Come sottrarci al ricatto petrolifero

Egr. dott. De Carlo,

in relazione al suo articolo pubblicato su La Nazione del 22 gennaio u.s. intitolato: “la guerra del petrolio”, che ho molto apprezzato, vorrei aggiungere alcune considerazioni.

La riduzione del prezzo del petrolio, lei dice, porterà indubbi benefici alle economie dei paesi occidentali e magari anche ad una diminuzione del terrorismo, essendo quest’ultimo alimentato proprio dai petroldollari. Vero, senza dubbio; ma non facciamoci troppe illusioni:

1) il prezzo del petrolio è destinato ad aumentare, almeno sul lungo termine, perché sarà sempre più difficile estrarlo (giacimenti in via di esaurimento, ecc. ecc.)
2) neppure il terrorismo diminuirà, purtroppo, perché tantissimi sono i paesi che segretamente lo finanziano. Non crede che Cina e Russia, da sempre nemici “fisiologici” dell’Occidente, finanzino segretamente il terrorismo? E che dire di Venezuela, Arabia Saudita, Corea del Nord? E chissà quanti altri?

E, ciò premesso, resta un altro motivo per cui non è ragionevole abbandonarsi all’ottimismo: la volontà (più o meno mascherata) di Bush di attaccare l’Iran. Lei sa certo meglio di me che se ciò avvenisse, il prezzo del petrolio schizzerebbe oltre i 100 dollari al barile, mettendo in ginocchio la nostra già fragile economia. Ma cosa ancora peggiore scatenerebbe una reazione terroristica rabbiosa e incontrollabile, a cui sarebbe difficile sfuggire.

Personalmente ritengo che se il prezzo del petrolio, da 6 mesi a questa parte, è diminuito, è solo per un motivo: molti si sono convinti che Bush non muoverà guerra all’Iran. Ottimisti! Io invece non sopravvaluto l’intelligenza di Bush, per cui sono molto preoccupato.

Cordiali saluti

Voltaire 2001

*** *** ***
Caro ‘’Voltaire’’, Bush non è un’aquila. Questo lo hanno capito in molti. Ma non è nemmeno quel fesso che gli antiamericani pretendono che sia. Anche lui si rende conto che una cosa è fare la guerra all’Iraq (dove comunque è impantanato) e un’altra all’Iran, che è un Paese di 70 milioni di persone, bene armato, capace di scatenare un’ondata terroristica ben più devastante di quella di Al Qaeda.
Ecco perché Bush per ora usa l’arma del petrolio, forzando una contrazione delle importazioni.
Con meno petrodollari Ahmadinejad ci metterà più tempo a costruirsi l’atomica e soprattutto vedrà aumentare l’opposizione interna sempre piu’ vigorosa.
Questa è la strada da battere quando si ha a che fare con regimi totalitari: farli implodere.
Reagan fece così con l’Unione Sovietica. Non dimentichiamo che Gorbaciov se ne andò non perché si fosse convertito alla liberal-democrazia, ma perché non aveva più un rublo per far andare avanti il comunismo riveduto e corretto da glasnost e perestroika. Il suo petrolio sul mercato internazionale non valeva più di qualche dollaro al barile.

Lei ha ragione a ritenere transitori gli attuali ribassi. Ma questa è un’occasione d’oro, se gli Usa e l’Europa la sapranno sfruttare. Potremmo utilizzare la pausa di respiro per rilanciare il nucleare e le energie rinnovabili, per consumare meno carburante, per riscaldare un po’ meno le nostre case (anche con la collaborazione de ‘’el nino’’).

Ma ora gliela porgo io una domanda retorica: lei crede che con la sua sgangherata maggioranza il governo Prodi possa fare un’intelligente politica dell’energia?

Collegamenti sponsorizzati


Scrivi un commento