche) diversamente. Sarà più facile fare buoni studi, trovare un buon lavoro (anche da giornalista) se sei nato, se vivi in certi posti (dove c’è concorrenza, ricambio…penso a Roma, a Milano) piuttosto che in altri. Anche nello sport, mi dirà il ragazzino promettente che non ha sparring-partner nella sua cittadina di provincia, però se uno riesce a farsi largo poi la provenienza non è più un handicap.
    Concludo, dopo essermi allungato oltre le mie intenzioni, che a proposito del’esempio fatto da Marcos sui vantaggi di marketing che si riflettono sui grandi marchi contraffatti…che anche lì c’è un limite. Sta nei numeri, nella quantità, nel rapporto fra le merci vere e quelle copiate (come, sta nel rapporto fra gli articoli giornalistici di qualità e quelli non). Se sono poche copie rivendute da qualche venditore ambulante può far gioco al marchio, se c’è un business dietro di centinaia di migliaia di merci contraffatte da imprese (cinesi e non) diventa un grosso handicap.
    Dopo ’sta bella pappardella tranquillizzo Riccardo sul fatto che non l’avevo male interpretato riguardo alla carne da macello (anche se i macellai _ con tutto il rispetto per la loro professione _ a volte sono…sempre giornalisti, che hanno ruoli diversi rispetto agli estensori degli articoli).
    A Giovanni Rossi dico solo: Welcome! Spread the rumours (about this Blog) around!. Per quanto rguarda gli articoli di Clerici (che proprio ieri mi ha chiamato per aver trovato con sua grande sorpresa (e mia), nella pagina di Google che lo riguardava, una sorta di annuncio Google che diceva, più o meno: “Se hai fame di tennis leggi il blog di Ubaldo Scanagatta” e si domandava se la libertà di Google di fare le sue associazioni ed inserzioni non fosse in fondo un’invasione della nostra privacy) spero di potere presto inserire alcuni suoi articoli nella mia tribuna d’onore. Il problema è sempre il solito: avere il tempo per curare una sorta di rassegna stampa degli articoli altrui e inserirli qui, dopo aver ottenuto l’autorizzazione dell’autore, per offrire un servizio ai lettori di questo blog. Chi mi volesse aiutare si faccia avanti…
    A Gianni, infine, grazie…per i tuoi grazie. Buon Anno a tutti.

    A riccardo

  8. Ivan scrive:

    Bellissimo questo scambio di opinioni generato da uno dei pezzi più leggeri di Ubaldo. Vedete, pur condividendo quasi totalmente le vostre argomentazioni, non posso far altro che pensare, come diceva Warburg, che il buon Dio è nascosto nei dettagli. Io sono interessato all’arte, in particolare a quella contemporanea, dove sempre più si sono imposte abitudine mediatiche connesse alle dinamiche economiche; pertanto non si fa altro che parlare della grande mostra piuttosto che del monumento celebre, a scapito di tanti piccoli gioielli, eventi, nonché problemi legati alle politiche a livello nazionale o locale. Molti hanno visto con favore questo intensificarsi di informazioni, nonostante presenti un panorama piuttosto limitato, purché si parli di arte. Trovo che sia giusto: oggi più che in passato, in una cultura basata sulla fruizione di ipertesti o ipermedia che si voglia, parlare di un argomento prendendo la tangente verso argomenti più disparati e più popolari (lo so che ci piacerebbe l’integrazione dei saperi) può essere molto fruttuoso. Molti di noi sono convinti, giustamente, che i dettagli a cui mi riferivo in precedenza siano anzitutto stilistici, per cui un articolo di Brera, piuttosto che di Clerici, incoraggia la lettura perché obiettivamente ben scritto e godibile. Sono convinto che nell’epoca dell’ICT sia altrettanto importante mandare stimoli ai fruitori sotto altre e nuove forme, cioè pensando a un lettore abituato a strutturare le informazioni che riceve in un percorso più complesso o comunque più disordinato. Importante è che ci siano gli stimoli giusti: va bene il gossip, ma anche sottolineare che le ragazze per arrivare in finale di Fed cup abbiano dovuto superare l’odiata Francia, come nel pallone… questo perché gli stimoli odierni sono eccessivi, serve qualcosa che attragga, lo so, in alcuni casi anche gli istinti più “bassi” o forse primari, perché lanci l’input giusto, perché inviti il lettore all’interno di un contesto, nella speranza che usando i giusti accorgimenti si addentri in questo mondo. L’esempio migliore, anche se non ignoro le qualità dei manici in questo caso, lo state dando voi: partire dal gossip per elevare il discorso, non solo nei toni, ma nella prospettiva, nella rilevanza delle informazioni e via dicendo… in questo caso, il dio nascosto nei dettagli erano proprio quelle 2 notizie di gossip inserite dal buon Ubaldo (scusa la confidenza ma, tra alti e bassi, ti seguo da una quindicina d’anni) nel titolo. Come recita la saggezza popolare (o Jovanotti in versione asfalto & cemento), in fondo, anche un fiore può crescere tra le pietre.

    Infine, caro Ubaldo, mannaggia… il tuo invito per una piccola rassegna stampa sarebbe stato perfetto qualche annetto fa, quando svolgevo il servizio civile in emeroteca…

  9. Giorgio Di Palermo scrive:

    Bello l’Australian Open, nessun dubbio. Ne vedo trenta l’anno, ma questo e’ senza dubbio il migliore. Nonostante cio’, restiamo con un dubbio: e’ giusto adottare una procedura per sospendere gli incontri in caso di temperatura troppo elevata? Potete chiamarlo machismo, ma ti assicuro che il numero di giocatori disposti a giocare in condizione estreme e’ davvero maggiore di quanto si possa immaginare. Forse si tratta di un semplice vezzo che fa bene al loro ego, o forse una voglia di differenziarsi dal tennis femminile; o forse un giusto tributo ai grandi protagonisti degli ultimi, grandissimi, cent’anni di tennis, che giocavano senza neanche le sedie al cambio di campo. Il tennis e’ cambiato, diranno molti; certo, ma 50 gradi sul campo sono sempre gli stessi. Percio’, mi piacerebbe sapere cosa pensa il mago Ubaldo e i lettori di questo “sccottante” (come sono spiritoso!) tema.
    Un saluto da Melbourne. Giorgio Di Palermo - ATP

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