Sesso in convento tra tabù e terapie

di Lorenzo Sani
Il problema della sessualità esiste ed esistono anche strutture in Italia che offrono sostegno psicologico ai religiosi e alle religiose che vivono situazioni di particolare disagio interiore. Vi sono iniziative molto serie che si occupano dell’assistenza, come la Congregazione dei Padri Venturini, che dispone di strutture residenziali a Trento e in Lombardia, ma anche di punti diffusi di consulenza dove operano esperti sia in scienze biomediche, sia psicoterapeuti ed esperti di guida spirituale. A Roma un gruppo di laici associati alla Congregazione dei Salvatoriani dispone di un centro residenziale e consultori. Vicino a Firenze simili strutture sono attivate dal Movimento dei Focolari. Padre Lucio Pinkus, psicologo e psicoterapeuta, già ordinario di psicologia dinamica all’Università Sapienza di Roma e all’Università di Venezia, nonchè membro del Comitato nazionale di Bioetica, appartiene all’Ordine dei Servi di Maria e nel convento di Arco di Trento, dove vive, sovente ha in carico situazioni di ordinaria fragilità. Sono molti i religiosi che si rivolgono a queste strutture per un sostegno psicologico? “Direi che oggi è prassi comune, sia in fase di formazione che dopo. Sono certamente caduti molti tabù da parte delle istituzioni ecclesiastiche, ma anche delle diverse scuole di psicoterapia”. Che tipo di intervento in genere è richiesto? “Per quanto conosco, il punto di partenza di tutti i centri è aiutare la persona a divenire consapevole della propria realtà ed accettarla, sostenendola con percorsi mirati al ritrovamento della propria autenticità”. Quali sono le cautele indispensabili per lo psicoterapeuta che operi in questo campo? “Bisogna rispettare la lealtà verso la propria disciplina scientifica e l’interesse dell’utente, senza invadere altre sfere, ma anche senza giocare ad una neutralità assoluta che non è credibile. In secondo luogo bisogna verificare la possibilità di evoluzione e di impegno della persona che si affida, richiedendo però un impegno da adulto, cioè che non cerchi un alibi nella psicoterapia se ha già preso decisioni definitive, quali esse siano. A volte, purtroppo, si verifica una confusione tra quella cosa che viene comunemente chiamata accompagnamento spirituale e una forma mascherata e spesso incompetente di psicoterapia, come pure si può presentare il caso di psicoterapeuti che considerano la loro attività…subordinata alla teologia o al diritto canonico”. Quali, invece, i rischi? “Le situazioni più difficili riguardano quei legami o quelle forme di amore che presentano aspetti troppo primitivi e narcisistici, per esempio la pedofilia, come pure l’illusione di rimandare delle decisioni. In genere le équipes si preoccupano di prevedere percorsi di reinserimento sia nel ministero sacerdotale o nella vita consacrata, come pure in un ritorno allo stato laicale. Spesso, però, alla base c’è una formazione che ha favorito un’adesione intellettuale alla fede, anziché l’esperienza di fede”. Celibato e voto di castità possono costituire una concausa della crisi di vocazioni? “E’ difficile rispondere. La difficoltà più profonda mi sembra legata all’impegnarsi per tutta la vita in un servizio non sempre gratificante, socialmente spesso poco riconosciuto, legato alla difficoltà di far coincidere e coesistere la fede personale, i bisogni personali e le relative motivazioni con un ruolo istituzionale…”. Quanto è vasta l’area del disagio e quali i soggetti che maggiormente ne vengono colpiti? “L’area più sofferente è quella delle relazioni omosessuali. Non ho elementi per ritenere che il fenomeno sia in aumento rispetto al passato, ma penso che oggi emerga con più evidenza e chiarezza. Al tempo stesso, crescendo la consapevolezza, non per questo diminuisce la sofferenza”. Sono sempre di più i religiosi non italiani che operano in Italia. E’ facile integrarsi ai modelli culturali della Chiesa? “Si tratta di operazioni a rischio. Troppo poco si dà valore alle radici affettive dove una persona è cresciuta: a seconda delle aree geografiche di provenienza e del tipo di cristianesimo che è stato loro presentato si possono avere percorsi lineari, oppure molto traumatici. Rispetto a culture dove la distanza uomo-donna è per così dire segnata da tradizioni ancora vigenti, la vicinanza del costume europeo può essere conturbante e a volte davvero devastante”.

Vietato parlarne

L’ultimo sinodo dei vescovi ha rinnovato la consegna del silenzio assoluto. Il sesso e più in generale il tema della sessualità, è ancora un tabù inattaccabile per la Chiesa cattolica. L’ondata di scandali venuti a galla nel 2005 partendo dalla diocesi di Boston, ha attraversato gli Stati Uniti, il Brasile e poi via via anche Paesi più vicini a noi come Inghilterra, Croazia, Francia, Irlanda, Polonia e Austria. Certamente la commistione della cronaca con le sue spigolature più pruriginose e invasive, non aiuta ad affrontare con serenità un problema delicato, che esiste e che sarebbe sbagliato ridurre semplicemente ad un’ineluttabile “incoerenza col voto di castità”. Così come è banale, oltre che ingiusto, dilatare i confini della rigidità della Chiesa all’insieme dei comportamenti del Vaticano, che sul fronte del sociale si dimostra più flessibile e presente di qualsiasi governo, ministero del welfare, o assessorato competente. Dove c’è un ultimo, un diseredato malato, o morto di fame, c’è sempre vicino un prete, un frate, un laico. La mercificazione invadente delsesso, sfruttato come vettore per veicolare anche i più disparati messaggi commerciali, ha travolto anche quei valori che il movimento femminista era riuscito faticosamente a costruire. La società è cambiata in fretta, così come sta cambiando la base dei religiosi, con osmosi sempre più frequenti dai Paesi del Terzo e Quarto mondo. Ma sono cambiati anche il ruolo e il peso del prete nelle comunità. Piaccia o no il sesso è un motore trainante della società consumistica e lo ritroviamo dappertutto, in forma diretta o subliminale. Difficile immaginare una Chiesa che possa chiamarsi fuori e che i suoi ministri di culto restino impermeabili a quello che è un richiamo ossessivo. In una recente intervista l’Abbé Pierre fondatore di Emmaus, ha confessato di essere stato «incoerente» col voto di castità, “in modo passeggero, senza relazioni stabili con una donna”. Ha spiegato però di aver avvertito «che il desiderio sessuale, per essere pienamente soddisfatto, deve esprimersi in una relazione d’amore, tenera, fiduciosa. Per questo vi ho rinunciato. Avrei reso infelici le donne e sarei stato lacerato nella mia scelta di vita». Il religioso francese ha riposto molte attese nel pontificato di Benedetto XVI che prima di salire al soglio di Pietro era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e quindi responsabile istituzionale delle indagini più spinose, tra cui quelle sugli abusi sessuali. “Non mi stupirei se prendesse decisioni liberali sulla comunione per i divorziati risposati o sul sacerdozio di uomini sposati anziani, che abbiano già cresciuto i propri figli. Certamente non cambierà posizione sulle donne e continuerà a condannare l’omosessualità”.

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