Tuo figlio chiede:batterò mai Federer?
Il kiwi Chris Lewis risponderebbe così…
La lucida follìa di Lendl lo rese n.1

 
22 Dicembre 2006 Articolo di Ubaldo Scanagatta
Author mug

Se il neozelandese Chris Lewis, che contese a Bjorn Borg una bella fidanzata, Helena Anliot, viene considerato uno dei più deboli finalisti di sempre a Wimbledon _ nel 1983 perse da John McEnroe dopo aver battuto Curren vincitore di Connors e Mayotte _ gli si deve però riconoscere di avere notevole intelligenza e sensibilità. Essendomi piaciuto in particolare quel che ha scritto recentemente nel blog di Peter Bodo, qui ve lo ripropongo in una sintesi (?!) da me tradotta e inserita _ con qualche mia integrazione _ nella categoria genitori-figli-scuola che su questo Blog ha già suscitato molti commenti davvero interessanti. Dategli un’occhiata, a quelli e a questo, e sono sicuro che vi susciterà qualche reazione (e come genitori e come figli).
Scrive Chris Lewis: “Stavamo guardando la finale di Wimbledon quando mia figlia Geneva, 8 anni, mi ha chiesto: ‘Papà, pensi che un giorno riuscirò a battere Roger Federer?’
Poiché le avevo detto molte volte in passato ‘Se lavorerai duro, ogni cosa ti sarà possibile’ che cosa avrei dovuto risponderle adesso? Avrei potuto dirle la verità…e cioè che se anche fosse diventata la migliore tennista del mondo non avrebbe ugualmente avuto una chance di battere Roger. Oppure una bugia: sì, che un giorno, forse, avrebbe potuto battere uno dei più forti tennisti della storia del tennis. Ma la risposta non era così semplice. E se fosse stato mio figlio a farmi la stessa domanda? Avrei esitato ugualmente a cercare una risposta? Quantomeno avrei dovuto considerare le differenze uomo-donna nell’esplorare le rispettive potenzialità. Insomma, avendole detto più volte che ogni traguardo è sempre raggiungibile, perché non avrebbe dovuto chiedermi se questo particolare traguardo fosse raggiungibile? E’ come se lei mi avesse chiesto che cosa io ne pensassi delle sue possibilità di diventare una principessa, un’astronauta, il Presidente degli Stati Uniti. Forse i genitori della principessa, dell’astronauta, del Presidente degli Stati Uniti, avrebbero pensato “Impossibile!”, quando i loro figli erano bambini. Eppure…
La domanda di mia figlia, in realtà, ne mascherava un’altra: ‘Papà pensi davvero che sia possibile che io possa raggiungere i traguardi più alti che io mi prefiggo? O butto via il mio tempo a provarci?’
Io non ho mai nascosto la distinzione fra fantasia e realtà, ho spiegato ai miei figli fin da quando erano piccolissimi, l’irrealtà di quelle storie sui denti, sui mostri che fanno paura, su Babbo Natale.
Mi sono detto però che l’obiettivo di Geneva, seppur fantasioso, era di natura assolutamente diversa. Le avevo insegnato a rapportarsi soltanto ai fatti, invece che a favole e mostri. Sapevo che era preparata a capire da sé la realtà della differenza legata ai diversi limiti di natura fisica fra uomo e donna, senza che io amputassi prematuramente le sue più alte ambizioni. Così le ho detto nuovamente che, lavorando duro, avrebbe potuto raggiungere qualsiasi obiettivo si fosse proposta. E lei si è mostrata soddisfatta della mia risposta… Poi però ho fatto altre riflessioni, ispirate da commenti di altre persone come questo ‘Non c’è storia migliore di quella del guerriero solitario, uomo o donna, che è capace di sconfiggere tutte le probabilità e conquistare il successo al termine di una finale duramente combattuta. Questo è il motivo per cui i fans la guardano. Ed è una magia potervi assistere’…
Ecco _ ho pensato _ perché i fans amano fare il tifo, parteggiare per un giocatore o per un altro. Il fatto che la vita di questi campioni sia così pubblica, rende più facile lasciarsi coinvolgere a tifare per uno o per l’altro. Ad esempio ogni giorno la stampa dà in pasto ai fans dettagli del loro stile di vita, come si allenano, che cosa mangiano, chi amano, i risultati dei loro test antidoping. In certi forum alcuni fans dibattono su vizi e virtù dei loro campioni preferiti.
Io stesso faccio così. Se un giocatore mi colpisce con la sua attitudine io voglio che lui (o lei), vinca. Perché? Perché come nella vita…è il virtuoso che io vorrei vedere trionfare. Sul campo da tennis come nella vita reale vorrei che giustizia trionfasse. Ecco che cosa fa del guardare e fare sport un’esperienza emotiva così forte, per i fans come per i giocatori, al punto che spesso tutti ci troviamo a considerare una sfida sportiva come una battaglia simbolica fra il bene e il male. Una battaglia che consiste nel guerriero solitario che lotta per la vita sul campo, ma senza le conseguenze sanguinose, permanenti della vera vita. Proprio come mia figlia mi aveva domandato se raggiungere un obiettivo molto difficile fosse possibile, desiderando che io gli confermassi quella possibilità, gli spettatori di un agone sportivo si eccitano al dramma, mentalmente stimolante ed esteticamente piacevole, del tennista guerriero che contro tutte le previsioni alla fine conquista il successo agognato. Ai miei occhi qualunque spettacolo sportivo di grande livello serve come magnifico promemoria per sottolineare a tutti noi che quel traguardo apparentemente straordinario nella nostra vita di tutti i giorni è non solo alla nostra portata, ma è lì perché noi lo si possa raggiungere…se abbiamo voglia di lottare duramente per arrivarci”.
