La bandiera dei veterani americani

Dott. De Carlo,
so che lei vive negli States, nazione che ammiro moltissimo. So anche che ogni anno, a fine Maggio, si celebra il Memorial Day, il giorno della memoria a ricordo di tutti coloro che hanno perso la vita sul campo di battaglia. E ogni volta ho notato che la capitale, Washington, è invasa da decine di migliaia di Harley Davidson. Suppongo anche quest’anno. Ma la cosa più sorprendente è che a cavallo di queste leggendarie motociclette non ci sono dei ragazzini, ma uomini e donne dai capelli bianchi o comunque brizzolati. Con elmi, elmetti, bandane, cuoio nero . E bandiere.
Me ne sa spiegare la ragione?
Antonio G., Ferrara

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La spiegazione è semplice. Quei maturi centauri sono i veterani delle guerre combattute dal Vietnam in poi. Affluiscono a Washington da ogni Stato dell’Unione, si raccolgono davanti ai memorials. Pregano, cantano, lasciano fiori e biglietti. Senza retorica e con molta commozione. Sono patrioti, non contestatori. Giuste o sbagliate le guerre in cui furono coinvolti, prevalgono in loro il senso del dovere, del servizio, il cameratismo.
Gli Stati Uniti sono una nazione guerriera, la Prussia dell’era moderna. Negli ultimi sessant’anni sono stati trascinati in guerra una mezza dozzina di volte. Con una sola eccezione: l’Iraq. In tutte le altre occasioni hanno risposto a un’aggressione o diretta o indiretta, vale a dire subita da un alleato. Pearl Harbor fu un’aggressione diretta. L’11 Settembre fu un’aggressione diretta. Quelle in Corea e Vietnam furono aggressioni indirette.
Logico che le tradizioni militari abbiano radici profonde e siano molto sentite. E tanto più sono sentite da questi veterani quanto più contestato è l’impegno militare. Come sta accadendo in questi mesi. La guerra in Iraq è crescentemente impopolare. Il dibattito pubblico è durissimo. Ma quando sventola la bandiera, tutti gli americani si ricompattano e si inchinano davanti a coloro in onore dei quali si celebra il Memorial Day.

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