La Turchia dentro o fuori?

Riguardo all’ingresso in Europa della Turchia, uno degli argomenti più
usati ed abusati è che, se non li faremo entrare, i turchi si butteranno
fra le braccia degli integralisti.
In questo modo,si creerebbe un principio per cui i Turchi dovrebbero essere premiati, o pagati, per farci
l’onore di entrare a far parte del nostro club di infedeli.
Questo concetto di premio è assurdo perchè, per chi ci crede, la democrazia è un
valore, cioè , etimologicamente parlando, ha un valore positivo di per
sè.
Quindi,dire che,se non vengono pagati,i turchi rinuncerebbero alla
democrazia,significa che loro non credono al valore della democrazia.
A questo discorso generale,va aggiunto il fatto incontrovertibile
che,dalla seconda guerra mondiale ad oggi,in nessun paese la democrazia
è stata portata o accompagnata da premi, ma semmai, da enormi perdite ed
umiliazioni.
In Italia la democrazia è stata accompagnata dalla perdita
delle colonie, dell’Istria, dalla perdita del rango di grande potenza
etc..
In Germania la democrazia è stata accompagnata dalla espulsione in
massa di milioni di tedeschi, dalla divisione del paese , dall’umiliazione
e dalla vergogna.
In Giappone lo stesso.
Anche recentemente,in Paesi che non sono stati sconfitti in guerra, come la Russia, la democrazia
doveva, per gli USA, sempre accompagnarsi con l’accettazione impotente
dello smembramento del Paese, con la perdita di sovranità, con la fuga di
capitali all’estero,etc
Anche ora, in Serbia, la democrazia verrà accompagnata dalla perdita del
Kossovo,dopo esserci stata portata con le bombe.
Come mai per i Turchi valgono altre regole? Per LORO,la democrazia è
compatibile con l’occupazione del Kurdistan, con l’invasione di Cipro, con
la negazione del genocidio degli Armeni, magari con l’occupazione del
Kurdistan iracheno.
Perchè LORO possono fare tutto questo senza che i guardiani della
democrazia europei ed americani fiatino, salvo poi protestare se Putin si
permette di fare la decima parte di quello fatto dai Turchi?
g.cipolla@ao-siena.toscana.it

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Sa perché? Perché dei turchi l’Europa ha ancora paura. E a ragione. I turchi non hanno alle spalle solo una storia fatta di conquiste territoriali in Asia, Africa, Europa. Arrivarono sino a Vienna.
I turchi sono tuttora una grande potenza, anche se pochi se ne ricordano. Sono il Paese militarmente più forte dell’area mediterranea. Hanno armi moderne, organizzazione e quadri. Hanno un esercito che è anche una forza politica, nel senso che è il guardiano della laicità dello Stato. Così volle Ataturk negli anni venti. Per cui trovo incomprensibili e controproducenti gli appelli della Ue che invita i militari turchi a starsene fuori dalla lotta politica e a non porre veti all’elezione di un militante islamico a presidente della Repubblica. Se non lo facessero tradirebbero la loro Costituzione e renderebbero a noi un pessimo servizio. Sono i garanti costituzionali della laicità dello Stato, coloro che nel corso del secolo passato hanno cercato di introdurre anche nella società turca i valori occidentali ai quali appunto Ataturk si ispirava.
Pur tuttavia già nel recente passato fecero un passo indietro. Accadde quando accettarono che la carica di capo del governo venisse conferita a Erdogan, islamico ma laico. Gul, il candidato alla presidenza, non è affatto un laico. E, come lei sa, per un militante islamico le due sfere, quella politica e quella religiosa, non sono separabili. In caso di contrasto prevale la Sharia.
Ebbene, se fa ancora paura una Turchia laica. Figurarsi una islamica, una volta che si ponesse alla testa del fondamentalismo e si trascinasse dietro gli arabi.
Alla luce di queste considerazioni, l’unica strategia ragionevole da parte dell’Europa è il contenimento. Un po’ come ha fatto la Nato in campo strategico. Mi rendo conto delle difficoltà di associare a pieno titolo una nazione cosi diversa all’Unione Europea. Ma un qualche legame di carattere economico dovrà essere trovato. Pregiudiziale è scongiurare una deriva verso il Medio Oriente arabo.

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