Referndum elettorale: un’altra presa in giro

Caro De Carlo,
Vedo che persino Di Pietro, dico Di Pietro il moralizzatore di Mani Pulite che ora però sono tornate sporche a contatto con la dissociata maggioranza di cui fa parte, invoca il referendum come mezzo liberatorio dai mali nazionali. Il referendum dovrebbe riformare la legge elettorale e eliminare la vergogna di un parlamento in cui sono rappresentati oltre venti partiti.
Vedo anche che i piccoli partiti fanno fuoco e fiamme e li capisco. Nessuno è disposto a suicidarsi in nome della governabilità. A piccoli partiti non interessa un fico secco della governabilità. Interessa solo continuare a esistere e assicurarsi così i finanziamenti pubblici connessi alla pura esistenza.
Ma allora che fare? Dobbiamo continuare a farci ricattare dai vari Diliberto, Mastella, Casini, Bossi, Boselli, tanto per citarne alcuni? Dobbiamo rassegnarci ad affondare senza nemmeno tentare di tornare a galla?
Alvaro Miceli

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Sì, caro Miceli, non rimane che rassegnarci. L’Italia si conferma irriformabile. Almeno nel breve termine. Per cui i nani della politica continueranno a ricattare i loro maggiori alleati e a paralizzare l’intero sistema. Né si illuda sul referendum. Se si terrà, ripeto se si terrà, e se dovesse passare la richiesta principe che è quella di un premio di maggioranza da assegnare ai partiti e non alla coalizione, saremo presi in giro come avvenne all’indomani del referendum del 1993.
Allora avevamo votato per l’abolizione del proporzionale (e dunque implicitamente per l’adozione del maggioritario) e il Parlamento nazionale ci regalò un sistema misto che anziché ridurre aumentò il numero dei partiti. Poi ci pensò Berlusconi a ritornare all’antico con il ripristino del proporzionale. Con il bel risultato che per far piacere alla pattuglia democristiana ci rimise le penne.
Ora si cercano correttivi al proporzionale come mezzo per ridurre il numero dei partiti, quando invece la cosa più logica sarebbe abrogarlo una volta per tutte. Il correttivo proposto dai referendari consiste nell’assegnare il premio di maggioranza al partito che ha preso più voti e non alla coalizione.
Stia tranquillo: andrà a finire, come nota Sartori, che un minuto dopo le elezioni la lista che ha ottenuto più voti si ridividerà in tutti i partiti e partitini che la compongono. E dunque addio prospettiva di governi più stabili. Insomma un’altra presa in giro.

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