La struttura delle rivoluzioni tennistiche
Borg sì, McEnroe no. Chi più fra Federer e Nadal? Agassi un “inventore”, Roddick l’ultimo…

 
31 Luglio 2009 Articolo di redazione
Author mug

Si può dire che l’evoluzione del tennis moderno sia avvenuta per balzi anzichè gradualmente? Attraverso “rivoluzioni” perpetrate da alcuni campioni che, interpretando il tennis in modo innovativo, hanno cambiato il modo di giocare per tutti.

Prima di tutto una premessa metodologica:
Che il gioco del tennis sia cambiato nel corso degli anni è tanto evidente quanto ovvio. E’ evidente come il cambio degli attrezzi abbia prodotto un cambio della velocità di gioco e del controllo della pallina. E’ evidente come il cambio delle superfici abbia portato i tennisti ad esprimere caratteristiche di gioco diverse. Tutti i sopracitati cambiamenti, così come altri non menzionati, vengono di fatto espressi nel gioco dei grandi campioni che incarnano la tipologia di tennis praticata nella loro epoca.
Si potrebbe, a ragione, argomentare come questi mutamenti di gioco, stile e caratteristiche siano avvenuti lentamente e gradualmente nella storia dello sport. Si potrebbe, per contro, argomentare anche come certi mutamenti siano avvenuti in modo repentino causando una piccola “rivoluzione” nel gioco che ha costretto tutti i tennisti, in un dato momento storico, ad adattarsi. Sostenendo questa seconda tesi vorremmo qui suggerire come alcuni mutamenti nella struttura del gioco siano avvenuti in concomitanza con l’avvento di alcuni campioni che hanno indossato, loro malgrado a volte, i panni dei “rivoluzionari”.

Una precisazione è tuttavia necessaria prima di passare a nomi ed esempi. Dovrebbe essere chiaro che in questo articolo si tratta di “filosofia del tennis” e quindi in gran parte di speculazione legata sì ai fatti ma anche alla personale sensibilità di chi scrive. L’analisi che segue è ovviamente una generalizzazione che esprime un modo di interpretare la storia. Quello che si va a proporre non ha quindi alcuna pretesa di verità, si tratta, bensì, di una chiave di lettura attraverso cui leggere l’evoluzione recente di questo sport. Quello che si va a proporre è pertanto lasciato al lettore come spunto di riflessione cui aderire o da cui discostarsi. Ognuno è ovviamente libero di dissentire o inquadrare la storia del tennis sotto un’altra prospettiva sebbene, a mio avviso, una teoria debba essere tanto più bene accetta quanto meglio è argomentata e quanto meglio riesce a spiegare i fatti che aspira ad inquadrare.

Infine è opportuno notare che, poichè la trattazione che segue si propone come una chiave interpretativa legata ai giocatori, necessariamente alcune considerazioni importanti riguardo ad attrezzi e superfici sono passate in secondo piano. Ciò non toglie che un differente approccio allo stesso tema possa porre in rilievo aspetti diversi delle “rivoluzioni tennistiche” (vengono in mente le ormai estinte racchette oversize di Michael Chang o i tappeti indoor dell’epoca di Goran Ivanisevic).

Di seguito ci limiteremo (vuoi per ragioni di spazio, vuoi per limitate competenze personali) ad analizzare gli ultimi trent’anni dell’era Open, cercando di scovare, nell’evoluzione del gioco dalla fine degli anni settanta ad oggi, i cambiamenti di paradigma che possano essere chiamati “rivoluzioni” ed i campioni che ne sono stati i fautori. Il procedimento adottato nel sostenere la presente chiave di lettura è quindi il seguente: Si sono scelti alcuni aspetti “tecnici” che hanno determinato un’evoluzione repentina nel gioco del tennis (questi sono, il top spin, la preparazione atletica, l’anticipo, la completezza nei colpi), si è cercato di legare tali mutamenti ad alcuni grandi campioni ed infine si è cercato di mostrare come tali mutamenti siano diventati parte integrante del bagaglio dei tennisti professionisti delle epoche successive. Ma veniamo ora a nomi, esempi ed argomentazioni.

Il top spin:
Il primo nome che sorge all’orizzonte pensando a come è cambiato il modo di giocare a tennis dagli anni settanta ad oggi è quello ovvio di Bjorn Borg. Bjorn Borg è la rotazione in top spin. Questo non significa che la rotazione in top non esistesse prima di Borg, ma è universalmente riconosciuto che il modo in cui lo svedese la incluse nel suo gioco di regolarità e rotazioni cambiò definitivamente la faccia del tennis. Dopo l’avvento di Borg chiunque giocasse a tennis non poteva più permettersi di prescindere dalle rotazioni in top spin sia che le producesse in forma di passanti o che le subisse dopo una discesa a rete. Il tennis di Borg generò una caterva di emulatori per il semplice fatto che era efficace e vincente contro i tennisti di vecchia generazione. Il paradigma precedente fu quindi rivoluzionato dall’avvento di Bjorn Borg e chi non fu capace di adattarsi dovette rassegnarsi alle sconfitte. Jimmy Connors ad esempio, che con Borg condivise parte della carriera ma che era arrivato al vertice prima, subì il cambio di paradigma, insieme a dieci sconfitte consecutive. Qualsiasi giocatore di oggi, sia esso Federer o Nadal (fatta eccezione forse per Santoro) porta nel suo gioco l’eredità di Bjorn Borg.
La nemesi di Borg fu John McEnroe. Supermac, che pure era giocatore dalle caratteristiche opposte a quelle dello svedese raggiunse il vertice quando il tennis di Borg cominciava già ad essere assorbito ed ebbe la capacità di adattarsi e batterlo ripetutamente. Nei confronti diretti rimasero 7-7 ma dopo la storica finale di Wimbledon vinta da Borg nel 1980 McEnroe sconfisse il rivale a New York lo stesso anno ed a Wimbledon e New York l’anno seguente diventando probabilmente una delle cause del precoce ritiro dell’orso. Si può solo speculare su come sarebbero stati i confronti se lo svedese avesse continuato a giocare.

La preparazione atletica:
La seconda “rivoluzione” che andiamo a considerare è rappresentata da Ivan Lendl. Ivan Lendl è la preparazione atletica. L’ascesa di Ivan coincise con la discesa di John McEnroe, che nella preparazione atletica non aveva esattamente il suo punto di forza. Dopo l’avvento di Lendl qualsiasi giocatore (nonostante il talento e il tocco che potesse avere) non potè più prescindere dalla necessaria attenzione da rivolgere all’aspetto fisico ed ancora una volta questo fatto è limpidamente riflesso nel tennis contemporaneo. Il preparatore atletico è ormai una figura fondamentale nell’entourage di un giocatore di tennis, insieme a massaggiatore ed eventuali altri esperti in grado di aiutare un atleta a dare il meglio in uno sport sempre più fisico. Lendl poneva un’attenzione maniacale ai dettagli ed era un perfezionista in ogni aspetto dell’attività professionistica, dalla dieta all’allenamento. Lendl fu il primo a praticare un approccio scientifico alla costruzione di un atleta. Le 19 finali in tornei del grande Slam di Ivan furono possibili anche grazie al fatto che lui arrivava agli appuntamenti importanti sempre nel miglior stato di forma.
La sua nemesi Ivan la trovò su una superficie prima ancora che in un giocatore. Infatti, nonostante un’ossessione che lo spinse a diventare financo giocatore di servizio e volè, Lendl non riuscì mai a sollevare il trofeo di Wimbledon. Nonostante 2 finali e 3 semifinali consecutive tra il 1986 ed il 1990 (oltre a due altre semifinali nel 1983 e 1984) i suoi sogni si infransero contro gli attaccanti, più giovani, che erano emersi negli anni ottanta. Vale a dire Boris Becker, Pat Cash e Stefan Edberg.
Tuttavia il gioco di pressione da fondo, l’attenzione alla preparazione fisica e l’ossessione a diventare competitivo su ogni superficie migliorando i colpi più deboli fanno di Ivan Lendl uno dei padri del tennis moderno (giusto en passant, domandatevi chi è stato il primo tennista a girare attorno alla palla per colpire il diritto ad uscire dalla posizione del rovescio).