Ecco, questo era il pensiero di Chris Lewis che mi ha indotto a riflettere, da uomo, da padre. Che ve ne pare? Riporto qui adesso un altro commento che ho letto: “C’è un concetto nella scienza chiamato “Bugie per i bambini”. L’idea è che la verità sia spesso fuori dalla portata dei bambini, Perciò racconti loro una bugia per prepararli a scoprire la verità quando saranno più maturi. E’ come dire: puoi anche non raggiungere quel che desideri, ma non c’è ragione perché tu non ci provi ugualmente. Che è come dire anche: il fatto che noi siamo stati sconfitti per 100 anni non significa che non potremo mai tentare di vincere. Ma se questo concetto è troppo difficile da assimilare _ poniamo _ quando una bambina come quella di Chris Lewis ha 8 anni _ beh allora le dici quel che può… digerire. E cioè che ogni traguardo è raggiungibile. E lei ci crederà fino a quando imparerà a capire il valore dei propri sforzi. Magari dicendosi: se ce l’ha fatto quello lì, anche se si chiama Federer, perché non ce la posso fare io? Sognare di emulare i propri eroi non deve essere proibito in omaggio ad una concretezza esasperata, se non vogliamo che i nostri ragazzi, i giovani, siano talmente rassegnati ad una vita normale, ordinaria, da invecchiare anzitempo per il desiderio di noi anziani di “farli vivere con i piedi per terra”.
Ma perché mai dobbiamo bocciare così, pregiudizialmente, le loro ambizioni, castrare i loro sogni? In fondo guardandoci bene attorno ci sono tante persone, nei campi più disparati (non solo nello sport), che potremmo qualficare come “eroi del nostro tempo”. Quindi ce la si può fare, i nostri figli ce la possono fare. E noi genitori abbiamo il dovere di infondere in loro la fiducia che sì, effettivamente, ce la possono fare. Anche a diventare più forti di Federer, se ci proveranno seriamente. Diamo loro il tempo di capire più tardi che possono anche non riuscirci senza per questo considerarsi dei falliti.
“Vincere non serve a risolvere un problema pratico, esistenziale _ dice ancora Chris Lewis _ Vincere una staffetta impugnando un bastoncino non è come consegnare un messaggio urgente dal quale dipende la vita di una città. Ma un atleta che vince contro tutte le previsioni _ (e qui Chris ripensa probabilmente a se stesso finalista di Wimbledon )_ dimostra a noi tutti che raggiungere obiettivi molto difficili è possibile anche nella vita vissuta, non soltanto in sogno. Una lezione importante da imparare per i giovani, e da ricordare per gli adulti. Così come, al tempo stesso, è importante capire che se uno si mette addosso aspettative e pressioni troppo alte, e pretende risultati rapidi e costanti…beh è facile scivolare a terra e non riuscire più a rialzarsi. Un po’ come gli attori bambini che conquistano grande fama (e soldi) e poi non riescono a mantenersi a quei livelli una volta che crescono… fino ad uscirne frustrati, talvolta distrutti. L’equilibrio di una persona matura che ti sta accanto è importante. E penso a un tipo come Tony Roche, ad esempio, uno cioè che ti instilla fiducia, che sai essere competente, che è stato l’antitesi di un “Ego” dalla necessità disperata di riempire con mezzi artificiali (e artificiosi) un vuoto personale di autostima”. Non a caso Ivan Lendl aveva scelto proprio Roche. Lendl era un tipo straordinariamente determinato a dare il meglio di se stesso _ ricorda Lewis _ era pronto ad estrarre tutto quanto gli era possibile dal proprio talento (che non era quello di McEnroe, ma c’era…). Forse nessuno si è avvicinato al tennis con un approccio più serio e professionale”.
“Una volta _ racconta ancora Lewis _ gli chiesi se lui era così determinato per vedere dove potesse arrivare o se la sua motivazione fosse semplicemente quella di battere gli altri. Lui ci pensò qualche secondo e poi rispose ‘La Prima opzione’. E la conseguenza logica, per lui, era tentare di diventare n.1 del mondo. Perché no? E dopo che lo divenne non era mai contento di essere semplicemente il n.1. Ma voleva costantemente migliorarsi studiando tutti i sistemi possibili per riuscirci”.
In uno dei miei commenti nell’ambito della categoria “genitorii-figli-scuola” avevo detto, più o menoi _ verifica, a volte non ricordo più nemmeno quello che scrivo _ che a volte i genitori meno equilibrati (e meno da additare a mo’ di esempio) ottengono risultati migliori di quelli che equilibrati invece lo sono. Ecco, non vorrei essere stato frainteso: se un genitore fosse così equilibrato _ nella normale accezione del termine, qui usato impropriamente _da impedire al proprio figlio di sognare di eccellere in un qualsiasi campo (anche quello del tennis), beh, forse…non sarebbe davvero equilibrato. Un conto è illudere, un altro è impedirgli di sognare…per la paura che possa battere la testa nel muro. Aiutiamolo a maturare perchè impari a proteggersi, di modo che se la batte non si faccia troppo male, ma non abituamolo nemmeno a muoversi con talmente tanti caschi protettivi che poi finisca per perdersi tutti i suoni della vita.

