Italiani schiavi del melodramma
Anche se non si vive in Italia, è sufficiente dare uno sguardo ai suoi
quotidiani, oppure seguire i programmi radiofonici o televisivi che da lì ci
giungono, per rendersi conto della maniera patologica in cui nella penisola
trattano gli avvenimenti di politica, di cronaca nera, e tutto il resto.
I mass media, in Italia, svolgono la funzione che il bar e il salone del barbiere hanno
nelle discussioni: fungono da cassa di risonanza per concitate polemiche in cui
tutti vogliono aver ragione, e in cui nessuno ascolta gli altri.
Quasi tutto lo spazio disponibile, sulla pagina scritta e sulle onde, è
consacrato al tema del momento, il che permette di dare la stura al gusto
dell’esagerazione e dell’allarmismo ad oltranza degli italiani, giornalisti in
testa.
Tutti si agitano. Tutti si allarmano.Tutti catoneggiano. Tutti propongono una
soluzione al problema dell’ora. Ognuno, naturalmente, interpreta i fatti alla
luce della propria affiliazione partitica. È un po’ l’antica storia dei guelfi e
ghibellini…
I politici della Casta, sempre al centro di tutto, fanno anche gli attori in
certi strani programmi televisivi di cui gli italiani sono ghiottissimi. E cosa
fanno questi “attori”? Si esibiscono gargarizzandosi – more solito – con
discorsi polemici.
I fatti di cronaca suscitano, in Italia, un interesse che definire morboso forse
è dir poco. Nella penisola tutti i fatti di nera, se solo un po’ gravi,
assurgono istantaneamente ad avvenimenti nazionali. Annualmente si verifica il
giallo estivo che permette a colpevolisti e innocentisti di partecipare, anche
in vacanza, allo spettacolo “giustizia”. Quest’anno vi è stato l’omicidio di
Chiara Poggi, di cui è sospettato il fidanzato. Rientrati dalle vacanze, gli
italiani hanno avuto quest’anno il piacere di inorridire, di lamentarsi e di
allarmarsi per la studentessa inglese uccisa a Perugia. Come se non bastasse, i
mass media ritornano all’infinito sui delitti del passato. Inquirenti, giudizi,
poliziotti, esperti, giornalisti si mettono in mostra intorno ad un cadavere che
tornano periodicamente a riesumare sotto il flash dei fotografi. Il delitto di
Cogne è un esempio fra i tanti.
Ma non è solo la cronaca a stimolare le ugole. I fatti scatenanti l’orgia
parolaia sono i più disparati. L’importante per gli italiani è polemizzare.
Nella penisola si ha una nozione africana del tempo: nulla passa, tutto ritorna.
E così su tutti gli argomenti già affrontati, come in un bolero di Ravel, si
ritorna all’infinito.
In queste logomachie condotte con le chiappe incollate sulla sedia, ha facile
gioco il “voodoo” dei dietrologi. Gran cultori della furbizia, gli italiani non
accettano l’evidenza dei fatti, preferendo credere all’azione diabolica di
fantomatici registi che tirano i fili in questa commedia dell’arte dove tutti
gli italiani sono attori e spettatori, contemporaneamente.
Claudio Antonelli (Montréal)
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Come tutti sanno, l’Italia è il Paese che ha inventato il melodramma. E dunque esagerazioni emotive, enfasi a non finire, ampollosità verbale, entusiasmi eccelsi e disperazioni profonde.
Per gli stranieri questa mancanza di misura e di buon senso è stupefacente. E motivo di divertimento.
In una recente pubblicità televisiva sul network Abc (non ricordo a che proposito) si vede un calciatore in maglia azzurra rimanere sul terreno di gioco per un infortunio. La mamma urla angosciata ‘’tragedia’’. Il parroco accende candele propiziatorie. La gente prega nelle strade. Poi il calciatore si riprende e ritorna a giocare. E allora la mamma urla ‘’miracolo’’. Il parroco scioglie le campane. La gente applaude freneticamente. Insomma i soliti italiani!