Attacanti da fondo:
Parlando di attaccanti da fondo si potrebbe sostenere che questa categoria di tennisti comparve con Connors e Lendl stesso ma è anche vero che fu con Agassi che la vera rivoluzione si concretizzò. Giocando d’anticipo, colpendo la palla sempre nella fase ascendente, tenendo i piedi ben piantati sulla riga di fondo, con aperture minime ed il volto sempre rivolto verso la rete. Quello di Andrè era un tennis che non si era mai visto prima. Dopo di allora però questo modo di impostare il gioco (a parte la personalissima apertura che aveva Agassi) è diventato quasi la norma. E’ vero che c’era già la scuola di Nick Bollettieri che preparava una schiera di copitori da fondo capaci di improvvise accelerazioni, ma Agassi fu il primo a giocare con i piedi costantemente sulla riga di fondo cercando costantemente il vincente sia col diritto che col rovescio. Aperture minime e impatto frontale che facevano storcere il naso ai puristi.Pensiamo ancora a Nadal. Per vincere anche sul cemento Nadal ha dovuto imparare a fare due passi avanti e colpire la palla in anticipo. Col gioco che aveva quando iniziò la carriera non avrebbe mai potuto sperare di vincere gli Open d’Australia.
La rivoluzione perpetrata da Agassi però non lo vide mai dominare il tennis un po’ per limiti caratteriali che il campione di Las Vegas superò completamente solo una volta superati i 28 anni quando trovò finalmente una certa serenità interiore, un po’ per la presenza di un altro giocatore, di stile un po’ meno innovativo, ma dal talento e dalla potenza indiscutibili che risponde al nome di Pete Sampras.
La nemesi di Agassi fu proprio Pete Sampras, suo coetaneo che nei confronti diretti lo sopravanzò 20 a 14 (6 a 3 negli slam con Sampras vittorioso 4 volte a New York e 2 a Londra mentre Andrè prevalse 1 volta a Parigi e 2 a Melbourne) e lo battè per ben tre volte in finale all’US Open.
La rivoluzione causata dal gioco di Andrè Agassi è pertanto un po’ anomala in quanto maturata in un contesto dove già molti tennisti cominciavano a giocare in modo simile e poichè non gli permise un periodo di supremazia prima che gli avversari si adattassero. Infatti il suo più diretto avversario era già equipaggiato con le opportune contromisure (i potentissimi servizio e diritto), ma se guardiamo il tennis giocato di oggi l’eredità di Agassi è in qualche misura più presente di quella di Sampras.

Completezza:
Roger Federer, ovvero della completezza e del gioco di gambe. In Federer si sono realizzate le premesse che l’evoluzione del gioco aveva messo in mostra negli anni precedenti, tra la fine del regno di Pete Sampras ed il 2004. Molti giocatori avevano già fatto della mobilità un punto di forza (si pensi su tutti a Lleyton Hewitt). Nello stesso periodo, con l’uniformarsi delle superfici ed il gioco sempre più impostato da fondo campo, avere uno dei due fondamentali debole o una volè (usata per chiudere il punto dopo aver sfondato da fondo) deficitaria stava diventando un handicap capace di precludere una carriera al vertice (Andy Roddick è forse stato l’ultimo campione a vincere uno slam avendo un fondamentale, il rovescio, nettamente inferiore all’altro). Roger Federer, nato come giocatore d’attacco, è stato capace di adattare il suo gioco alle nuove esigenze ed a costruirsi una completezza senza precedenti.
Roddick, col suo gioco basato su servizio e dritto ma vulnerabile dal lato del rovescio, rappresenta invece un tipo di tennis della vecchia scuola, ad oggi totalmente superata. Federer è stato capace di dominare il tennis per oltre un quadriennio per due motivi soprattutto: 1) per la sua capacità di colpire in condizioni ottimali anche quando costretto in difesa. 2) per la sua mancanza di punti deboli. Queste due caratteristiche riassumono esaustivamnete il tennis moderno. Se ogni giocatore è in grado di chiudere il punto quando ha sulla racchetta la palla giusta diventa fondamentale essere il primo ad avere l’occasione è ciò si ottiene prendendo l’iniziativa e non avendo un colpo più debole. In quest’ottica le due caratteristiche fondamentali del campione moderno sono completezze e mobilità.

Nadal prima e poi Murray e Djokovic, per tenere il livello imposto da Federer sono stati costretti a lavorare su aspetti quali servizio, volè, tenuta fisica e mobilità (notate quante volte le parole “gioco di gambe” ricorrono nelle interviste dei top players di oggi) ed è facile intuire come essi possano essere solo i precursori di una schiera di tennisti dalle caratteristiche simili.
In quest’ottica si spiega anche come mai i giocatori della generazione di Federer, cioè i vari Hewitt, Roddick e Safin così spesso citati, non abbiano saputo tener testa al cambio di marcia effettuato dallo svizzero nel 2004, mentre i giocatori di una generazione più giovane si siano adattati meglio.
Roddick, come si è già detto, appartiene ad una scuola ormai estinta. Hewitt possedeva il gioco di gambe ma non la capacità di chiudere i punti, Safin, per contro, era in grado di tirare vincenti incredibili col dritto e col rovescio ma solo quando colpiva in condizioni ottimali.
Questa convergenza di fattori è una delle ragioni che hanno fatto di Federer un tennista così vincente e la rivoluzione da lui incarnata non è dovuta al pur enorme talento bensì alla capacità che ha avuto di comprendere lo zeitgeist del tennis di un’epoca ed incarnarlo in tutti i suoi aspetti.
Dovendo infine parlare di nemesi, quella di Federer è notoriamente Nadal. Lo spagnolo infatti non nasce come un giocatore moderno ma come un regolarista, veloce e potente, ma pur sempre regolarista da fondo. Più giovane dello svizzero di cinque anni Nadal è cresciuto tennisticamente con la consapevolezza di cosa avrebbe dovuto affrontare. Pertanto grazie ad una volontà di ferro ed un’incredibile abnegazione è stato capace di colmare tutti i gap e costruirsi tennista completo migliorando il servizio, il gioco di volo e l’anticipo in modo da diventare competitivo su ogni superficie.
Volendo azzardare un parallelo il confronto tra Federer e Nadal ricorda un po’ quello tra Lendl e Wilander. Wilander, tennista della scuola di Borg, che stava venendo superata dal gioco più potente di Ivan Lendl, grazie alla tenacia ed alla capacità di migliorarsi seppe prima tenere testa al ceco e poi superarlo, nel 1988, al termine di un annata incredibile in cui vinse 3 slam e divenne numero uno al mondo. Il calo di motivazioni seguito al raggiungimento della prima posizione segnò però la fine della carriera dello svedese. Ci auguriamo che Nadal sappia invece restare al vertice a lungo.
Resta poi da vedere se il cambiamento impresso da Federer al gioco del tennis rimarrà permanente o scomparirà quando lo svizzero smetterà di giocare ai massimi livelli. Non è difficile immaginare infatti che i vari Nadal, Murray e Djokovic, senza Federer al top avrebbero vinto molto di più senza esser costretti a migliorare il loro gioco come hanno invece fatto negli ultimi anni.

Abbiamo dimeticato qualcosa? Sicuramente ci sono aspetti del gioco che sono cambiati senza però essere inquadrabili nella prospettiva presentata sopra. Se vogliamo individuarne due molto appariscenti potremmo pensare al rovescio a due mani ed all’incidenza del servizio. Il rovescio a due mani raggiunse il tennis di vertice con Jimmy Connors. Mentre oggi Roger Federer è l’unico dei top player a giocare il rovescio ad una mano. Il servizio divenne un colpo con cui fare punti solo negli anni ottanta. Prima fu la volta di Boris Becker, che comunque nei primi anni non metteva a segno così tanti ace, poi vennero Goran Ivanisevic e Pete Sampras. E’ vero che anche prima di allora ci furono giocatori dal servizio potente capaci di fare molti ace ma si trattava di eccezioni e per i top player il servizio rappresentava tutt’al più un arma ulteriore. Dalla fine degli anni ottanta invece il servizio è diventato un colpo fondamentale per raggiungere il vertice ed anche oggi, che il gioco è rallentatato a causa delle superfici, giocatori come Rafa Nadal devono lavorare moltissimo per avere un servizio all’altezza del resto del loro repertorio, cosa che anche solo vent’anni fa non accadeva.

