Tratta delle donne, “quote rosa” solo per emigrazione e sfruttamento

Un esercito silenzioso, di donne, varca ogni giorno le frontiere da uno Stato all’altro del pianeta inseguendo il sogno di una vita migliore. Donne che sperano in un’opportunità per sè e le loro famiglie e che spesso vanno incontro a violenze, sfruttamento e abusi.
La denuncia del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (Unfpa) arriva con la pubblicazione del Rapporto 2006 sullo stato della popolazione mondiale, presentato in contemporanea a Roma e in altre capitali. “Svegliatevi!”, ha detto da Parigi Thoraya Ahmed Obaid, capo del Unfpa, rivolgendosi a una folta platea di rappresentanti di governo, “C’è un bisogno urgente di rendere più giusti e più sicuri i processi migratori dei poveri del pianeta”.
La stessa enfasi e lo stesso messaggio si sono levati da Roma nella presentazione di Daniela Colombo, presidente dell’Associazione italiana donne per lo sviluppo (Aidos), che ha curato l’edizione italiana del Rapporto. A rappresentare il governo c’era la vice ministra degli Esteri con delega alla Cooperazione allo sviluppo, Patrizia Sentinelli. Il documento, dal titolo ‘In movimento verso il futuro, donne e migrazione internazionalè, fornisce numeri e retroscena del fenomeno. Secondo l’Unfpa, i rischi cui va incontro qualsiasi migrante, diventano particolarmente gravi se si tratta di donne che costituiscono quasi la metà dei 191 milioni di migranti in tutto il pianeta. “La totale mancanza di opportunità e le gravi violazioni dei loro diritti umani”, ha sottolineato la Colombo, “spinge le donne a emigrare. Bisogna affrontare alla radice e con determinazione queste cause. Anche perchè, una volta nel Paese di accoglienza, violenze ed abusi continuano”. Basti pensare alle migliaia di ragazze che, ricorda la presidente di Aidos, “arrivano nei Paesi ricchi pensando di voltare pagina e costruirsi una vita dignitosa, e invece si ritrovano sul marciapiede”.
Il traffico di esseri umani e, in particolare, la tratta delle donne da avviare alla prostituzione nei Paesi occidentali, è per introiti il terzo commercio illecito più grande al mondo. Solo droga e armi fruttano di più. Il totale delle rimesse, cioè i risparmi che i migranti inviano nei luoghi di origine, è stato nel 2005 di almeno 232 miliardi di dollari, di cui 167 milioni verso Paesi in via di sviluppo. Una cifra di gran lunga superiore agli aiuti versati dai Paesi sviluppati, tanto da rappresentare per quei Paesi la seconda voce di finanziamento, dopo quella degli investimenti diretti esteri. Rimesse poi investite dalle famiglie in istruzione per i figli, per curarsi, per costrursi una casa e per avviare una piccola attività commerciale. «Si tratta di un contributo enorme, economico e sociale, che però», avverte la Colombo, “viene troppo spesso ignorato sia nei Paesi d’origine sia in quelli di accoglienza. Così come sono ignorati i loro bisogni di figlie, di madri, di lavoratrici”. Dal rapporto emerge anche che una delle categorie di migranti più vulnerabili è quella delle collaboratrici domestiche. “Le colf nei Paesi occidentali sono raramente protette dalle leggi sul lavoro”, ha confermato la vice ministra Sentinelli, “e molto raramente viene permesso loro di organizzarsi. Questo le lascia prive di status legale, incapaci di far fronte ai bisogni di base. La situazione va affrontata su due versanti,quello nazionale e quello internazionale, che riguarda le riforme da attuare e sostenere nei Paesi di origine. Qui entra in gioco la cooperazione allo sviluppo, che va incentivata e potenziata”.

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