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18 Commenti a “Tuo figlio chiede:batterò mai Federer?
Il kiwi Chris Lewis risponderebbe così…
La lucida follìa di Lendl lo rese n.1”

  1. Miguel Seabra scrive:

    Cosa c’è “che contese a Bjorn Borg”, Mago Ubaldo? Chris stole Bjorn’s girlfriend?

  2. marcos scrive:

    bravo ubaldo: il tema è così vasto che non troverà mai soddisfazione e per questo è uno degli argomenti su cui potremo dibattere a lungo, approfondendo e crescendo insieme.
    c’è un confine assai delicato, difficile o impossibile da tracciare…quello che separa la bugia che vuole insegnare, dalla bugia che vuole far sognare: entrambe le categorie, quella dell’insegnamento e quella del sogno sono fondamentali per la crescita di un uomo.

    della prima categoria di bugie, fa parte il discorso per il quale un uomo può fare affidamento sulle proprie facoltà per raggiungere qualsiasi obiettivo: insegnare a considerare le proprie facoltà come strumento infinito o, in altre parole, insegnare a non considerare mai terminata la ricerca del miglioramento è il principio fondativo del progresso dell’uomo in quanto individuo e dell’umanità in quanto collettività sociale. questo insegnamento consente all’uomo di affrancarsi definitivamente dai suoi ancestrali legami con la speranza, con la fortuna, con il destino, con la dottrina della ricompensa nell’aldilà e, parimenti, gli consente di puntare non solo sulle proprie forze, sui propri pensieri e sulla propria ragione, ma anche su quelle degli altri uomini, che, come lui, prima di lui e con lui hanno utilizzato gli stessi strumenti (ragione, pensiero e forza) per progredire collettivamente e, quindi, individualmente o viceversa.

    la seconda categoria di bugie, quelle che fanno riferimento a babbo natale, od alla possibilità di battere federer a tennis, o di incontrare un marziano in via condotti o sulla luna, è altrettanto fondamentale per la crescita dell’uomo: senza questa categoria, la prima non avrebbe successo. l’obiettivo a cui si punta per non smettere mai di crescere dev’essere un obiettivo che pare irraggiungibile; non è mai dietro il primo angolo l’ottenimento della felicità o della perfezione…anzi, non esiste quell’angolo.
    ma tendendo a quell’angolo, si raggiungono i più grandi obiettivi, mai definitivi, ma necessari alla costruzione di ciò che prima pareva solo sogno: solo così nadal ha potuto battere federer, solo così l’uomo, con tutte le sue contraddizioni, è riuscito a progredire ed a condividere, in parte ancora troppo esigua, i privilegi che il progresso assicura.
    l’utopia di moro, di campanella, di bacone e di swift sembrava non poter trovare spazio tra le cose umane, ma solo nei loro pensieri: invece no, quale che sia l’obiettivo più strano e irrangiugibile che l’uomo è in grado di prefigurare in un certo tempo, egli, prima o poi, lo centra. non v’è, dunque, progresso umano che non sia passato, qualche secolo prima, o qualche decennio prima, dal sogno utopico di una mente fertile.

    allo stesso modo, non v’è probabilmente obiettivo proibito per le capacità dell’uomo, sempre che lo stesso sia in grado, qualche tempo prima, di sognarne il raggiungimento, raccontandosi una bugia.

    la cosa che fa dell’uomo l’animale più divertente, infine, è che per il raggiungimento di un obiettivo, assai spesso, egli sceglie una strada che lo conduce all’ottenimento di un obiettivo diverso, talvolta più grande ed importante.
    può capitare, infatti, che il figlio di un maestro di tennis sogni di battere un giorno federer, ma che poi scelga alla fine di impiegarsi in banca.
    ma può capitare anche che il figlio di un panettiere sogni di diventare un giorno il più grande chef al mondo e, poi, gli capiti di vincere wimbeldon: per questo la vita è bella!

