Pavarotti non era madre Teresa di Calcutta
Caro Dottore,
le scrivo da modenese a modenese. Le è sembrato opportuno il gran carnevale orchestrato per la morte del nostro illustre concittadino Luciano Pavarotti? Le è sembrato giusto fare del Duomo la camera ardente? Non mi risulta che Pavarotti sia mai stato molto religioso. La sua vita non è stata un modello di virtù cristiane. Ha mollato moglie e figli. Ha divorziato. Si è risposato. E anche nella sua qualità di contribuente fiscale ha preferito cercare rifugio a Montecarlo.
E allora? Perchè il rito solenne in cattedrale come se la bara esposta fosse quella di Madre Teresa di Calcutta? Perchè il pellegrinaggio delle più alte cariche dello Stato? Perchè le frecce tricolori e la mobilitazione esagerata della Rai? Ma insomma chi ha pagato per tutto questo?
Gino V., Modena
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D’accordo, signor Gino. Pavarotti non era madre Teresa di Calcutta. E dunque la sua bara l’avrei vista meglio in Teatro Comunale che non in Duomo, fatta salva naturalmente la funzione religiosa. Ma trovo appropriata la solennità dei funerali. Luciano Pavarotti era più di un bravo cantante. Era un mito, un divo, un vanto per Modena e l’Italia, quasi quanto e forse più della nostra (da modenese) Ferrari.
Inappropriata è stata piuttosto la cornice: le Frecce Tricolori, la processione dei nostri governanti, Prodi in testa, ansiosi di capitalizzare la pubblica commozione, la dissennata mobilitazione della Rai accorsa con un esercito di operatori, tecnici e giornalisti con i quali avrebbe potuto girare venti servizi.
Che spreco di pubblico denaro! E che rabbia! A ripianare le spese saranno chiamati i soliti, tartassati contribuenti italiani. Che Pavarotti avesse cercato di porsi al riparo dalle rapine di Stato appare comprensibile, se non giustificabile. Non era il solo, come sappiamo.