E che dire infine di chi non è stato considerato? Ci sono giocatori che, pur essendo stati grandi campioni, non hanno rivoluzionato il modo di giocare a tennis. Ad esempio, John McEnroe non può rappresentare una rivoluzione poichè il suo gioco non ha condizionato l’evoluzione dello sport per le generazioni successive, pur essendo geniale, era tanto personale da non essere trasmissibile. Per intenderci, se è possibile mostrare ad un allievo il top spin di Bjorn Borg ed insegnargli come farlo non è possibile fare altrettanto con la volè di John McEnroe. E’ però interessante vedere come McEnroe si inquadra all’interno di due rivoluzioni. SuperMac arrivò al vertice dopo Borg e fu infatti uno degli artefici della resa dell’orso svedese, mentre soffrì invece moltissimo Ivan Lendl, il quale gli portò via la finale del Roland Garros nel 1984 e che nei confronti diretti lo sopravanzava 21 a 15 (ma se mettiamo tra parentesi l’anno mirabilis di Supermac, il 1984 appunto, Lendl conduce 20 a 9). Recentemente è stato lo stesso McEnroe a sostenere che avrebbe vinto molto di più se soltanto avesse avuto una migliore attitudine all’allenamento. Noi, alla luce di quanto scritto sopra, ci permettiamo di aggiungere che se questa pigrizia era perdonabile nel 1980 non lo era già più cinque anni dopo.

Daniele Malafarina

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31 Commenti a “La struttura delle rivoluzioni tennistiche
Borg sì, McEnroe no. Chi più fra Federer e Nadal? Agassi un “inventore”, Roddick l’ultimo…”

  1. correnelvento scrive:

    Articolo interessante nel “confezionamento” ma , a mio parere, leggermente “forzato”. Alcune considerazioni opinabili. 1) Il primo ad usare il top spin sistematico ed esasperato non fu Borg, ma Vilas. 2) Lo stesso Vilas fu il primo a curare in modo estremo la preparazione fisico-atletica (arrivava a 8 ore di training al giorno). 3) Non fu un giocatore (Becker) a portare il servizio potente nel tennis, ma l’aumentata statura e forza derivante dalla preparazione fisica dei giocatori, tra l’altro il primo a servire e impostare il gioco su di un servizio potentissimo fu Tanner. 4) Federer, pur nella sua grandezza, non ha portato innovazioni nel tennis, è semplicemente un giocatore dotato di talento smisurato, unito ad una reattività e coordinazione fuori dal comune. Il suo rovescio, inltre, non è mai stato un’arma, anzi spesso causa delle sue (poche) sconfitte. In conclusione vorrei sottolineare, come giustamente ha premesso l’autore dell’articolo, che le mie sono opinioni personali, e non dimostrabili in modo oggettivo. Ma non è questo il bello dello sport “parlato”? Un saluto a tutti.

  2. drein scrive:

    Daniele, sul serio, tu non scrivi articoli, tu scrivi capolavori. E’ gia’ la seconda volta che leggo un tuo articolo e mi dico, speriamo che non finisca, è fatto troppo bene. So che si sarebbe preferito un commento tennistico, ma in questo momento mi sentivo di scrivere questo. Grazie.

  3. Margherita scrive:

    ottimo articolo Daniele

  4. zio tony scrive:

    credo fortemente nell’evoluzione degli stili in tutti gli sport e condivido pienamente che alcuni atleti siano i fautori dello step, del passaggio a qualcosa di + performante.
    La bellezza dello sport è proprio questa, cercare sempre di andare oltre.
    mi permetto di dissentire sulle valutazioni federer-nadal: in realtà il primo è molto più conservatore e regolarista del secondo; forse più gradevole esteticamente secondo i normali canoni della tradizione tecnica ma per niente innovatore.
    Rafa con la sua presa e l’intero movimento del dritto esasperato (basta pensare al finale con spazzolata sopra la testa) ha introdotto un movimento equiparabile ad un cassina2, unico nel suo genere.
    Se un bestione come del potro riuscisse anche solo parzialmente ad imitarlo diventerebbe una palla ingiocabile per chiunque.
    roger è sicuramente un campione completissimo ma non ha portato niente di nuovo allo stile, lui applica con maestria e perfezione stili vecchi, è un antiqum insomma.
    complimenti a daniele per l’ottimo articolo.
    saluti.

  5. Giornalistaa scrive:

    Articolo ben impostato e ricco di spunti tecnici. Su una sola cosa è inciampato Daniele: che c’entra la rivalità Federer-Nadal con quella Lendl-Wilander? Se possiamo assimilare il maiorchino con lo svedese, non vedo parentele tra Roger e Lendl, sopratutto tecniche. Mi pare più calzante la rivalità tra Connors, se non dal punto di vista tecnico almeno quello mentale, con Borg, con Jimbo che era n. 1 da anni, ma dal 77 in poi cominciò a soffrire le arrotature dello svedese, lui che giocava piatto senza ombra di spin. E attenti che noi europei siamo portati a considerare Borg come n.1 deglia nni 70 per le vittorie a RG e Wimbledon, ma le cose non stanno esattamente così. In quegli anni i big non giocavano in Australia, quindi il primato lo si giocava nei 3 slam rimanenti. E Jimbo, in Francia, dopo le vaccate del 1974, non ci andò, offeso, per anni, fino al 79. Certo gli assenti hanno sempre torto (vedi Rafa quest’anno a Wimbledon), ma sui rimanenti due slam, Wimbledon e US open, il confronto era alla pari. Solo che nella ns memoria, a differenza ovvio degli americani, lo US open trova sempre poco spazio, prova ne sia che Roger viene incensato a manetta per i 6 Wimledon, e molto meno per i 5 US opena consecutivi!!!

  6. Roberto Commentucci scrive:

    Caro Daniele, il tuo coraggioso articolo, oltre ad essere scritto molto bene, ha a mio avviso un gran merito: la capacità di suscitare il dibattito.

    Devo dire che anch’io ho trovato leggermente troppo “assolute” alcune tue considerazioni, e condivido quasi tutte le considerazioni di correnelvento.

    Lasciami dire che il servizio è sempre stato un colpo determinante, nel tennis maschile, anche prima dell’inizio dell’era Open, anche con le racchette di legno, ben prima di Sampras e Ivanisevic. Prima di loro, John McEnroe e Ivan Lendl avevano un grandissimo servizio, e prima ancora servivano benissimo anche tutti i grandi australiani, e anche alcuni ottimi giocatori di terra battuta, come Panatta o Victor Pecci. Solo che il servizio veniva usato diversamente: non tanto e non solo per ottenere aces, ma soprattutto per prendere la rete e chiudere al volo. In ogni caso, ottenere dei break era arduo quanto lo è oggi.
    Inoltre, non è del tutto vero che Lendl è stato il primo a girare intorno alla palla con il diritto: iniziarono a farlo già i grandi regolaristi degli anni ‘70, Borg e Vilas. Lo faceva benissimo Josè Luis Clerc. E soprattutto, la ricerca del killer forehand venne studiata nei dettagli, a cominciare dal movimento dei piedi, nella scuola di Bradenton, che sfornò i primi attaccanti da fondo campo prodotti in serie: Jimmy Arias, Aaron Krickstein, tennisti dal diritto potentisssimo, fino ai meglio riusciti esemplari Courier e Agassi.
    Agassi è tuttavia un unicum: univa alla tecnica Bollettieri alcune sue qualità innate (anticipo, geometria, reattività e timing) che gli consentivano di comandare il gioco contro gente più potente e muscolosa. E quelle qualità innate potevano essere molto vicine a quelle di Jimmy Connors, sebbene l’impostazione tecnica del Kid di Las Vegas fosse diversa.
    D’accordo sul fatto che la parola d’ordine dell’ultimo decennio sia “completezza”, ma non credo nemmeno io che Roger possa esserne considerato il simbolo migliore. Credo che il tennista tecnicamente più moderno e completo nel tennis odierno (non ho detto il più forte, attenzione!) sia invece Andy Murray, cui forse manca solo qualcosa dal lato del diritto (specie contro gli alti rimbalzi sul rosso), ma che possiede per il resto il repertorio tecnico potenzialmente più completo fra i tennisti in circolazione (che poi spesso tatticamente ne faccia un uso troppo difensivo, è un altro discorso).