    un mondo di bene per tutti,

    marcos

  3. Ubaldo Scanagatta scrive:

    Rispondo al collega portoghese Miguel, che è uno dei giornalisti più preparati (e curiosi) non solo del suo paese ma d’Europa, oltre che uno dei “contributors” più piacevoli a leggersi del blog di Peter Bodo: no, il caso di Helena Anliot non è simile a quello di Annette, fidanzata di Mats Wilander che fu colta in flagrante dallo stesso Mats quando tornò all’improvviso in albergo perchè un suo avversario non si era presentato e la trovò fra le braccia di Stefan Edberg (che poi avrebbe sposato proprio Annette). La love-story di Helena con Bjorn era già sullo stendere, o era addirittura finita (perchè Bjorn, a dispetto della sua immaginma di Ice-Borg con le donne era _ è _ tutt’altro che di ghiaccio, e quanto a fedeltà assomiglia più allo stereotipo del maschi italiano che a quello del vichingo), e Chris Lewis _ che alle ragazze piaceva moltissimo per via di un fisico notevole, spalle quadrate, vita stretta, occhi con un taglio molto particolare, capelli lunghi sulle spalle e bandana (in questo assomigliava a Borg, l’inventore della bandana…), gambe da cerbiatto, intelligenza viva _ fece breccia anche nel cuore di Helena, cui si accompagnò a lungo. Ormai è passato tanto tempo, dovrei andare a vedere le prime storie che scrissi su di lui, perchè così su due piedi non ricordo se addirittura non…minacciò di sposarla magari rendendola madre! Ricordo che Chris era sempre molto beneducato, giocò anche a Firenze, il torneo che ebbi l’onore di dirigere fra il ‘75 e i primi anni Ottanta, ed era sempre lui il primo a salutare. (come lui tanti altri di quell’epoca, uno su tutti Yannick Noah, rimasto se stesso anche dopo essere diventato una celenrità sia nello sport sia nel mondo della musica). Mi farebbe anche piacere incontrarlo di nuovo. So che l’anno scorso si stava occupando di una ragazzina neozelandese, Marina Erakovic, che mi dicevano assai promettente. Ma non so se è ancora con lui. Magari Miguel glielo può chiedere, visto che “blogga” spesso con lui. Con l’occasione approfitto per ringraziare proprio Miguel,e attraverso lui il suo “patron” Joao Lagos, perchè mi ha mandato un magnifico libro sulla storia del torneo dell’Estoril, con splendide ricostruzioni storiche e fotografie, nonchè eccellenti idee per sfruttare al meglio una sponsorizzazione tennistica delle quali _ fossi io il responsabile della comunicazione BNL, neo sponsor degli internazionali d’Italia _ farei immediatamente tesoro.
    Ringrazio ovviamente Marcos perchè con i suoi contributi intelligenti e sensibili, oltre che spesso colti, quasi filosofici, aiuta notevolmente questo blog a mantenere uno standard qualitativo di cui vado orgoglioso. Attraveros la qualità degli interventi credo che, senza abbassare troppo il livello, potremo col tempo anche raggiungere numeri soddisfacenti per il lavoro che questo blog comunque comporta. Condivido in particolare
    quanto dici “l’utopia di moro, di campanella, di bacone e di swift sembrava non poter trovare spazio tra le cose umane, ma solo nei loro pensieri: invece no, quale che sia l’obiettivo più strano e irraggiungibile che l’uomo è in grado di prefigurare in un certo tempo, egli, prima o poi, lo centra. non v’è, dunque, progresso umano che non sia passato, qualche secolo prima, o qualche decennio prima, dal sogno utopico di una mente fertile”.
    E, aggiungo, utopia _ sostantivo spesso denigrato, trattato come se chi ne fosse influenzato meritasse lo scherno altrui _ è da preferirsi al sogno che , in quanto tale, è assolutamente inconscio, non ha niente di geniale. Dietro un pensiero utopistico, invece, c’è una coscienza che si agita, che magari auspica sviluppi che non si verificheranno mai, ma chiedendosi incessantemente…e perchè no?

  4. Miguel Seabra scrive:

    Grazie — merry christmas and a happy new year per te ed per la tua famiglia, Ubaldo

  5. gianni scrive:

    Grazie Ubaldo x questo nuovo spunto di riflessione…..provo ad aggiungere anch’io qualcosa….

    La prima cosa che mi viene di dire è che spesso non solo nel tennis o in altri sport, ma anche nelle attività “artistiche” (vediamo ad esempio che cosa sta succedendo in questo momento nelle scuole di ballo e di canto con l’avvento di trasmissioni televisive sul tipo di “Amici”) a sognare “l’eccellenza” dei ns ragazzi siamo noi genitori…non loro!!
    Sui ns ragazzi “scarichiamo” aspettative troppo alte perché magari i “sogni di gloria” che abbiamo avuto per noi stessi in gioventù non si sono realizzati e di conseguenza vorremmo vederli realizzati “ATTRAVERSO” loro.
    Se poi ci capita di trovare un ambiente privo di scrupoli che conferma le ns aspettative esaltando il ns “ego” (..anzi spesso lo andiamo a cercare quell’ambiente!!) …allora sì che spingiamo sull’acceleratore!!!

    Con questo voglio dire che è anche proprio grazie ai loro sogni che i ns ragazzi alimentano le loro motivazioni a lavorare ed a migliorarsi, ma noi genitori dobbiamo stare attenti intanto al ns ruolo di genitori, poi ad istruttori ed allenatori giustamente ambiziosi, ma impreparati che troppo spesso alimentano sogni irrealizzabili ed infine a non trovare dirigenti “egoisti” che hanno tutto l’interesse a far sì che le vittorie del loro “campioncino” (…o della loro “squadretta” giovanile) siano esaltate nell’ambito di uno pseudoagonismo “provinciale” che è sempre fine a se stesso e che non porta a niente.

