Cina, tratta di bambini via internet

di Lorenzo Sani
Chissà perché, ma quando ci sono di mezzo i bambini si pensa sempre a uno scherzo. L’ultima raccapricciante scoperta porta in Cina e alle indagini che la polizia di Shanghai sta svolgendo in questi giorni dopo la pubblicazione di un annuncio sul sito Eachnet - l’impresa di e-commerce cinese acquistata due anni fa dal colosso eBay per 150 milioni di dollari - che prometteva neonati a prezzi variabili dai 28.000 yuan per i maschi (circa 3.500 dollari) e 13.000 yuan (1.600 Usd) per le femmine. L’annuncio è stato cancellato dopo le prime visite da parte di una serie di utenti che, comunque, non hanno partecipato all’asta. La notizia è stata diffusa dal principale quotidiano cinese in lingua inglese, il China Daily. Sarebbe stata la stessa Eachnet a denunciare l’episodio alle autorità e a provocare di conseguenza l’avvio dell’inchiesta. Secondo Tang Lei, portavoce della eBay cinese, il monitoraggio delle aste on line, dopo i casi in cui qualcuno ha provato a mettere in vendita organi umani (per la precisione reni), avviene per parole chiave e la parola ‘baby’ non era tra queste. Per questo motivo l’autore dell’annuncio che si è firmato Chuangxinzhe Yongyuan (letteralmente, Grande innovatore) è riuscito a inserire il suo messaggio. I bambini al centro dell’offerta provenivano dalla regione centrale di Henan e sarebbero stati consegnati prima di aver compiuto i cento giorni. La polizia cinese, che ha sulle prime adombrato l’ipotesi dello scherzo di cattivo gusto, non esclude che dietro questo macabro tentativo di vendita on line ci sia invece il nuovo canale di una tratta che affligge da sempre la Cina e i principali Paesi del Sudest asiatico, bagnati dalle acque del Mekong. Lo scorso 31 marzo i rappresentanti dei ministeri dell’Interno di Cina, Cambogia, Laos, Birmania, Tainlandia e Vietnam si sono riuniti ad Hanoi per concordare una comune strategia al fine di contrastare il traffico di esseri umani, soprattutto donne e bambini. Secondo i dati forniti in quell’occasione, proprio dalla Cina è partito un nuovo allarme a sottolineare la recrudescenza di un tragico fenomeno che negli anni ha sensibilmente cambiato l’obiettivo, spostandolo molto sul traffico di bambine. Prezzi bassi e domanda sempre più forte del mercato delle adozioni clandestine (e purtroppo anche peggio) hanno generato un boom della tratta che l’Unicef ha quantificato in 250.000 vittime. Ma è molto difficile fare stime esatte, visto che gli interventi della polizia si moltiplicano. Nel febbraio di quest’anno la polizia di Zhengzhou Henan, la stessa regione centrale di provenienza dei piccoli messi all’asta su Internet, ha tratto in salvo 54 bambini che erano finiti nella rete dei trafficanti: 43 di loro avevano tra gli otto giorni e gli otto mesi e ad alcuni non era stato nemmeno reciso il cordone ombelicale. Poche settimane più tardi sono stati tratti in salvo altri 33 bimbi (29 erano bambine) destinati, sembra anche in questo caso, alle adozioni illegali. Gli orfanotrofi cinesi sono pieni perché nelle aree rurali più povere, soprattutto nel Guangdong, a Yunnan e nel Guizhou è ancora molto diffusa la pratica dell’abbandono soprattutto per le figlie femmine, oggetto di una discriminazione che la dice lunga sulle difficoltà di un Paese, emerso in tanti altri campi della vita economica, ad allinearsi agli standard minimi sul versante dei diritti umani. Per accumulare i soldi da dare in dote ai figli maschi, nelle campagne si vendono le figlie che finiscono nei bordelli di mezzo mondo: alla mercè degli occidentali, anche tanti italiani che arrivano in Cambogia, Tailandia e Vietnam per turismo sessuale. Teoricamente negli orfanotrofi i piccoli dovrebbero rimanere per legge almeno due anni, nella speranza di rintracciare i parenti. In varie occasioni si è ricorso al test del Dna per scoprire gli abbandoni, ma i risultati sono scoraggianti. E capita sovente, per esempio in Zhengzhou, che la flessibilità delle norme locali dopo pochi mesi consentano l’adozione

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1 Commento a “Cina, tratta di bambini via internet”

  1. Carlo scrive:

    Ci stupiamo?
    Siamo ipocriti.
    Per paura di apparire razzisti tolleriamo anche questo.
    Vogliamo invece chiamare le cose e le persone col loro nome?
    Bene: sono bestie feroci e come le bestie feroci vanno ammazzate.
    La vita ha un valore? E chi l’ha detto?
    La vita di una brava persona ha un valore, quella di un bastardo non vale un cazzo.
    Saluti.

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