    In conclusione, mio avviso i giocatori, con le loro caratteristiche più o meno innovative, costituiscono solo la “punta di diamante” dello stato di avanzamento della tecnica, della biomeccanica e della preparazione fisica.
    Intendo dire che in generale i tennisti si inseriscono in filoni di sviluppo e in “scuole” abbastanza ben riconoscibili, e ben raramente le innovazioni che essi portano vengono “per caso”.
    Esse dipendono sempre dalla capacità dei loro tecnici di creare tennisti in grado di risolvere al meglio i problemi, sempre diversi ma in fondo sempre uguali, posti dallo sviluppo della tecnica, delle superfici, dei materiali.

    Oggi per esempio possiamo dire che la comparsa degli attaccanti da fondo campo si è rivelata una innovazione molto più duratura di quella che aveva portato, alla metà degli anni ‘70, alla comparsa dei regolaristi tutti gambe e top spin. Insomma, oggi tutti cercano di emulare il diritto di Krickstein, mentre nessuno può più essere competitivo colpendo il diritto come Borg e Vilas.
    E ciò perché il gioco dei primi attaccanti da fondo fu permesso da una modifica permanente delle prese, dei gesti, della tecnica di esecuzione, che ha consentito di massimizzare il rendimento delle nuove racchette.

    Quella è stata la rivoluzione più importante della storia del tennis: la creazione di un nuovo modo di eseguire i colpi fondamentali. Ed è avvenuta tra l’inizio e la metà degli anni ‘80.
    Quello fu il più importante “salto”, la più forte discontinuità nella storia del tennis. Che per il resto, prima e dopo, ha vissuto di un cammino di sviluppo piuttosto costante.

    Bravo, Daniele.

  7. Stefano Grazia scrive:

    Bud Collins una volta scrisse un articolo, tanti anni fa, in cui asseriva che il tennis verra’ diviso come Before Andre Agassi e After. Perche’ la grande rivoluzione di Andre Agassi e’ stata quella di portare, col suo modo scintillante di giocare,di comportarsi e di vestire, il tennis nelle strade… E’ stato Andre Agassi a trasmutare definitivamente il tennis dai Gesti Bianchi ai Nostri Tempi (e puo’ darsi che sia per questo che a Clerici non e’ mai completamente piaciuto, se non nella sua versione finale e piu’ matura). Onestamente senza un Andre Agassi non so se mi sarei avvicinato cosi’ tanto al tennis che pure con le presenze di Jimbo e Mac mi era sempre sembrato uno sport per fighetti aristocratici e comunque distanti, da country club…Uno sport comunque settario, che attirava l’attenzione solo dei figli dei ricchi (un po’ come oggi il golf…). Anche i figli dei poveri (o dei maestri o dei custodi) che vi si avvicinavano lo facevano per entrare in un mondo esclusivo, quello dei country club, dei casno, delle giacche col papillon…Fu Agassi a portare il tennis nelle strade e ad attirare l’attenzione dei ragazzacci che prima facevano surf, skate e tutti quegli sports da strada… Magari e’ solo una falsa percezione,la mia, ma fu davvero Agassi il piu’ grande rivoluzionario del tennis (E non dimentichiamo che le swing volley in pratica le ha inventate lui…)

  8. TIZIANO scrive:

    Per forza J McEnroe non può essere considerato un rivoluzionario che ha fatto scuola e proseliti. I suoi colpi erano semplicemente unici, inimitabili. Un genio non può essere copiato.

  9. correnelvento scrive:

    @Commentucci_______ Roberto, ti ringrazio per il fatto che condividi gran parte di ciò che ho scritto, e mi complimento per la tua analisi…come sempre efficace. Eccellente lo spunto su Kriekstein (che la maggior parte degli utenti, per questioni anagrafiche probabilmente non conosce), a cui non avevo mai pensato…effettivamente il primo a giocare il dritto con l’ “anticipo d’anca”. Rinnovando i più sinceri complimenti per la tua invidiabilissima preparazione storico-tecnica, mi auguro di leggerti presto. buon tennis, scritto… e naturalmente giocato! Giovanni.

  10. chloe de lissier scrive:

    leggo considerazioni interessanti a un ottimo articolo. il fatto è che in qualsiasi sport (basta rivedere i filmati) il miglioramento è legato ad un unico fattore: la velocità d’esecuzione. i fondamentali tecnici di qualsiasi attività sportiva rimangono sostanzialmente immutati dall’epoca in cui i primi fuoriclasse hanno stabilito le regole di base: come si stoppa o si colpisce il pallone nel calcio; come si portano i colpi nel pugilato e nelle discipline di contatto, scherma compresa; come deve essere posizionato il corpo e come si eseguono le falcate nell’atletica leggera; quali sono i movimenti più corretti e redditizi nel tennis.
    alfredo di stefano e puskas avevavo una tecnica comparabile a quella di pelé e maradona; ray sugar robinson possedeva un bagaglio di colpi certo non inferiore a quello di muhammed ali o una capacità difensiva simile a quella di mike tyson; rod laver non era tecnicamente inferiore a nessuno dei tennisti che sono venuti successivamente.
    ciò che fa la differenza, quello che ci fa apparire puskas un paralitico rispetto a maradona, o robinson prevedibile rispetto a tyson, o ancora laver un gentleman di campagna rispetto a borg è soltanto il fatto che quando ti muovi sempre alla stessa velocità, prima o poi ti prendono le misure e i valori si livellano. allora cambiano i sistemi di allenamento, oppure i materiali, o entrambe le cose. e quello che fa la differenza è anche in questo caso la velocità: quella di adattamento allo stile di comportamento necessario e alle innovazioni tecnologiche.
    agassi è stato il primo tennista con un atteggiamento esistenziale diverso, ma nel tennis giocato ci sono stati diversi altri capaci come lui di adattarsi rapidamente a uno stile più veloce e più potente. federer non gioca tecnicamente meglio di laver, ma è molto più veloce fisicamente e mentalmente. lo stesso fenomeno nadal nasce dall’esasperazione della rapidità e della potenza complessiva di azione.
    la regola di lavoisier vale sempre, insomma: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.

  11. BB 1980 scrive:

    Veramente un gran peccato la totale assenza di regolamentazione degli attrezzi nella seconda metà degli anni 70; sono saltati tutti i ragionevoli parametri di valutazione dell’evoluzione / involuzione del tennis.
    Chiaro che i tradizionali attrezzi da 67″ premiavano grandemente l’attitudine alla disciplina, ovvero il talento. McEnroe docet.

  12. BB 1980 scrive:

    P.S.
    ‘Sta storia del ritiro di Borg causato da McEnroe è - e sempre sarà - una str…………..bella e buona.
    Mac era in circolazione da tempo, e negli scontri diretti era in vantaggio fino ad aprile 1979.
    Poi l’Orso cambiò marcia e fino a febbraio 1981 gli altri giocatori - incluso Mac - avevano chances unicamente per la seconda piazza del ranking.
    Dimentichiamoci la finale degli Us Open 1980 per cortesia !!!!!!!!!!!!!!!!!!!

