Corsi d’italiano disertati dagli immigrati

Caro De Carlo,
ho letto sul Corriere un articolo del solito ammirevole Magdi Allam (ammirevole per la lucidità delle sue argomentazioni e per il coraggio con cui le sostiene). In un’intervista condotta a Parma, il vicesindaco gli ha confessato il fallimento dei corsi di italiano per stranieri organizzati dal Comune stesso e dell’Associazione industriale. Su 16 mila immigrati residenti in città, una bella cifra come si vede in una città che conta meno di duecentomila abitanti, se ne sono presentati cinque. Ripeto cinque. E dire che quei corsi sono gratuiti. Secondo lei da cosa dipende?
A.P.

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Secondo me dipende da due fattori complementari. In primo luogo da chiusura nei confronti della patria di adozione che molti, soprattutto i musulmani, sentono nemica. In secondo luogo da refrattarietà a lasciarsi pienamente integrare.

Studiare una linga straniera non aiuta solo a meglio inserirsi nel mondo del lavoro. Trasmette anche una cultura. E proprio qui sta il problema. Perchè la nostra cultura, laica, liberale, tollerante è incompatibile con quella integralista, illiberale, intollerante degli immigrati che provengono dal Medio Oriente e professano un islamismo fondamentalista. Per costoro non esiste separazione fra sfera civile e sfera religiosa. Quest’ultima, in forza della sharia, ha la preminenza sulla prima. Ed è chiaro che ogni tentativo di integrazione e dunque di omologazione a un principio diverso minaccia il primato religioso.

Così nascono i ghetti, non per esclusione dall’esterno, ma per segregazione dall’interno. E così nascono i conflitti destinati a scoppiare in un futuro più prossimo di quanto non si creda, perchè i musulmani fanno figli e dunque aumenteranno rapidamente di numero e gli italiani non ne fanno e dunque saranno sempre più suscettibili di diventare minoranza in casa propria. La storia è ricca di esempi dei genere.

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