    Sono d’accordo quindi con il “non castrare” i sogni di eccellere dei ns ragazzi, però cerchiamo e scegliamo ambienti… persone… situazioni… che soprattutto in età giovanile li aiutino a vivere molte esperienze diverse tra di loro in modo che i ns “protetti” possano acquisire “strumenti” che potranno servirgli sia nel caso che scelgano di fare (…o meglio di provare a fare) il giocatore, il ballerino, il cantante, ….sia che scelgano altri tipi di attività.
    Poi facciamo sì sognare i ns figli portandoli ad assistere ai grandi eventi sportivi…..andiamo a vedere con loro i grandi tornei, …lasciamo che si esaltino con le gesta dei loro campioni pensando che un giorno li imiteranno …lasciamo che i più piccoli vivano le emozioni della “caccia” agli autografi dei loro eroi, …anzi oltre ad esultare x una vittoria facciamo in modo che osservino anche quello che di positivo il loro “supercampione” può trasmettergli!!!
    Osserviamo insieme a loro con quale “meticolosità” i grandi tennisti con i loro allenatori, curano ogni dettaglio…facciamogli notare la “capacità di attenzione” che hanno questi campioni non solo nei match, ma anche e soprattutto durante gli allenamenti…quale è la loro reazione agli errori che fanno e come gestiscono le fasi difficili di un match quando all’altro “sta tutto dentro “….quale miglior “strumento” di apprendimento per i ns figli può esistere se non il prendere esempio dal loro eroe!!??

    E’ comunque altresì essenziale, come si dice nell’articolo, far passare sempre il messaggio che anche solo x arrivare a giocarlo, quel match “perfetto” al quale abbiamo assistito, ci sono dietro ore, mesi ed anni di lavoro e di applicazione intensa sia per il loro eroe che magari ha vinto….sia per l’avversario che quel match importante è arrivato a giocarlo,… ma lo ha perso!!

  6. Ubaldo Scanagatta scrive:

    Sottoscrivo tutto quel che dici gianni, mentre consiglio di approfondire quest’argomento leggendo anche gli interventi comparsi sotto la categoria genitori-figli-scuola etc. perchè altrimenti quelc he dirò qui di seguiot potrebbe apparirvi incomprensibile.
    Una mini-obiezione…non tanto mini. Quando dici cerchiamo, scegliamo ambiente, persone, situazioni…dici una cosa giusta, giustissima. Solo che sembra facile ma non lo è affatto. Molti genitori (e di riflesso figli), purtroppo, non sono assolutamente in grado di scegliere, sia per motivi logistici, sia per motivi economici, sia per motivi di tempo, e a volte anche di conoscenza del tennis. Quanti ragazzi che magari avevano predisposizione, magari anche talento,si sono persi per strada perchè i loro genitori _ senza alcuna colpa, o magari con qualche colpa _ non sono riusciti a cercare,a scegliere,a trovare tutte quelle componenti necessarie per farli crescere nel modo più idoneo, come uomini e come tennisti?
    Anche per portare i ragazzi ai grandi tornei, per fargli notare le cose che dici, la capacità d’attenzione dei campioni in gara e in allenamento, bisogna avere mezzi, bisogna avere iniziativa, biosgna stare vicini ai luoghi di quegli eventi…insomma, il problema è che il tennis senza avere una base larga,larghissima, come quella che ha il calcio, ti propone ostacoli spesso talmente compolessi, difficili da sormontare, che molti si perdono per strada, molti si scoraggiano, quasi nessuno riesce ad arrivare, se non a prezzo di sacrifici talmente straordinari che è lecito domandarsi a) se sia giusto proporli a un ragazzo (probabilmente no) b) fino a che punto lo si debba assecondare anche se lui fosse determinatissimo (e sempre a condizione che non trascuri il suo primo dovere, la scuola…). La mia domanda finale (e magari non finale), però è quella che in realtà mi ha posto mia moglie: poichè c’è scuola e scuola, e nessuno di quelli che ci provano sul serio con il tennis frequenta scuole particolarmente dure (cioè un buon liceo classico, un buon liceo scientifico), ma o studiano da privatisti, o fanno quei licei sportivi di nuova istituzione o i “linguistici” etcetera, se tuo figlio ti chiede di iscriverlo a una scuola più facile tu che fai?
    Io per ora, forse influenzato da risultati che non sono da…Federer e nemmeno da Della Tommasina, Papasidero o Trevisan _ sono d’accordo con mia moglie sul fatto che lui debba continuare a fare il classico al Michelangiolo (forse la scuola più dura di Firenze) e poi a 18 anni, se i risultati tennistici, il suo entusiasmo, la sua determinazione suggerissero _ che so io? _ un anno sabbatico per provarci sul serio, beh staremo a vedere. Oggi è certamente prematuro…come credo che lo sia per 100,200, 500 ragazzi come lui che non si chiamano, appunto, Papasidero, Della Tommasina, Trevisan e soci (del centro di tirrenia…).
    Sia chiaro a chi ci segue, comunque, che quando parlo così per esteso del caso di mio figlio (la cui classifica per il 2007 è appena 4-1, e anche se probabilmente oggi gioca da 3-4 il discorso non cambia), lo faccio perchè sono convinto che tanti genitori e ragazzi italiani (e non…visto che in questo Blog si sono affacciati interlocutori portoghesi, francesi, spagnoli e perfino giapponesi) possano riconoscersi in queste problematiche. Che, allargando il discorso, non riguardano poi soltanto il tennis e i giovani aspiranti professionisti della racchetta, ma più in genere il problema di come conciliare nel nostro Paese scuola e sport, tutti gli sport.
    Sul discorso poi, accennato acutamente da Gianni, relativamente ai genitori che cercano di realizzare se stessi attraverso i propri figli _magari frustrati da proprie esperienze non coronate dal successo _ beh, il problema esiste, altro che.
    Come sempre è un problema di equilibrio. Quello che serve per non addossare troppe responsabilità sul ragazzo (che potrebbe venirne schiacciato se i risultati tardassero ad arrivare, o se non venissero affatto). Al tempo stesso non c’è dubbio che spesso fra due genitori ci sia uno che _ per così dire _ ci tiene di più, e un altro che ci tiene di meno. Il primo si sentirà dire dal secondo, in continuazione: attento a non fare del male a tuo figlio, e farà bene a fare tesoro di quel consiglio. Il secondo non dovrà esagerare nel proporre al figlio ancora giovane soltanto obiettivi troppo seri, per non renderlo infelice e frustrato nelle sue aspirazioni. Un corretto rapporto fra i due genitori farà sì che il figlio non perda di vista il fatto che non c’è una sola verità, una sola strada, ma tutto va sempre mediato, capito fino in fondo.
    Buon Natale a tutti, fatemi sapere che cosa ne pensate. Chissà che qualche dirigente Fit (Roberto Pellegrini?, qualche tecnico del centro di Tirrenia (Furlan? Palumbo?), qualche genitore di quei ragazzi convocati a Tirrenia (o di quelli lasciati fuori), non segua l’esempio di papà Fognini dando il suo contributo di pensiero a questa discussione? Anche per contraddire tutto quello che io o altri abbiamo sostenuto.