  13. Renée scrive:

    L’articolo è talmente interessante, ben scritto e completo, e buona parte dei commenti sono talmente altrettanto interessanti e completi che quasi “mi vergogno” un po’ - nella mia assoluta atecnicità ed ignoranza - ad aggiungere la mia opinione.
    In realtà, per motivi anagrafici e non solo ricordo poco di Borg dal punto di vista tecnico. Mi torna solo alla mente che i miei fratelli maggiori parlavano sempre di lui come di una specie di “mostro di forza ed agonismo”.
    Poi ho cominciato ad appassionarmi al tennis più che per la tecnica per quello che mi trasmette: lo trovo uno sport- gioco- spettacolo affascinante come nessuno, sia da giocare che da guardare, così completo di forza fisica, velocità, intelligenza tattica, capacità di concentrazione ed implicazioni psicologiche. Uno sport dove il punteggio sembrerebbe premiare il più forte (devi vincere due giochi in più per vincere un set e almeno due sets per vincere un incontro), ma dove puoi perdere avendo conquistato più punti e dove più che altrove si vede Davide vincere contro Golia.
    Tutta questa premessa per dire che, prescindendo dalle ragioni tecniche, io posso parlare di quella che è stata una percezione a livello più sociologico della “rivoluzione” del tennis e del suo mondo (intesa come “vedere il tennis sotto un punto di vista totalmente diverso”).
    E questa rivoluzione l’ho percepita solo in due casi, entrambi citati dal post e da molti commenti: Lendl e Agassi.
    Il primo perchè ha immediatamente dato l’impressione di essere davvero intelligente, uno che pensava profondamente ogni gesto. Niente di istintivo, solo costruzione oltre che fisica soprattutto mentale. Lendl che si faceva prendere in giro quanto era maniacale (una volta ha fatto interrompere un punto perchè c’era un cuscino messo male su di una sedia in prima fila), che per primo ha cominciato a curare il dettaglio di cambiare la racchetta al cambio delle palle, che dava davvero l’immagine del “professionista”.
    Agassi è stato il vero innovatore, la vera rottura di tutti gli schemi. Appena arrivato alla ribalta tutti già parlavano di lui, non era neppure importante quanto vincesse. Dava l’idea di uno che “non puoi giocarci contro” (testualmente Adriano Panatta quando lo ha commentato in TV per la prima volta nel 1988): in campo c’era solo lui, o ingiocabile o distratto, ma annullava la presenza dell’avversario anche quando ci perdeva (almeno, io avevo questa impressione).
    Lendl ha dato per primo (e secondo me unico) la sensazione di “cogito, ergo vinco a tennis”
    Agassi è stato il vero ragazzino strafottente nei modi (non maleducato alla Connors o isterico alla Macenroe), che dice “io gioco come mi pare, non mi interessa nemmeno tanto vincere, ma fare a modo mio”.

    Per quanto siano personaggi affascinanti e, pure diversamente, estremamente talentuosi ed ammirevoli, Roger e Rafa non hanno nemmeno un briciolo della “rivoluzionarietà” dei citati predecessori.
    Anzi, Federer viene spesso definito dai fans (e non solo) come l’incarnazione del tennis, e dunque non sembra aver inventato nulla ma piuttosto portato al sublime qualcosa che esiste da sempre.
    Nadal, più che rivoluzionario, sembra il frutto di grande attenzione, di un lavoro di studio a tavolino e di lavoro fisico che gli ha permesso di ottenere il meglio in ogni circostanza: concepito (e da altri più che da sè stesso) per diventare una macchina da vittoria. Una evoluzione di Lendl, forse, cui lo spagnolo aggiunge una apparente maggiore semplicità, ma certo nulla di rivoluzionario nel senso vero del termine.

    Infine, penso che tutti quelli che sono - per ragioni diverse - entrati nella storia di questo meraviglioso sport, hanno probabilmente apportato qualcosa di unico, nuovo e foriero di emulatori.
    Ma i rivoluzionari veri, a mio modestissimo parere, sono stati solo Lendl e Agassi.

  14. Ubaldo Scanagatta scrive:

    Chloe non ho capito soltanto il paragone tra le virtù difensive di Sugar ray Robinson e Myke Tyson. Che volevi dire?

  15. IntrepidShot scrive:

    Gran bell’articolo!!
    Anche i colpi di Nadal non si imparano agli allievi.
    Le rivoluzioni ci sono sempre state e magari la prossima la porterà Murray?

  16. federico scrive:

    Scusa BB1980 ma basta che ti sforzi un pò con la memoria per ricordare che Mac ha sconfitto Borg negli ultimi 3 scontri diretti, e, scusa se poco, 2 dei quali a Wimbledon e all’Us Open. Inoltre Mac ha vinto le ultime tre finali di Slam con il tuo Orso. Dire che non lo aveva surclassato nell’ultimo periodo è troppo. Anche per te. Lo deve avere ammesso anche l’Orso comunque.

  17. Marcelus Edberg Wallace scrive:

    Mac, Becker, Edberg (e poi, sia pure di minore spessore, Rafter)…che bisogno c’era di inventare? Pur non inventando, pur non innovando, era il tennis più bello da vedere di sempre. Parere personale, s’intende.
    Oggi si gioca il tennis di Andre Agassi, avvicinabile e superabile nel 2000 da molti giocatori (anche non talentuosi come lui) grazie ad attrezzi superlativi: comunque Andre ventenne vincerebbe anche oggi senza alcun problema di adattamento al gioco.
    Borg è stato l’ultimo innovatore (o perfezionatore, se proprio volete) di gioco costretto a fare i conti col tennis classico, costretto cioè a venire a rete con regolarità per poter vincere Wimbledon. Niente male davvero.
    Oggi non ci sono grandi innovatori.
    Federer ha trovato il modo di giocare il tennis “più classico possibile” dominando le velocità di palla dei post-agassiani, rese sempre più elevate da attrezzi e superpreparazione fisica. E’ l’attuale baluardo contro le “evoluzioni” (involuzioni?) dell’omologatissimo tennis del 2000. Anche il suo tennis, rispetto agli inizi, si è parzialmente omologato (sempre meno volley e superpreparazione fisica), ma almeno ha ancora un piatto da 90, rielabora i colpi, crea angoli e tira passanti in controbalzo.
    Nadal invece è risuscito a combinare la varietà naturale del mancino con il tennis di Agassi nei colpi di inizio gioco e le rotazioni del tennis “alla spagnola”, il tutto anche giocando metà partita a tre metri dietro la riga di fondo (il che è davvero straordinario): senza l’evoluzione tecnologica, il suo tennis non esisterebbe, ma senza il suo fisico, e il suo studio delle rotazioni, quei colpi lì non arriverebbero alla riga del servizio.
    Non mi sembra che i nuovi arrivati stiano sviluppando nuove tendenze per il tennis che verrà. Nè i produttori, peraltro.

  18. mirco 73 scrive:

