Dopo la Knapp, fermata una pallavolista.
Eccesso di zelo o giustificata cautela?

 
15 Luglio 2008 Articolo di Giorgio Spalluto
Author mug

Ancora i problemi cardiaci alla base di un altro stop forzato. Un gruppo di ricercatori italiani dimostra come gli esami cardiologici salverebbero la vita di molti atleti. L’Italia, un modello da prendere ad esempio

Pochi giorni dopo la notizia choc del forzato forfait di Karin Knapp, lo sport italiano si vede costretto a rinunciare ad un altro suo pezzo da novanta, in vista degli imminenti Giochi Olimpici che si terranno a Pechino a partire dall’8 agosto; si tratta della pallavolista Antonella Del Core, schiacciatrice napoletana, passata da Perugia a Bergamo dopo aver vinto scudetto, Coppa Italia, Supercoppa e Coppa Campioni, oltre all’oro Europeo con la Nazionale conquistato pochi mesi fa. Insomma una stagione straordinaria per Antonella, interrottasi di colpo, dopo la sconfitta dell’Italia contro la Cina dello scorso 29 giugno, in cui la partenopea aveva messo a segno 21 punti. Quel giorno, a suo modo storico perché si interrompeva una striscia di 26 vittorie consecutive della nostra nazionale, si è fermata, speriamo non definitivamente, la carriera della centrale azzurra. Alle origini di questo brusco stop gli accertamenti medici, a cui il Coni l’ha sottoposta nelle ultime 2 settimane, e che avrebbero riscontrato problemi cardiaci non meglio specificati.

Come non ripensare allo stop forzato di cui è stata vittima la tennista altoatesina, non ritenuta idonea da parte della Commissione Medica dell’Istituto di Medicina e di Scienza dello Sport del Coni, a causa di un’aritmia cardiaca. Si sperava che il problema fosse risolto grazie all’intervento di una piccola sonda, che, unita al recente periodo di riposo, sembrava poter eliminare il rischio nuovi episodi aritmici.

La notizia del “niet” da parte del Coni è giunto come un fulmine a ciel sereno per la bolzanina che, avendo ricevuto nel frattempo la tutta la modulistica per andare a Pechino, pensava che alla fine le cose si sarebbero in qualche modo risolte. Il Coni ha deciso di serrare i tempi, non aspettando l’esito degli ultimi test che ci diranno se la tennista altoatesina, potrà riprendere ad allenarsi, in vista degli appuntamenti sul cemento americano di New Haven e degli US Open.

La cosa che lascia perplessi di questi 2 stop forzati è la concomitanza con l’avvicinarsi dell’evento olimpico. Come se a pochi giorni dalla manifestazione a cinque cerchi gli accertamenti medici si facciano man mano più scrupolosi e meno superficiali rispetto al resto della stagione. Come se il rischio legato ad una particolare patologia aumentasse proporzionalmente con l’approssimarsi delle Olimpiadi.

Insomma, come è possibile che certe patologie emergano all’improvviso?
In molti casi (vedi quello del calciatore Liliam Thuram) molte delle malformazioni scoperte tardivamente, sarebbero facilmente riscontrabili analizzando la storia familiare del paziente.

Non è un mistero che Karin Knapp avesse sofferto di un problema simile già nel 2003 quando si era dovuta fermare per 6 mesi, sempre a causa delle aritmie cardiache. Si scoprì in seguito, come questo problema fosse causato ad una polmonite curata male. Si pensava che il problema fosse risolto ed invece……si avvicinano le Olimpiadi ed ecco che i nodi tornano al pettine.

Molti si chiedono se non sia eccessivo fermare questi sportivi, oltretutto in momenti topici della loro carriera. Molti di voi ricorderanno la vicenda analoga occorsa al campione olimpico di 100 e 200 rana, Domenico Fioravanti, fermato alla vigilia dei Giochi Olimpici di Atene, a causa di un’ipertrofia cardiaca. Ebbene, il nuotatore azzurro fu in grosso imbarazzo quando, qualche anno dopo, gli si palesò l’opportunità di riprendere a gareggiare sotto i colori del Qatar. Alla fine Fioravanti non cedette alle lusinghe dei petroldollari qatarioti, malgrado ritenesse, dopo essere stato visitato da numerosi cardiologi, di poter riprendere a gareggiare a livello agonistico.

Insomma quando si viene a conoscenza di questi malanni, sia l’atleta che il tifoso tendono a sperare che si stia esagerando e che si agisca per eccessiva prudenza.

Una ricerca condotta da un gruppo di ricercatori italiani sembra, però, smentire chi pensa di sottovalutare l’impatto dei problemi cardiaci sulla carriera ed, in ultima istanza, sulla vita degli atleti.
Francesco Sofi e i colleghi dell’Istituto di medicina dello Sport presso l’Università di Firenze hanno confermato, se ce ne fosse ancora bisogno, come tra le persone che desiderano praticare sport a livello agonistico, i test da sforzo possono identificare eventuali irregolarità cardiache che possono anche portare al decesso.
Lo scorso anno, il calciatore del Siviglia Antonio Puerta morì tre giorni dopo aver perso i sensi durante una partita della Liga, mentre Marc-Vivien Foe del Camerun morì durante un match della Coppa delle Confederazioni nel 2003.
Secondo le ricerche, il rischio tuttavia non riguarderebbe solo gli atleti più affermati. Solo negli Stati Uniti, ogni tre giorni muore un atleta giovane per un problema cardiaco non diagnosticato.
Uno studio basato sui dati provenienti da oltre 30.000 esami durante un periodo di cinque anni dal 2002 al 2006 (pubblicato sul British Medical Journal), ha rivelato varie irregolarità cardiache in 1.459 casi durante l’elettrocardiogramma da sforzo, mentre 348 persone mostravano risultati anormali durante il test a riposo. Di questi, 159 erano in condizioni sufficientemente serie da impedire loro di gareggiare. Solo 6 di questi atleti sarebbero stati identificati in base alla storia familiare.

Insomma il messaggio che viene fuori da questo studio è che monitorando la salute del cuore degli atleti professionisti si potrebbero individuare problemi potenzialmente fatali e salvare delle vite. A differenza di quello che si è portati a pensare, non tutti i paesi prevedono un’attività di controllo così capillare come quella svolta nel nostro paese.
L’unica nazione in cui questi esami cardiologici vengono effettuati con la necessaria regolarità è l’Italia; un grosso attestato per la nostra scuola di medicina dello sport, considerata di eccellenza nella raccolta dei dati, nella ricerca clinica, nella gestione degli atleti.
E’ bello vedere come in Italia, prima che in altri paesi, ci sia resi conto come sia meglio perdere una medaglia ed essere additati di eccesso di zelo, che vivere col rimorso di non aver fatto nulla per evitare una tragedia “annunciata”.

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1 Commento a “Dopo la Knapp, fermata una pallavolista.
Eccesso di zelo o giustificata cautela?”

  1. Fabio P. scrive:

    Eccesso di zelo ?
    Ma Scherziamo ?!?!?!?!?

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