  7. marcos scrive:

    buon natale a tutto il blog e…grazie ubaldo!

  8. gianni scrive:

    In risposta alla domanda che fai…. Ubaldo… in questo tuo ultimo intervento (riguardo al fatto “se tuo figlio ti chiede di andare ad una scuola più facile” ecc…) personalmente….probabilmente (in quanto non credo sia possibile generalizzare su questo tipo di situazioni)… mi comporterei come stai facendo tu.
    Nel mio primo intervento che ho inserito riguardo l’articolo del “bambino prodigio”…sempre a proposito dell’esempio di tuo figlio, …avevo detto che secondo me “rallentare” non significa rinunciare.
    Per “rallentare” intendevo …intendo… proprio quello che praticamente tu…mi sembra di capire…stai facendo con tuo figlio.
    Decidi… avete deciso in famiglia… di fare la scuola che avevate scelto a priori… lasci che tuo figlio si alleni al meglio…(in dei periodi più intensamente, in altri magari meno) e voi state “alla finestra” x vedere se a 18-19 anni può provarci veramente sul serio.
    Parlando di questo mi viene a mente per esempio Sanguinetti che mi sembra iniziò la carriera professionistica intorno ai 20-21 anni proprio perché prima aveva voluto concludere gli studi superiori.
    E’ chiaro però che se io sono un genitore di quei 100, 200, 500 (che citi nel tuo intervento) e paragono il rendimento di mio figlio con un suo pari età che “vive” come se fosse già un “quasi professionista”…allora tutto il ragionamento cade.

    Credo insomma che alla lunga,….dando x scontato che “chi qualche anno prima”, “chi qualche anno dopo” la preparazione fisica e tecnico-tattica “tutti” se la possono fare (con conseguenti o non conseguenti vittorie in età adolescenziale), …le qualità che ti permettono di sopravvivere nel circuito professionistico siano altre:…avere una consistente dose di autostima….avere un ottima capacità di affrontare gli ostacoli e le situazioni negative… saper assorbire al meglio gli stress….saper imparare dalle esperienze negative…sapersela “cavare” da solo nelle difficoltà…ecc…
    Queste qualità credo che un ragazzo le sviluppi al meglio facendo tantissime esperienze diverse tra loro sia nel tennis, sia al di fuori del tennis.

    Sul fatto delle varie “scelte” che una famiglia si trova a fare quando decide di avvicinarsi al tennis agonistico e poi dopo durante il “percorso”, è senza ombra di dubbio, facilissimo essere qui a parlarne e a scriverne, ma diventa sicuramente DIFFICILISSIMO…come dici tu,… nella pratica.

    Anch’io mi unisco ad “anto” e agli altri nel ringraziare Fulvio per tutto ciò che sta condividendo con noi sull’argomento.

  9. Ubaldo Scanagatta scrive:

    A Gianni, sempre acuto, dico solo che trovare buoni esempi di giocatori “arrivati” tardi non è facile. Penso a Gianluca Pozzi, che però ha rimpianto molto di non aver fatto certe scelte prima, penso allo stesso Sanguinetti che una volta mi ha detto “Ho perso del tempo andando all’università in America”. E riguardo a Davide, più che a Gianluca, va sottolineata ancora una volta la tranquillità economica assicuratagli dal padre, proprietariop di una industria grafica (e tipografica) molto bene avviata _ da lui si stampano i famosi registri Buffetti _ e capace di assicurare a Davide comunque un sereno futuro. Se da un lato chi ha più…fame, ha maggior stimoli per raggiungere più rapidamente certi risultati e traguardi (anche economici), dall’altro lato chi ha la serenità economica di un avvenire professionale comunque tranquillo, è un bel vantaggio in termini psicologici, di stress e quant’altro.