    Articolo veramente godibile, tecnico e ben scritto. Purtroppo non ho memoria di molti giocatori del passato quindi il mio giudizio può risultare parziale. Condivido molti dei post letti fino ad ora (correnelnto, Commenticci , Chloe de Lissier, renèe).
    Da quello che ricordo io , Agassi ha veramente rappresentato uno spartiacque tra il tennis giocato alla vecchia maniera e un tennis più moderno e solido, fatto di anticipi pazzeschi che ha letteralmente spiazzato tutti gli addetti ai lavori e il grande pubblico soprattutto per il personaggio che incarnava. Un giocatore del genere ha sicurmente creato un business e una popolarità di questo sport fino ad allora sconosciuti. Non penso che nessun altro dei grandi tennisti sopracitati abbia avuto il merito di fare quel salto di cui è stato capace Agassi. Per quanto concerne la preparazione atletica penso sia stata più graduale e coincidente in molti sport. Nuove metodologie di allenamento e di alimentazione sono forse da associare più alla parte tecnica come cambio di materiali e superfici che a un singolo giocatore. Per Lendl parlerei più di “primo giocatore professionista”disposto a fare grandi sacrifici e tutto il necessario per il raggiungimento del risultato in maniera maniacale e assoluta.
    Associare Federer alla “completezza” non mi sembra un azzardo ma secondo me rappresenta una anomalia del sistema. E’ un giocatore dotato di tecnica e sensibilità straordinarie difficilmente imitabile sia dal punto di vista tecnico che atletico e rappresenta un unicum nel panorama tennistico.
    Murray forse rappresenta meglio questo tipo di giocatore capace di variare il suo gioco, con un grande rovescio bimane e uno slice ad una mano tra i migliori del circuito; da questo punto di vista Murray mi pare si ispiri più a Nadal che incarna il giocatore tipo di questa epoca; mi spiego meglio: mentre Agassi era un attaccante da fondocampo straordinario e cercava di chiudere rapidamente lo scambio mandandoti fuori dal rettangolo grazie ai suoi straordinari angoli, Nadal è un difensivista imbattibile da fondo campo che ti costringe ad avere un gioco rischioso per fare il punto. Per questo tipo di gioco sono necessari una grande tecnica e soprattutto grandi doti atletiche. La mentalità del giocatore moderno mi pare sia più difensivista rispetto al passato; secondo me questo avviene perchè l’atletismo ha più importanza della tecnica nel tennis moderno e questo sta avvenendo in tutti gl sports. Basti pensare al calcio dove prima di essere un calciatore devi essere un atleta e la stessa cosa capita nel tennis. Il risultato è che spesso vince l’atleta migliore. Pensate a Djokovic che nei 3 su 5 arriva spesso a cottura ben prima del tempo perchè non dotato di una condizione atletica sufficiente a questi livelli o a Murray che appena è riuscito ad avere una condizione fisica migliore ha iniziato a vincere facendo un gioco molto più difensivista perchè riusciva a reggere e recuperare molto più facilmente. Non so se questo sia un bene o un male per il tennis ma l’atletismo esasperato ha spesso conseguenze poco piacevoli. un saluto a tutti

  19. BB 1980 scrive:

    @ federico

    L’ultimo incontro fra i due - giocato nel novembre 1982 al Gokld challenge - vide vincente Borg in quattro sets; nell’occasione, Mac venne sconfitto nettamente anche da Lendl, battuto 6/4 6/1 6/2 dall’Orso.
    Nel marzo 1981 Bergelin ammise che Borg necessitava di un lungo periodo di riposo, causa affaticamento.
    Quello che successe in seguito ne fu la conseguenza : Borg non aveva più motivazione, e Mac diventò no 1 nell’agosto 81, prima di subire il ritorno di Connors nel 1982 e buscarle da Lendl già nel 1981 : tre incontri persi su tre diverse superfici senza vincere un set. Come nuovo no 1 non è male !!!!!!!
    IceBorg ha sempre parlato di perdita di motivazioni nel 1981. Alla BBC disse relativamente alla finale di Wimbledon:”What’s wrong ???? What’s appened ????? It was one of those finals I should have won. But finally it didn’t bother me”.
    Saluti a Mac

  20. daniele malafarina scrive:

    ciao a tutti! scusate se non ho risposto ma sto godendo di immeritate ferie fino al week end. prometto di rispondere esaustivamente alle obiezioni di tutti non appena sarò tornato a casa.
    Daniele

  21. daniele malafarina scrive:

    Eccomi qua dopo una immeritata breve vacanza. Se qualcuno dovesse capitare su questo articolo mi premuro ora di rispondere ai vari commenti ricevuti.

    @correnelvento: Tutto è ovviamente molto opinabile, in fondo è solo una chiave di lettura possibile. Tuttavia vorrei far notare che non mi riferivo ai primi giocatori a fare una cosa, bensì a quelli che hanno portato un aspetto del gioco ad un tale livello da costringere tutti gli altri a tenerne conto. Quindi è vero, il top spin esisteva da tempo e Vilas lo usava ma, a mio avviso, è stato Borg (sia per una superiore qualità, sia per una maggiore adattabilità ad altre superfici o altre ragioni) il primo a costringere gli avversari ad adattarsi per contrastare quel modo di giocare. Stesso discorso per la preparazione atletica. E’ stato con Lendl che tutti i tennisti hanno dovuto cominciare a tenere in conto la preparazione e la gestione del fisico, ciò non esclude che prima di lui ci siano stati giocatori come Vilas che hanno curato la preparazione, solo, sempre a mio avviso, non hanno iniziato la “rivoluzione”. E stesso discorso per il servizio. Tanner aveva un servizio potente, ed altri prima di lui (Kramer mi dicono, ma non saprei dire non avevndo mai visto neanche uno spezzone), ed è vero che il servizio (inteso come la capacità di fare molti ace e di usarlo come un arma conclusiva con continuità) è cresciuto grazie ad aumento di statura e velocità delle superfici. A mio avviso fu però Ivanisevic il tennista che incarnò questo mutamento. Ciononostante non ho incluso il servizio nelle “rivoluzioni” perchè a mio avviso mancavano alcune delle premesse.
    Quanto a Federer dissento su un punto fondamentale. Il talento non si discute ma è stata la sua capacità di comprendere il tennis della sua epoca ed adattare il suo gioco (nonostante il talento e non grazie ad esso) a renderlo così vincente. Per quanto riguarda il rovescio io ricordo non poche partite in cui è stato proprio il rovescio (colpo più costruito) a tenerlo in partita mente il diritto andava in tribuna con eccessiva facilità.
    Concordiamo di certo sul fatto che si tratta di opinioni personali, supportate da argomentazioni e sul fatto che si discute sempre volentieri.

    @zio tony: La valutazione su Federer-Nadal è la più azzardata perchè si riferisce all’epoca in corso. Nadal per ora, come dici tu, rimane unico nel suo genere e non credo che il tennis di Nadal diventerà il modello del futuro. Quello di Federer secondo me lo è già, ma non nella sua componente dovuta al talento (che spesso nasconde il resto del lavoro che il tennista svizzero ha compiuto sul suo tennis), bensì nella componente di mobilità e completezza che già vediamo in tutti i giovani emergenti (o emersi), come Nadal, Djokovic, Murray and so on. Ribadisco, di Federer la parte antica riguarda il talento e i gesti, la parte innovativa invece completezza e mobilità. Se poi questa sia davvero una “rivoluzione” e sia a lui ascrivibile solo il futuro potrà dirlo.

    @giornalistaa: Il parallelo tra Federer-Nadal e Lendl-Wilander era basato su risultati e classifica e non sullo stile di gioco. Federer e Lendl dominanti subiscono la rincorsa, la tenuta ed infine il sorpasso di Nadal-Wilander i quali diventano numero uno con in tasca tre slam su quattro ma che, usurati dall’immane fatica si vedon costretti a restituire la leadership. Per il resto tutto vero e condivisibile.

    @Roberto Commentucci: A dire il vero non c’è nulla di assoluto, solo un possibile spunto, magari un po’ diverso dagli altri, per legger la storia del tennis. Le obiezioni di correnelvento come le tue sono ovviamente condivisibili ma ci terrei a sottolineare che parlando di fautori delle “rivoluzioni tennistiche” non mi riferivo nè a coloro che hanno introdotto un elemento nuovo nel tennis nè a coloro che sono diventati i migliori esponenti di tale nuovo elemento. Mi riferivo invece a coloro che hanno fatto uso di suddetto elemento in un modo tale che ha reso impossibile per tutti gli altri tennisti ignorarlo ed in questo senso hanno cambiato la storia del tennis. Parentesi a parte il discorso sul servizio che a mio avviso non rientra nelle “rivoluzioni” come le ho definite. Condivido tutto ciò che hai detto. Io mi riferivo al servizio come arma continuativa per fare punti. Tanner qualche partita la perdeva. Così come Karlovic o Ivanisevic. Ma è stato all’epoca di Goran (complici anche le superfici) che tutti hanno dovuto imparare a fare i conti con i grandi “servitori” (per intenderci: o impari come affrontarli o tornei come Parigi Bercy puoi anche non giocarli).
    Per quanto riguarda il girare intorno alla palla col dritto non sono un esperto per cui non discuto. Ricordo solo Lendl farlo a volte e farlo per chiudere il punto e poi ricordo Sampras nel ‘90 farlo con continuità (e ricordo anche, a meno che la memoria non mi tradisca che Tommasi e Clerici non avevano un nome per questo colpo). Tutto quanto dici sulla scuola di Bollettieri è assolutamente vero.
    Infine per la “completezza” non ho sostenuto che federer sia il miglior rappresentante di questa caratteristica. però ritengo che l’aver unito la completezza tecnica all’incredibile gioco di gambe ha fatto fare a Federer un passo avanti (aiutato dall’immenso talento) che ha lasciato al palo i tennisti della sua generazione ed ha costretto i nuovi arrivati a giocare sullo stesso livello. E non è un caso che come dici tu Murray sia il più moderno e completo dei tennisti di oggi, anzi, a mio avviso è una diretta conseguenza dello scatto in avanti compiuto da Federer. Che poi duri è tutto da vedere.

