Cresce la censura su internet

All’inizio sembrava solo la Cina. Adesso sono almeno 40 i paesi che applicano la censura a Internet fatta eccezione per la Corea del Nord che non ha nemmeno spiegato alla popolazione che la rete esiste.
Intuendo la straordinaria potenzialità e libertà della rete, molti governi, quasi sempre autoritari accendono di Firewall per bloccare movimenti i movimenti di opposizione che alzano la voce.
Secondo uno studio della Harvard Law School, con motivazioni di sicurezza, anti-pornografie o terrorismo, il menome comunque è in crescita e presso potrebbe toccare anche le realtà occidentali.«Open Net Iniziative» il progetto di ricerca di Harward condotto in collaborazione con l’università di Torornoto, ha scoperto che almeno 10 stati posso già essere classificati come «pervasive blocker» che regolarmente impediscono ai loro cittadini di accedere alle informazioni e al materiale sulla rete. I più accaniti sono Cina, Iran, Arabia Saudita,Tunisia, Burma, Uzbekistan,Siria, Egitto, Bielorussia e Cuba, dove i frequentatori di hotelk e degli internet cafè vengono ammoniti contro l’uso di parole «sovversive» nelle loro comunicazioni o nella ricerca.
Filtri sofisticati veri e propri blocchi sono stati messi nella rete Internet della Taiulandia dopo il colpo di stato e impediscono la visione di CNN e BBC, mentre in Siria soprattutto i siti arabi che parlano del problema curdo sono stati messi al bando.
In Turchia uno dei bersagli principali è il fenomeno Youtube, da quando sono stati messi in circolazione filmati che ridicolizzavano o criticavano il padre della patria Ataturk.
Il parlamento ha addirittura approvato a tempo di record una legge che punisce come offese criminali i responsabili delle offese.
Ma oltre alle condanne e alle azioni legali, gli esperti di Harvard e Toronto spiegano che stanno spuntando vere e proprie agenzie specializzate nell’attacco cibernetico ai siti «trasgressivi» che vengono bombardati da altri computer e resi praticamente inservibili.
Con 137 milioni di utenti in costante crescita, gli occhi degli studiosi sono puntati sulla Cina considerata una delle grandi maestre nella censura dei mezzi di comunicazione. Pechino considera fondamentale Internet per lo sviluppo economico della società ma la vede anche come una profonda minaccia politica se non si controlla il comunicatore.
Non è un caso allora se a livello nazionale e provinciale sono sorti speciali dipartimenti di polizia che hanno come compito il monitoraggio della rete.
Rivelatore un recente discorso del presidente Hu Jintao che dopo aver elogiato il valore di Internet ha fatto sapere che presto il governo di Pechino per evitare fughe incontrollate soprattutto nella pornografia studierà delle formule di «purificazione »della rete che ne permetteranno l’accesso senza rischi ad un pubblico ancora maggiore.
«Purificare la rete» però è una metafora per non usare la secca parola censura. In realtà il processo permette di filtrare ogni messaggio o informazione dove l’unico giudice del contenuto diventerà il «purificatore» e non il libero cittadino.
«L’informazione vuole e deve essere libera» diceva più di 20 anni fa a San Francisco Stewart Brand co-fondatore della «Well online community» ma aggiungeva anche che «l’informazione vuole essere costosa perché porta valore».
Notizie giuste al momento giusto possono cambiare la vita e adesso che la rete è diventata anche commercialmente rilevante la battaglia e iniziata. E’ una battaglia da un lato per il potere attraverso la censura, dall’altro per il denaro.
Mentre i cinesi bloccano Wikipedia e il pakistan si accinge a bloccare «Google blogging service», Viacom spara su Yutube e pretende i diritti dei materiali pubblicati senza autorizzazione.
In altre parole chi pensava che trasmettere informazioni dallo spazio avrebbe superato ogni legge terrestre si trova ad avere ragione solo in parte. Per colpa del denaro e del potere insomma, non solo della pornografia e dell’abuso dei minori, la rete rischia di essere molto meno libera e molto più esplosiva.

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