Psicofarmaci ai bambini, prescrizioni boom: +280% in soli cinque anni

Ma quale zucchero, oggi la pillola va giù che è un piacere, come acqua fresca. Sempre di più. La somministrazione di psicofarmaci e antidepressivi ai bambini in Italia è aumentata in soli cinque anni del 280%, un dato abnorme, che configura un vero e proprio allarme sociale.
Depressione e iperattività sono il motore dell’esplosione delle prescrizioni ai minori che, nei paesi a cultura anglosassone, ha da tempo ormai il profilo dell’abuso conclamato. Negli Usa, dove i bambini in terapia sono oltre 11 milioni, l’aumento è stato del 150%. Sulla stessa falsariga i dati di Gran Bretagna e Australia. Il famigerato Ritalin, classificato in Italia tra le anfetamine che, per effetto paradosso, curerebbe iperattività e deficit di attenzione (la sindrome Adhd) si spaccia davanti alle scuole.
Sono pochissimi i farmaci — men che meno psicofarmaci o affini — sperimentati correttamente in pediatria, perché la sperimentazione costa e la somministrazione ai bambini avviene semplicemente riducendo il dosaggio da adulto. Un’autorevole e donchisciottesca corrente di neuropsichiatri infantili, sostiene da anni la tesi che l’Adhd, come altre patologie, sia stata ‘creata ad hoc’ dall’industria e che in ogni caso le cifre sulla diffusione della sindrome siano artatamente gonfiate.
IL NUOVO GRIDO di allarme è stato lanciato da un cartello di associazioni ed esperti guidato da Giù le mani dai bambini, che hanno scritto al ministro Livia Turco. Anche la senatrice e neuropsichiatra infantile Paola Binetti ha preannunciato un’interrogazione parlamentare. Ma la reazione politica contro l’abuso è trasversale.
«E’ UN GRANDE SCANDALO, se si pensa che si stanno aprendo in Italia 82 centri per la somministrazione di psicofarmaci ai bambini iperattivi, mentre le autorità di controllo sanitario avevano garantito l’istituzione di un solo centro d’eccellenza per regione in modo per prevenire gli abusi», denuncia il portavoce dell’associazione capofila della protesta, Luca Poma. «Clamoroso il caso dell’Emilia Romagna, dove tutta la rete di neuropsichiatria infantile è stata coinvolta e i centri che potrebbero sorgerne sono addirittura 106».
In questo scenario di medicalizzazione di massa, attraverso farmaci scorciatoia che servono forse più ai genitori e agli insegnanti che ai bambini, si inserisce anche la soprendente decisione dell’Emea, l’Agenzia europea per il farmaco, che la scorsa estate ha autorizzato la somministrazione del Prozac ai bambini fin dagli 8 anni, dopo poche sedute di psicoterapia senza risultati. Prima l’antidepressivo era vietato ai minori.
I BIMBI che assumono psicofarmaci in Italia sono trentamila, secondo lo studio dell’Istituto Mario Negri, ma potrebbero moltiplicarsi fino a 700mila, se facessero fede le contestatissime cifre confluite al ministero della Salute dalle Regioni. «Questo vorrebbe dire, se il dato risultasse esatto, ma non lo credo, che ogni cento bambini italiani, nove sono candidati ad assumere psicofarmaci», ha stigmatizzato Poma. In Emilia Romagna i bimbi trattati con psicofarmaci sono attualmente 1600, ancora di più in Veneto (1900), ma secondo le tabelle sotto accusa oggi, che lo psichiatra modenese Camillo Valgimigli definì «della vergogna» fin dal 2001, la proiezione dei possibili baby pazienti trattati chimicamente è di 42mila e 55 mila.
«UNA VOLTA LA MIA TERRA esprimeva il nucleo forte della psichiatria sociale — commenta con amarezza Valgimigli da Modena — ora si è trasformata nella roccaforte di quella organicistica, per non dire lombrosiana». Giù le mani dai bambini, nella lettera al ministro Turco, chiede un tavolo di discussione sull’aumento esponenziale delle prescrizioni di psicofarmaci ai minori. Ma anche di disporre l’obbligatorietà di una particolare etichetta, simile a quella delle sigarette (‘Il fumo uccide’), sulle confezioni dei medicinali per evidenziarne gli effetti collaterali.
Le associazioni chiedono inoltre di promuovere linee di finanziamento per la ricerca indipendente sui disturbi del comportamento nei bambini e propongono infine di «limitare il ruolo dei genitori e degli insegnanti nell’iter diagnostico e di eliminare i test psichiatrici preventivi sulla popolazione infantile, che pongono i bambini a elevato rischio di etichettatura e di stigma sociale».

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