  10. Chris Lewis scrive:

    Hi Ubaldo,

    Just thought I’d stop by to wish you a Happy New Year. :-)

  11. Beppe scrive:

    Ho sempre avuto una grande stima di Chris Lewis. Arrivare alla finale di Wimbledon non è da tutti, se poi si perde dal Mc Enroe all’apice della carriera c’è poco da dire.
    Lewis ha dimostrato che con mezzi tecnici non eccezionali si possono ottenere grandi risultati. Nel lontano 1982 lo vidi allenarsi con Tony Roche a Cervia in occasione del match di Coppa Davis Italia - Nuova Zelanda, che perdemmo.
    Rimasi impressionato dall’intensità degli scambi. Roche, fermo a fondo campo, spostava Lewis da un angolo all’altro del campo con una precisione millimetrica, senza sosta. L’anno dopo, vedendo Lewis arrivare in finale a Wimbledon, pensai che fosse giusto così, che il lavoro paga!

  12. Ubaldo Scanagatta scrive:

    Many thanks to Chris for his best wishes and even more for his effort to open my web-site. I want warmly to reciprocate. I hope I ‘ll have soon a chance to meet you again after so many years. It is a pity you cannot read Italian because you could have undertood the nice things that this guy Beppe has written about you here above. May be Miguel Seabra, who is a careful reader (and blogger) of this blog and of the one of Peter Bodo, will be able to tell you.
    Otherwise eventually I have a very nice kiwi friend, 22 years old girl (and pretty! Do not know if you are still interested…ah ah), who was my guest au-pair in Florence and has been teaching English to my children. She is now in Auckland and she speaks fluent Italian.
    Down here I will remind your two wins in Davis Cup against our Barazzutti and Panatta (who were lucky beacuse those same days Italy won the World Soccer Cup, like this year, and so they were not crucified!)
    Ringrazio Beppe per il suo commento, anche perchè sebbene anch’io fossi a Cervia (ed era il weekend in cui l’Italia di Bearzot vinse il mondiale in Spagna) non mi ricordavo che al seguito dei kiwis ci fosse Tony Roche. Ora che me l’hai detto, invece, mi è tornato in mente. Mi ricordo anzi che qualcuno un po’ ironizzò: che ci farà un mancino per allenare Lewis e Russel Simpson (non era della famiglia dei cartoon, ma aveva un fratello, Jeff, che giocava anche lui) se gli azzurri non hanno neppure un mancino…?
    Andò a finire (nel dimenticatoio provocato dal 3-1 di Rossi. Tardelli e Altobelli) che Chris Lewis battè in 4 set Barazzutti nella prima giornata, perse il doppio 13-11 al quarto in coppia con Russel (che il giorno prima aveva battuto 6-2 al quinto un Panatta irriconoscibile, irrimediabilmente appesantito dai 32 anni e da 85 chili almeno) e dette tre set a zero con punteggio discendente (6-4,6-3,6-2) al povero Panatta. L’Italia perse 3-2 dalla Nuova Zelanda sulla terra rossa! Chissà se avessimo giocato sull’erba. Capito che scherzetto ci fece il buon Chris?

  13. Chris Lewis scrive:

    To Beppe: Even though I can’t read Italian, I would like to thank you for your kind words. Hopefully Miguel can provide an English transalation if he gets a chance.

    To Ubaldo: I would also like to catch up with you after all these years. I have very fond memories of the time I spent in Italy, particularly the Davis Cup tie against Adriano, Corrado & Paolo Bertolucci in Cervia in 1982. The day we (NZ) won was the same day that you guys won the World Cup, so the Italian people, like us, were in a celebratory mood that night. Which, as you point out, was lucky for Adriano and the Italian team as they escaped crucifixion, & lucky for us as we were able to take full advantage of the festivities on the street that night.

    Ubaldo, on another note, thanks for the info about your 22 yr old ex-au pair. However, I’m now married with three young children, and I live in Southern California, where I’m still heavily involved in tennis, otherwise…

  14. Beppe scrive:

    Proprio un bello scherzetto! Però avreste dovuto vedere l’allenamento degli azzurri…lasciamo perdere.
    Degli anni 80 ricordo anche l’australiano Pat Cash, che mi ha sempre entusiasmato per il coraggio in campo.
    Semifinalista a Wimbledon a 19 anni nell’84 sconfitto da Mc Enroe, vinse poi il torneo nell’87 battendo Lendl 3 set a zero giocando una partita fantastica, costantemente a rete.
    Lo stesso Lendl lo aveva battuto nella semifinale dell’US Open 84 annullando un match point.
    Direi quindi che anche Cash sia un bell’esempio di tenacia, purtroppo martoriato dal mal di schiena che ne ha condizionato la carriera.

