Archivio di Giugno 2007

Oggi il Kosovo, domani la Lombardia

Lunedì 11 Giugno 2007

Caro De Carlo,
nella sua recente visita nei Balcani il presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha detto di appoggiare l’aspirazione del Kosovo all’indipendenza. Ne sono rimasto stupito. Quella terra è serba da almeno mille anni. E’ la culla della storia serba. Il fatto che oggi la maggioranza della popolazione sia albanese e non più serba, musulmana e non più greco-ortodossa non può fare violenza alla storia, alla tradizione, alla cultura, al sentimento nazionale. Mi piacerebbe avere il suo parere al riguardo.
Ritiene giusto che la Serbia venga mutilata di una delle sue province?
F.G, Ancona
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Sì. Ritengo che la Serbia si debba rassegnare. E sa perché? Perché non è stata in grado di difendere nel tempo la sua identità nazionale in quella regione. Sono d’accordo con lei che il Kosovo è la culla della sua storia. Ricordo a chi l’avesse dimenticato o non lo sapesse che i primi insediamenti di serbi bianchi risalgono al 630 dopo Cristo. Che nei secoli i serbi si dissanguarono in lotte cruente con bulgari, bizantini, ottomani eccetera per difendere il Kosovo.
Ma poi non hanno saputo difendersi da un’altra invasione, quella degli albanesi venuti dal sud. I quali oggi rivendicano il diritto all’autodeterminazione come consacrato nella carta dell’Onu.
E allora ricaviamone una lezione anche per noi italiani. A lei e ai miei lettori voglio rivolgere una controdomanda: se domani in forza di una stupida e miope politica dell’immigrazione la Lombardia dovesse avere una popolazione a maggioranza musulmana e se questa popolazione chiedesse l’indipendenza, come reagiremmo noi italiani? A mio parere con rabbia. Faremmo di tutto per scongiurarla. Forse anche con una guerra come quella lanciata a suo tempo da Milosevic e contro il quale la Nato (con l’Italia di D’Alema in primo piano) si mobilitò. A torto, in quanto si trattava di una questione di politica interna e non internazionale.
Ebbene in un caso del genere, se cioè una Lombardia musulmana volesse l’indipendenza, noi italiani faremmo male a prendercela con i nuovi arrivati. Dovremmo prendercela con noi stessi: siamo stati noi ad aprire loro le porte di casa nostra. Avremmo dovuto pensarci prima, anziché farci condizionare dalle convenienze del momento (elettorali, economiche, eccetera).

Un memorial alle vittime del comunismo (cento milioni)

Sabato 2 Giugno 2007

Navigando su Internet e avendo la fortuna di conoscere l’inglese, le mie informazioni preferisco prenderle dai giornali americani. Così l’altro giorno ho letto sul ‘’Washington Post’’ che il 12 Giugno prossimo nella capitale americana verrà inaugurato un memorial alle vittime del comunismo. Il discorso principale sarà di un deputato di origine ungherese, scappato negli Stati Uniti dopo la fallita rivolta antisovietica del 1956, Tom Lantos, il quale è anche – guarda caso – presidente della Commissione Esteri della Camera, uno dei due rami del Congresso. Forse parlerà anche il presidente George W. Bush, di ritorno dal suo viaggio europeo (farà anche, come si sa, una sosta in Italia che i comunisti li ha addirittura al governo).
…e allora mi sono chiesto: sappiamo tutto dei crimini del nazismo, ma quanti sanno di quelli del comunismo? Quanti sanno che le vittime di questa mostruosa ideologia sono cento milioni, milione più milione meno? Quanti sanno che Lenin e Stalin fecero fuori venti milioni di kulaki, sei milioni di ucraini? Che fecero scomparire intere popolazioni cosacche? Che Mao fece morire di fame 60 milioni di cinesi? Che Pol Pot sterminò quattro milioni di cambogiani? Che Ho Chi Minh fece lo stesso con i vietnamiti nei suoi campi di rieducazione? Che Castro i dissidenti li seppelliva nell’Isola dei Pini?
Quanti sanno tutto questo? E perché un monumento del genere non viene dedicato anche in Italia?
Con stima,
Giorgio M., Modena

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Perché? Ma perché, come lei ricorda, in Italia i comunisti li abbiamo addirittura al governo. E perché se qualcuno da sinistra (da destra mai, perché sarebbe considerata una provocazione) denuncia i loro crimini, viene insultato, isolato, boicottato. Vedi il caso Pansa.
Eppure l’olocausto delle vittime del comunismo non è stato meno atroce di quello delle vittime del nazismo. Anzi in termini quantitativi è stato dieci volte superiore.

La bandiera dei veterani americani

Sabato 2 Giugno 2007

Dott. De Carlo,
so che lei vive negli States, nazione che ammiro moltissimo. So anche che ogni anno, a fine Maggio, si celebra il Memorial Day, il giorno della memoria a ricordo di tutti coloro che hanno perso la vita sul campo di battaglia. E ogni volta ho notato che la capitale, Washington, è invasa da decine di migliaia di Harley Davidson. Suppongo anche quest’anno. Ma la cosa più sorprendente è che a cavallo di queste leggendarie motociclette non ci sono dei ragazzini, ma uomini e donne dai capelli bianchi o comunque brizzolati. Con elmi, elmetti, bandane, cuoio nero . E bandiere.
Me ne sa spiegare la ragione?
Antonio G., Ferrara

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La spiegazione è semplice. Quei maturi centauri sono i veterani delle guerre combattute dal Vietnam in poi. Affluiscono a Washington da ogni Stato dell’Unione, si raccolgono davanti ai memorials. Pregano, cantano, lasciano fiori e biglietti. Senza retorica e con molta commozione. Sono patrioti, non contestatori. Giuste o sbagliate le guerre in cui furono coinvolti, prevalgono in loro il senso del dovere, del servizio, il cameratismo.
Gli Stati Uniti sono una nazione guerriera, la Prussia dell’era moderna. Negli ultimi sessant’anni sono stati trascinati in guerra una mezza dozzina di volte. Con una sola eccezione: l’Iraq. In tutte le altre occasioni hanno risposto a un’aggressione o diretta o indiretta, vale a dire subita da un alleato. Pearl Harbor fu un’aggressione diretta. L’11 Settembre fu un’aggressione diretta. Quelle in Corea e Vietnam furono aggressioni indirette.
Logico che le tradizioni militari abbiano radici profonde e siano molto sentite. E tanto più sono sentite da questi veterani quanto più contestato è l’impegno militare. Come sta accadendo in questi mesi. La guerra in Iraq è crescentemente impopolare. Il dibattito pubblico è durissimo. Ma quando sventola la bandiera, tutti gli americani si ricompattano e si inchinano davanti a coloro in onore dei quali si celebra il Memorial Day.