    @chloe de lissier: Vero che velocità di esecuzione (e tempi di reaziona) sono due fattori fondamentali nell’evoluzione di qualsiasi sport ma non credo che siano gli unici. Se è vero che i gesti rimangono sostanzialmente immutati in quel “sostanzialmente” si nasconde un universo. Infatti una volta difiniti i modelli generali lo “stato dell’arte” viene definito dalla cura nei particolari e piccolissimi cambiamenti tecnici possono fare la differenza tra il campione ed il giocatore medio al di là della velocità di esecuzione. Non ho capito il riferimento a lavoisier e ti saluto suggerendo l’eccezione che conferma la regola: il salto in alto.

    @Stefano Grazia e Renée: Sociologia del tennis. Affascinante. Professo la mia ignoranza e le mie cognizioni sono legate solo a ricordi e percezioni personali. Agassi nel 1989 lo trovavo insopportabile (nonostante una brillante risposta a Chatrier che lo voleva vestito di bianco al roland garros. Disse “il giorno che loro tolgono gli sponsor dai campi come a Wimbledon io verrò vestito di bianco”) ma ha compiuto un percorso umano e sportivo immenso e vederlo ritirarsi dopo la sconfitta con Becker (Benjamin) è stato uno dei momenti più commoventi che ricordi.

    P.S.
    Qualcuno ha colto il riferimento del titolo? Perchè i capi mi dicono che lo capisco solo io…

  22. daniela scrive:

    .”..l’aver unito la completezza tecnica all’incredibile gioco di gambe ha fatto fare a Federer un passo avanti (aiutato dall’immenso talento) che ha lasciato al palo i tennisti della sua generazione ed ha costretto i nuovi arrivati a giocare sullo stesso livello”…Mah, questa definizione calza a pennello per definire il gioco di Laver. nei miei ricordi c’è questa estrema coordinazione nei gesti, la velocità con cui si nuoveva a rete con passettini rapidi che quasi però dava l’idea di stare fermo pur avendone il pieno controllo, e questa sensazione me la continuava a dare anche nelle esibizioni giocate quando era più anziano. Una mobilità e una coordinazione, un’elasticità che lo facevano poi quasi arrampicare e camminare nell’aria quando smashava: sì, non ho mai visto nessuno più vario e coordinato di Laver:pareva un ragno che si arrampicasse su una ragnatela invisibile agli altri.
    Chissà perchè quando si parla di grandi servitori nel passato si fa solo il nome di Tanner, forse per lo squilibrio fra la battuta e gli altri colpi, ma io ricordo che ai tempi in cui era Emerson colui che faceva i record di slam, si parlava di lui come quello che aveva rivoluzionato il tennis con la sua battuta superiore e più veloce.
    In quanto a Nadal, mi sembra che non si faccia nessuno sforzo per spiegare il suo gioco; l’unico che ha cercato di farlo, John Wertheim su Sport illuistrated, con il riportare il numero di rotazioni impresse alla palla, mi pare 3700 al minuto, cifra non raggiunta da nessun’altra…Se ne continua a dare sempre l’immagine del regolarista nerboruto, una specie di Alberto Martin con più braccia e polmoni, mi sembra proprio che si dovrebbe, per chi abbia più conoscenze tecniche sul tennis di quante ne abbia io, scrivere qualcosa di più approfondito.
    Su McEnroe innovatore, invece, più che con Malafarina, concordo con quanto scritto da Corrado Erba sulla rivista 0-15 di questo mese:- ” La rivoluzione fu portata dal suo comportamento,dasi colpi di testa,dalla sua attitudine a stupire. Portò un’onda di genuina faccia tosta mischiata ad urlacci che atterrirono i benpensanti, ma non mancarono di affascinare pubblico e e riviste scandalistiche.Fu come se, attraverso il veicolo Johnny Mac esplodesse una nouvelle vague tennistica che attendeva solo di essere scoperta. Bjorn, Vitas,Jimmy, Guillermo, John, il nuovo magnifico brat pack del jet tennis sarebbe stato in grado di fare un torneo dello slam con soli cinque attori. Per la prima volta l’immagine del tennista non era più quella di un candido, etereo, attore di teatro,…ora i new comers entravano allo Shea stadium come rock star, fra gridolini della folla, lo strapparsi delle camicette…Gli argini erano rotti, il gioco sdoganato verso un pubblico nuovo, bramoso non solo di diritti e rovesci ma di pettegolezzi, risse, musica a palla, occhi neri e spintoni ai fotografi. E Johnny Mac ne fu pienamente consapevole”

  23. daniele malafarina scrive:

    @daniela: Grazie per l’intervento. Cercherò di rispondere per quanto posso chiarendo meglio quanto già detto nell’articolo. Nente da dire su Laver ed infatti (anche per questioni anagrafiche) non mi sono avventurato più indietro degli anni ottanta. Stesso discorso su Emerson, professo ignoranza e mi documeterò di più. Quanto a Nadal non mi pare di aver fatto alcuna disamina tecnica sullo spagnolo. Ho letto anch’io l’articolo di sports illustrated ma nel contesto della chiave di lettura che volevo proporre Nadal non si inserisce in quanto a mio avviso difficilmente il suo gioco sarà replicabile da molti altri (in attesa di essere smentito). Quindi non ho scritto qualcosa di più approfondito per non ‘anadare fuori tema’. Infine su McEnroe (premesso che non ho inserito Supermac nella rosa degli innovatori, anzi, l’ho citato proprio in qualità di esempio contrario, cioè tennista di genio ma unico e non replicabile) ti rimando ai commenti sociologici di Stefano Grazia e Renèe.

  24. daniela scrive:

    Mi rimandi a qualcosa che non è propriamente sociologico, a mio parere: non vedo nessun inquadramento della figura di Agassi come specchio della società, per esempio. Quello che Renèe e Grazia scrivono di Agassi, Corrado Erba lo attribuisce come personaggio dirompente a MacEnroe, e concordo con lui, ovviamente è una scelta soggettiva. Dal punto di vista del personaggio John Mac mi è sempre parso più genuino nei suoi gesti, nelle sue manifestazioni ecc. Agassi più uno che abbia saputo ben fiutare il marketing. Vedo invece la rivoluzione di Agassi dal punto di vista tecnico, per il senso dell’anticipo, per il corri e tira ecc. In questo senso mi chiedo chi sia oggi il suo erede: come gioco chi me lo ricorda di più è Davydenko, che però non ha la sua personalità.

  25. daniela scrive:

    In quanto a Nadal, Daniele, tu scrivi che non hai fatto una disamina tecnica altrimenti saresti andato fuori tema. E credi che difficilmente il suo gioco sarà replicabile da altri. Ma se non ne fai una disamina tecnica, come puoi affermare questo? Anche tu lo riduci a pura espressione di forza muscolare? Non ti sembra un po’ semplicistico?

