Al bando le bombe a grappolo, ma c’è chi si oppone. Le potenze militari disertano la conferenza di Oslo

Oslo, 20 feb.(Apcom) - I rappresentanti di 45 paesi e di numerose organizzazioni internazionali si riuniscono da oggi a Oslo per una conferenza che ha l’obiettivo di gettare le basi per il bando internazionale delle cosiddette cluster bombs, gli ordigni a frammentazione che colpiscono soprattutto la popolazione civile.
“E’ meglio quando i paesi che condividono lo stesso punto di vista lavorano nella stessa direzione”, ha commentato Raymond Johansen, segretario di Stato al ministero degli Affari Esteri norvegese, sottolineando che un accordo internazionale metterebbe pressione sui paesi che si oppongono all’interdizione. Oltre alla Norvegia, paese ospitante, alla conferenza partecipano, tra gli altri, la Svezia, la Germania, il Mozambico, l’Angola. Ma ad Oslo hanno mandato propri rappresentanti anche paesi che si oppongono al bando, come la Gran Bretagna, il Canada, la Francia, la Cina, l’India e la Russia.
Assenti, invece, gli Stati Uniti. Le nazioni contrarie al ricorso alle cluster bombs ne denunciano l’uso come una minaccia inaccettabile per le popolazioni civili che sono le vittime principali della loro frammentazione. “Hanno un duplice effetto. Al momento dell’attacco, le piccole bombe si disperdono su un ampio perimetro e non possono essere controllate. La maggior parte di queste non esplode al momento dell’impatto e può uccidere anni più tardi”, ha denunciato denuncia Steve Goose, direttore della divisione armi di Human Rights Watch. “Durante la guerra in Iraq ed al Kosovo, le bombe a grappolo hanno ucciso più civili di qualsiasi altra arma”, ha aggiunto. Un nuovo trattato internazionale sulle cluster bombs, entrato ieri in vigore il 12 novembre scorso, obbliga tutti i paesi che ne hanno fatto uso a fornire dettagliati chiarimenti su numero e luogo di ordigni rimasti inesplosi, che continuano a provocare migliaia di vittime ogni anno. Il trattato, che porta il titolo di “Protocollo sui residui esplosivi della Guerra”, rappresenta il primo tentativo ‘ufficiale’ di richiedere ai singoli Stati la mappa dettagliata delle aree colpite, per la rimozione delle bombe inesplose che minacciano “civili, peacekeeper e operatori umanitari”. Nonostante i trattati sul controllo delle mine e delle armi convenzionali, allo stato attuale nessuna legge internazionale ne vieta il possesso, sebbene siano ormai tanti gli Stati che hanno deciso di non utilizzarle. Le bombe a grappolo sono comunque considerate legittime da molti paesi.
Secondo un’inchiesta compiuta a fine 2006 dall’Associazione Umanitaria Handicap International, la prima basata su un censimento e un’identificazione sistematica delle vittime delle bombe a grappolo, questo particolare tipo di ordigni provoca vittime civili nel 98% dei casi. Le “Cluster bombs”, letteralmente bombe a grappolo, sono ordigni costituiti da un corpo centrale e un certo numero di submunizioni. L’involucro esterno, una sorta di container, è stato creato per essere lanciato da un cannone, un missile o un aereo, al fine di trasferire le submunizioni nell’area da colpire. Raggiunto l’obiettivo, un particolare meccanismo consente l’apertura dell’involucro ed espelle le submunizioni che si disperdono su una superficie più o meno vasta. Le munizioni possono essere classificate in antiuomo, anticarro, combinate. Tutte sono progettate per ferire o uccidere nemici, causare danni immediati a veicoli anche blindati, rendere impraticabili arterie di comunicazione, porti e aeroporti. Le prime utilizzate in operazioni militari sono state le tedesche SD-2 o “Sprengbombe Dickwandig”, ordigni di circa due chilogrammi impiegati durante la Seconda Guerra Mondiale per attacchi a obiettivi civili e militari.

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