Pci e dopoguerra
Caro Dott. De Carlo, per favore può segnalarmi i lavori di suo padre sulla guerra di liberazione e il disegno del Pci per il dopoguerra?
Da un paio di giorni è arrivato in libreria una mia raccolta di saggi “Compagno cittadino. Il Pci tra via parlamentare e lotta armata”, edito da Rubbettino, in cui mi occupo di questi argomenti, e dell’Emilia, soprattutto sulla base delle fonti Usa su cui ho lavorato a lungo. Sto preparando un secondo volume dedicato all’apparato militare del Pci ( di cui anticipo qualcosa in quello prima citato) nel dopoguerra. Pertanto, credo che gli scritti di suo padre potrebbero essermi utili.
La ringrazia e La saluta cordualmente il suo salvatore sechi
Prof. Salvatore Sechi
Ordinario di Storia contemporanea
Facoltà di Lettere e Filosofia
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Illustre Professore,
scusi il ritardo della risposta, ma mi trovavo per un paio di giorni fuori Washington, dove abitualmente risiedo.
Dunque, mio padre alla fine degli anni Cinquanta o primi anni Sessanta (esattamente non ricordo ma potro’ esserle piu’ preciso in seguito) fu autore insieme con Giorgio Pisano’ di un’inchiesta giornalistica in numerose puntate per il settimanale Oggi che allora era diretto da Edilio Rusconi.
La cosa sbalordi’ il mondo giornalistico e l’elettorato moderato. Il primo, perche’ pubblicare gli orrori e le stragi perpetrate dai partigiani comunisti nel triangolo della morte era considerato sacrilegio. Il secondo, perche’ non poteva credere che la storia potesse essere vista anche con occhi non faziosi.
A quel tempo io ero un adolescente, ma ricordo bene le minacce, le intimidazioni, le accuse rivolte ai due coraggiosi giornalisti, entrambi formatisi alla scuola di Guareschi in Candido. Fu quest’ultimo - come ricordera’ - a far sorgere nel grande pubblico il sospetto che la guerra partigiana non fosse altro che il prologo alla conquista del potere e all’instaurazione di un regime di tipo cecoslovacco, quello delle cosiddette democrazia popolari. L’episodio del carro armato nascosto nel fienile di Peppone ne e’ una colorita proiezione.
Del resto basta scorrere le cronache degli anni Cinquanta per rendersi conto di quanti arsenali di armi fossero stati nascosti nelle campagne padane.
In seguito a quell’inchiesta che lei potra’ trovare nelle collezioni di Oggi, Pisano’ usci’ con un libro elaborato con la collaborazione di mio padre. Titolo: Sangue chiama sangue.
Detto questo, ho l’impressione che Giampaolo Pansa nei suoi libri sulla Resistenza scopra l’acqua calda. Con mezzo secolo di ritardo. Tuttavia, come si dice, meglio tardi che mai, anche perche’ ancora adesso le resistenze alla revisione della retorica resistenziale sono molti forti. E se Pansa non viene linciato e’ solo perche’ la sinistra non egemonizza piu’ come un tempo la cultura nazionale. C’e’ anche qualche voce fuori dal coro. Anche in questo caso: meglio tardi che mai.
Con molta cordialita’ e auguri per le sue ricerche storiche,
Cesare De Carlo