Mentalità e camorra

La continua “emergenza rifiuti” che affligge Napoli mette in primo piano la
«mentalità napoletana». Ma qual è questa mentalità? A dirlo non basterebbero
pagine e pagine zeppe di giudizi, analisi, aneddoti, ricordi. Ho aggiunto la
parola «ricordi», perché per parlare di Napoli occorre avervi vissuto. Io mi
limiterò a mettere in evidenza un aspetto fondamentale dello spirito
partenopeo: il culto spasmodico da parte dell’individuo della “superiorità”;
superiorità non solo d’animo, di generosità, d’intelligenza, d’arguzia, ma anche
di ceto, di denaro, di potere, di scaltrezza. Forse in pochi altri posti esiste
come a Napoli una frattura così profonda tra il lavoro manuale e quello non
manuale. Nell’ex perla del Mediterraneo potenti e sempre presenti sono i
simboli che identificano le classi elevate e le classi umili, che distinguono
cioè i “signori” dai “fetenti”. Questo culto spasmodico dell’elevazione sociale
crea nell’individuo un’idiosincrasia verso tutto ciò che rischia di collegarlo
alle classi umili, ai “cafoni” insomma.
A Napoli non sembra essersi ancora spenta l’eco della tremenda miseria dei
secoli passati, quando all’ombra del Vesuvio l’umanità era divisa tra plebe e
nobiltà. Questo baratro tra plebe e nobiltà e questa ossessione
dell’innalzamento sociale sono stati evidenti anche in Totò, quintessenza della
napoletanità. Il Totò lazzarone, figlio della plebe, nato in un basso, cresciuto
con lo stomaco vuoto, coltivò per tutta la vita un sogno patetico di nobiltà,
rivendicando per sé un fantomatico blasone nobiliare come “Principe di
Costantinopoli”. Totò, infatti, riteneva di discendere da lombi nobilissimi.
Culto della forma, spagnolismo, individualismo anarchico, ossessione dello
status sociale sono tra i fattori che impediscono a Napoli di entrare nella
modernità. “Rimbocchiamoci le maniche!” o ancora “Raccogliamo e smaltiamo noi
stessi l’immondizia” è un grido d’azione che nella stagnante realtà partenopea
non potrà mai essere lanciato né da un napoletano del ceto superiore né da uno
delle classi umili. A Napoli ciò equivarrebbe a “sporcarsi le mani”. E lo
sporcarsi le mani è “da cafoni”.
Claudio Antonelli (Montréal)

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La mentalità è quella che è, d’accordo. Ma non dimentichi le responsabilità del governo regionale guidato dal postcomunsta Bassolino. Sotto la sua presidenza la camorra l’ha fatta da padrona e la regione affoga nella spazzatura e nel ridicolo. Povera Campania! Chi andrà più in vacanza da quelle parti?

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