  15. Ubaldo Scanagatta scrive:

    Hai visto Beppe che ti ha ringraziato Chris Lewis? Anche se non avrà capito tutto quel che hai scritto certo ha capito che erano complimenti! Mi fa piacere avere fatto da tramite, con questo blog, fra un campione e un suo tifoso.
    Hi Chris, I ‘ll give a call to my friend Paolo Bertolucci asking him to write something to you through my blog. I am sure he will do it and may be he will remember some stories between you and him.
    Paolo was my former double-partner…(and his father had been my coach during my summervacation in Forte dei Marmi, the beautiful place where still Paolo and Adriano live) and, believe it or not, we never lost when we both were juniors, winning three tournament out of three and more than that…I ‘ll never forget a 6-0 win in the fifth set against Crotta (davisCup player) and Fachini (former italian mixed and perhaps men doubles champion) in the national team championships back in 1973 or ‘74). It was a decisive rubber, Florence won 3-2 (the format was two men’s singles, for Florence the players were Bertolucci and Toci, a women’singles (played by Cecca Gordigiani, national champion in 1972), a mixed doubles played by Toci and Gobbò-Pennisi, plus a men’s doubles (the one Paolo and myself won).
    We reached than the semifinals where we lost to Canottieri Olona of Milan when Ion Tiriac and Giordano Majoli beat Toci and myself, while Paolo played the mixed doubles against Pericoli and Mulligan (or Tiriac…).
    If you were curious to know why Bertolucci and myself, though unbeaten, we never played together any more…the reason had a name: Adriano Panatta. Paolo understood that Adriano was a much better player than myself…and I cannot blame him for that. I may add only that when Paolo lost his first match with Adriano I teased him: “You see, with me you had never lost!”.
    I hope you forgive these memories of a shamateur like me, talking to a Wimbledon’s runner up like you…but I swear I have never taken myself too seriously as a tennis player. All the best again. Take careof your three children, and whenever you come across any of the Majors try to reach me in the press-room. It will not be difficult to find me( i am running towards the Australian Open and my 105th Grand Slam covered as a journalist. i ‘ll keep reading your notes through Peter Bodo’s web http://www.tennis.com
    ciao
    Ubaldo

  16. Beppe scrive:

    Mi ha fatto piacere, è stata una gradita sorpresa.
    Sono un farmacista appassionato di tennis e sci. Organizzo per passione conferenze sullo sport dove cerco di invitare personaggi che possono essere da esempio per i ragazzi.
    L’ultimo evento si è svolto a Vignola il 12ottobre scorso. Sono intervenuti Gustavo Thoeni e Kristian Ghedina.
    Con il tuo collega Angelo Costa abbiamo organizzato in passato eventi con Davide Cassani e Franco Ballerini.
    Ti ringrazio ancora Ubaldo, complimenti per i tuoi articoli che leggo sempre volentieri.

  17. Chris Lewis scrive:

    Hi Ubaldo,

    Thank you for your reply. I didn’t realise you were such a good player yourself. Guys like Vittorio Crotta & Toci were very good players. And Paolo, of course, was a huge talent.

    If you’re speaking to him, please say hi from me. Meanwhile, I’ll keep an eye on your blog. And have a great time down in Melbourne at the Australian Open.

  18. alessandro virgili scrive:

    Brevemente a proposito dell articolo sui Mc Enroes : quando si è ormai una leggenda anche la vita trascorsa assume i contorni di una leggenda! Come due vecchi amici , o anche avversari,che con in mano un calice di birra,ricordano sorridendo anche i momenti più duri o di contrasto avvenuti tra di loro…Ok, caro Ubaldo mi aggancio così per entrare nel tuo già cult-blog e dirti e dirvi che domenica 10 Giugno ,presso il tc CARRAIA a Firenze(si può consultare http://www.tenniscarraia.wordpress.com ) organizziamo la manifestazione ” Uno smash all’ epatite” a favore di Epac. Mi farà piacere che tu intervenga con i giocatori della tua famiglia,magari con una sfida padri figli tra di noi! Nell’ occasione presenterò il libro ” EPATITE C ,itinerario di una guarigione “,ed.Polistampa,in vendita in tutte le librerie di Firenze e d’Italia,in cui racconto la vicenda straordinaria della guarigione di mio cognato David e ci sono anche alcuni brevi accenni alla nostra vita tennistica.Questo libro ,che è anche una storia d’amore ,sta incontrando i favori dei lettori e l’editore,appassionato tennista ,padre di una ex ottima tennista,mi ha prenotato per scrivergli un libro sul tennis.Ci sto lavorando e ne parlerò il !0 di Giugno,con qualche anticipazione anche piccante ,perchè narrerò la ,spero per ora soltanto,prima parte della nostra saga familiare tennnistica,comprendente le varie vicissitudini e disavventure trascorse in questi ultimi anni dal povero ex fenomeno Adelchi,le cause di alcuni problemi insorti, gli incontri con personaggi del mondo tennistico che ricordano il gatto e la volpe e tante altre storie avvincenti e intriganti.Il tennis è un grande circo ,ci sono gli spettatori,i domatori,gli ipnotizzatori,i pagliacci e i trapezzisti come noi:ci piace volare,ma ogni tanto cadiamo e sbattiamo giù.Ci piacerebbe provare a dare emozioni a chi ama lo spettacolo tennis come noi,quanto meno potremo dire che ci abbiamo provato e un giorno sorriderci su come i mitici McEnroes!

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