  26. zio tony scrive:

    attenzione ai naviganti, scontro fra danieli/e!
    …e anche i nadaliani hanno la loro tigre ;-)

  27. chloe de lissier scrive:

    per ubaldo scanagatta. rispondo con notevole ritardo non per trascuratezza verso la cortese domanda, ma solo perché sono in vacanza e mi collego assai raramente. questa è la prima volta che entro in internet da una decina di giorni.
    ad ogni buon conto, intendevo sostenere che ray sugar robinson e mike tyson fondavano la loro boxe su una perfetta conoscenza dei movimenti difensivi e atti a schivare gli attacchi avversari. la cosa non pare evidente a coloro che non si intendono molto di pugilato semplicemente perché la difesa di questi due eccezionali pugili si fondava su una tecnica che faceva della massima rapidità il suo punto di forza; ed anche perchè tanto robinson quanto tyson erano dotati di così grande potenza nell’esecuzione dei colpi da farli apparire attaccanti più che pugili abili nella difesa. ma se si esaminano i rari incontri di entrambi contro pugili che rifuggivano il combattimento a viso aperto si nota la frustrazione di entrambi e la difficoltà nel proseguire il combattimento.
    per daniele malafarina. il riferimento a lavoisier vuol significare che nessuno inventa nulla, ma ognuno aggiunge semplicemente qualcosa a ciò che già esiste. in fondo, gli artisti o gli scienziati non inventano nulla, ma accrescono la nostra conoscenza mostrandoci strade che non potremmo “vedere” se non fossero già potenzialmente nelle nostre corde intellettive. in sostanza, non credo che esistano gli “inventori”.

  28. daniele malafarina scrive:

    @Daniela: Nella questione Agassi, io ci leggo diversi risvolti sociologici in quanto il fenomeno (non mi riferisco al tennista, sia chiaro) Agassi (a mio avviso) è stato un mezzo mediatico che rifletteva diversi cambiamenti sociali in atto negli Stati Uniti. Primo su tutti il rapporto con l’immagine e con la pubblicità (o i media più in generale). In secondo luogo l’impatto che ha avuto sui giovani, grazie soprattutto al nuovo modo di essere promosso come “prodotto”. In questo senso, considerato come un fenomeno sociale riguardante diverse strutture (giovani, media, tennis), le considerazioni di Stefano Grazia e Renèe mi parevano più indicate come “sociologia del tennis” che come analisi filosofica dell’evoluzione tecnica, quale voleva essere il mio articolo. Il fatto che simili considerazioni siano applicabili anche a McEnroe è verissimo e quale dei due sia stato più “rivoluzionario” da questo punto di vista non saprei dirlo. Noterei però che Agassi è diventato fenomeno di marketing al soldo di una multinazionale non per una sua astuzia ma perchè quelli erano i tempi. Dieci anni prima la costruzione di un fenomeno globale come Agassi non era neanche pensabile e questo è, a mio avviso, il motivo principale per cui SuperMac risulta un po’ diverso, ovvero, ancora una volta lo specchio dei tempi (ed infatti John non ha esitato a cavalcare l’onda della Nike in tempi successivi). Ma, ribadisco, non sono un esperto di questi aspetti pertanto sono consapevole della possibilità di aver detto scempiaggini.
    Per quanto riguarda Nadal invece non ne ho fatto una disamina tecnica nell’articolo, questo non significa che abbia le mie idee al riguardo. Come pure ho idee riguardo a molti altri tennisti. In questo caso però, volendo parlare di quei quattro che considero “rivoluzionari” nel senso spiegato all’inizio, gli altri li ho lasciati fuori o citati come “nemesi” di ciascuno dei quattro. Ho parlato anche di Sampras, non lo considero un “rivoluzionario” e non ne ho spiegato le ragioni. Nessuno si stupisce perchè Sampras si è ritirato da sei anni e abbiamo avuto modo di vedere l’evolversi del tennis. Per quanto riguarda Nadal invece chissà. Magari le ragioni per cui non ritengo che Nadal rappresenterà il modello del tennista del futuro potrebbero dare corpo ad un altro articolo. E poi magari tra due anni ci troviamo con un esercito di cloni di Nadal sui campi da tennis e io mi sarò sbagliato clamorosamente. Capita…

  29. TCC'75 scrive:

    Temo di dover citare Antoine-Laurent de Lavoisier quando diceva: “Nulla si cra, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”.
    In effetti mi sarebbe piaciuto vedere Suzanne Langlen o Jack Kramer con una Babolat Pure Drive oppure con una Dunlop 200G.

  30. Avec Double Cordage scrive:

    Ho scoperto solo ora con due mesi di ritardo questo interessantissimo pezzo, complimenti a Daniele e molto interessanti anche i vari commenti. Una cosa vorrei dire sulle racchette oversize, è vero che la prince di Chang non è più “state of the art” ma le oversize ci sono e come, Nadal usa una oversize ad esempio. Mi trovo un pò nella situazione di Stefano Grazia, anche se il morbo del tennis mi prese già nel 1985 con Becker che tronfa a wimbledon da teenager con un gioco cosi fisco ed un atteggiamento molo estroverso, ero troppo giovane per vivere cosciamente la sfida portata da McEnroe a Borg ma penso che anche loro avrebbero potuto farmi appasionare al tennis. Ad ogni modo all’inizio della mia malattia tenistica ero un feticista del serve and volley e gioco d’attacco e i miei preferiti erano Becker, McEnroe, Noah, Leconte ed Edberg (anche se Edberg essendo il principale rivale di Becker mi stava un pò sulle palle perché un pò introverso, ma lo ho apprezzato molto di più alcuni anni più tardi) e tra gli italiani mi aspettavo sempre qualcosa da Nargiso… soffrendo invano ;) poi con l’avvenot di Agassi la mia malattia entrò in una nuova fase, all’inizio ero scettico mi piaceva il personaggio ma non il gioco, poi rivoluzionai anche il mio gioco (inizialmente basato su prese eastern ad una mano e un servizio con lancio basso, molto carente da fondo campo) copiando quello di Agassi-Krickstein-Courier e specialmente la risposta di Agassi e da allora apprezzo molto di più i vari stili, il giocatore che più mi ispirava però era Ivanisevic e per anni ho provato a costruirmi un servizio decente con un lancio di palla più alto, senza grandi risultati purtroppo… da autodidatta rincallito solo con l’avvento di internet le cose sono migliorate un pò grazie a youtube e i molti siti che offrono consigli. In questo senso l’avvento di Agassi per me rappresenta una rivoluzione anche se non è lui che mi ha fatto conoscere il tennis.

  31. Pete Remis scrive:

    Credo ci sia un po’ di confusione fra il talento e la capacita’ di innovazione. Non necessariamente i piu’ grandi talenti del tennis devono essere considerati innovatori.

    McEnroe, Sampras e Federer sono stati, e sono tuttora per lo svizzero, tre dei talenti piu’ cristallini della storia di questo sport ma non sono stati degli innovatori. E a ben guardare questo va a loro merito perche’ non hanno avuto la necessita’ di cambiare le regole per eccellere.

    Credo che invece sia stato sottovalutato il ruolo di un altro giocatore che a mio avviso e’ stato il precursore del tennis moderno: Jim Courier.
    Forse perche’ non ha vinto tanto (relativamente alla categoria dei supertop) o forse perche’ non dotato della personalita’ carismatica di un Agassi, non viene sufficientemente considerato per quelli che sono i suoi meriti.

    Ma chi va a riguardare il suo gioco non puo’ fare a meno di notare che alcune delle caratteristiche fondamentali del tennis moderno sono state introdotte da lui a cominciare dal costante spostamento sul dritto, l’anticipo del colpo e la ricerca del vincente dal fondo. Lo stesso Agassi, pur coetaneo di Courier, sfruttera’ al meglio queste caratteristiche con alcuni anni di ritardo rispetto al collega.

    E’ vero che queste tendenze erano gia’ presenti nel gioco di Ivan Lendl ma probabilmente in modo piu’ naturale e meno costruito; e’ ovvio che se un giocatore ha un diritto esplosivo come Lendl tendera’ a spostarsi su quel lato ma e’ piu’ una ricerca della potenza che uno sfruttamento degli angoli.

    Jim Courier ha vinto 4 slam su 7 finali nel periodo 91-93 e credo che gran merito di questi risultati sia dovuto al suo gioco rivoluzionario. Negli anni successivi imbocca ancor giovane la parbola discedente passando idealmente il testimone ad Andre Agassi che sapra’ riprendere e ulteriormente affinare il suo stile.

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