Clima e coste: è l’ora delle scelte

dall’inviato
ALESSANDRO FARRUGGIA
_ PALERMO _
L’erosione delle nostre coste avanza da decenni e i cambiamenti climatici aggravano il fenomeno che rischia di giungere ad un punto di non ritorno. A rischio particolare ci sono tutto l’alto Adriatico da Riccione a Monfalcone (e in particolare dai lidi ferraresi fino a Grado), la Versilia e la costa grossetana da Castiglione della Pescaia ad Orbetello e, a Sud, il Garigliano, la zona di Fondi, la costa tra il Garigliano e il Volturno, in Puglia la zona dei laghi di Lesina, di Manfredonia, e del tarantino, e ancora Metaponto, Oristano. E la notizia più importante che emerge dal workshop su “Cambiamenti climatici e ambiente marino” organizzato dall’Agenzia nazionale per l’ambiente (Apat) al castello Utveggio di Palermo in vista della Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici di settembre è che difendere tutte le spiagge non sarà possibile. Occorrerà scegliere. “Le spiagge in erosione sono il 42,1% delle coste basse del nostro Paese _ spiega il professor Umberto Simeoni dell’università di Ferrara _ e ammontano a 1661 chilometri. Per il loro semplice ripascimento artificiale, senza contare le difese a mare, servirebbero 166 milioni di metri cubi di sabbie idonee, che a 10 euro al metro cubo verrebbero a costare 1.660 milioni di euro. Tenendo presente che il trasporto della sabbia dovrebbe essere ripetuto ogni circa 5 anni è evidente che non si potrà disporre di risorse sufficienti per proteggere tutta la costa”. “Con i cambiamenti climatici _ conferma il coordinatore della conferenza nazionale sul clima, Vincenzo Ferrara _ la situazione già oggi seria diverrà in molte zone ancora più grave e occorrerà stilare una lista delle priorità. Per questo serve un piano nazionale di difesa delle coste, che è uno degli obiettivi che ci siamo posti, e occorrerà uscire dalla logica degli interventi di emergenza attuando una programmazione degli interventi che dovranno essere concentrati dove è necessario ed essere il più possibile “leggeri””. “Per effetto dei cambiamenti climatici _ prosegue Ferrara _ grandi opere come il Mose rischiano infatti di essere efficaci per non oltre 20 anni e le barriere a mare che già oggi proteggono centinaia di chilometri delle nostre coste si stanno rivelando inadeguate e controproducenti, non solo perché non possiamo circondare il paese con dighe che costano da 6 a 7 milioni di euro a chilometro, ma anche perchè perché spostano l’erosione nelle zone vicine”. E così alcune zone dovranno essere abbandonate al loro destino. E succede già oggi. Spiega Edi Valpreda dell’Enea: “La regione Toscana ha già fatto la prima scelta in questo senso decidendo di non difendere a mare, ma solo a monte, la foce dell’Ombrone. Ed è stata una scelta corretta”. Altre zone verranno invece protette a mare, ma con forme di difesa di nuovo tipo. “La regione Emilia Romagna _ spiega il professor Simeoni _ è sempre stata un laboratorio avanzato. E’ stata la prima fare le opere a mare, che oggi proteggono circa i due terzi delle sue coste, poi ha provato con i sacchi e i ripascimenti di sabbia e infine si è convita che è meglio fare ricorso a difese innovative. Un esempio positivo è quanto fatto nella zona del faro di Goro, dove si è fatto un ripascimento e sono state create delle “dune armate”, cioè delle dune con un anima di pali montati su cuscinetti. Il sistema ha funzionato benissimo. Adesso si pensa di costruire davanti alla costa delle barre di sabbia, una sorta di dune sottomarine, o di fare una vera rimodellazione dei fondali, sulla base di un disegno preciso di fasce di sabbia che si autoalimentano richiamando altra sabbia e che protegge la spiaggia: lo faremo proprio a Goro”. Con i cambiamenti climatici in arrivo la difesa migliore sono quindi opere leggere, per proteggere le coste a più alta vocazione turistica o di produzione ittica o antropizzate e un abbandono delle altre. E prima si decide una strategia nazionale, migliore sarà il risultato.

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3 Commenti a “Clima e coste: è l’ora delle scelte”

  1. claudio scrive:

    il termine la “rimodellazione dei fondali” suona terribile - cosa si intende con rimodellazione? La pesca a strascico è vietato perché distrugge i fondali naturali con tutta la fauna e flora ? Che differenza c’è ?

  2. alessandro scrive:

    da Farruggia
    ha perfettamente ragione, il termine “rimodellazione dei fondali” suona terribile. Ma non necessariamente è terribile. L’intervento viene effttuato su fondali sabbiosi di pochi metri, prelevando la sabbia da “giacimenti” marini, e consiste nella formazione di “dune sottomarine” di sabbia, non troppo dissimili da quelle che si formano naturalmente sui fondali. I cordoni di dune vengono orientati in modo da ridurre, sulla base di modelli, l’impatto erosivo del mare in un contesto di mancanza di sedimenti. Sono comunque un intervento artificiale, quindi impattante, ma se vengono realizzate a regola d’arte (ad esempio: evitando di seppellire praterie di posidonia) sono quanto di meglio c’è per ridurre l’erosione delle coste, certo meglio delle barriere a mare anche se peggio, molto peggio, di un intervento sui fiumi _ eliminazione di dighe, briglie e ingabbiamenti vari _ che restutuisca loro la capacità di portare a mare i sedimenti. Quella sarebbe la vera soluzione, ma è anche la più complessa da realizzare.

  3. Maria Alberta Ricci scrive:

    sono rimasta choccata di vedere le coste adriatiche deturpate da chilometri di barriere di pietra messe a protezione delle coste. Uno scempio incredibile. E Italia Nostra si da tanto da fare per gli elettrogenatori eolici che almeno servono a produrre un po di energia pulita! Ma si preoccupassero di qualcosa di piu serio come le barriere che scempiano le nostre coste e spingessero per far sì che i fiumi possano tornare a riportare al materiale quei materiali solidi oggi assenti. ma la demagiogia impera. e poi gli amici del carbone e del petrolio sono più infuenti di quelli delle coste.

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