Il maestro-killer di JonBenet

HA CONFESSATO, si è accusato da solo. Adesso dice «mi dispiace…la amavo, è stato un incidente.». Uno dei grandi e macabri segreti d’America si è risolto dopo quasi 10 anni. L’assassino, lui dice involontario di JonBenet Ramsey, la stupenda baby miss America dagli occhi blu, trovata strangolata a 6 anni il giorno dopo Natale nella villa di famiglia a Boulder, in Colorado, ha un nome. Si chiama John Mark Karr, ha 41 anni e faceva l’insegnante elementare. Lo hanno arrestato a Bangkok in un sordido residence a due passi dalle strade del vizio frequentate dai pedofili.

«ERO CON JonBenet quando è morta — ha detto subito Karr alla polizia tailandese che lo interrogava — Doveva essere solo un rapimento ma è finito male….». La biondissima modella bambina è stata trovata strangolata e con un forte colpo alla nuca. Sotto le unghie e nelle mutande aveva tracce di Dna che la polizia e l’Fbi però non sono mai riuscite a identificare. Per tutti questi anni i principali sospettati sono stati i genitori e il fratello maggiore.
Hanno sempre proclamato la loro innocenza. Patsy, la madre di JonBenet è morta 2 mesi fa di cancro alle ovaie e fino all’ultimo ripeteva «l’assassino di mia figlia è ancora la fuori, arretatelo». John Mark Karr era in Thailandia ormai da qualche anno e stava addirittura cercando lavoro come insegnante nelle scuole vicino ai centri di raccolta della prostituzione infantile.
Sudato e agitato si è solo ribellato quando la polizia gli ha comunicato che il capo d’imputazione era: omicidio premeditato.

«NON È VERO — ha urlato — è stato omicidio preterintenzionale». Tra una settimana il maestro-assassino verrà estradato a Boulder, la stupenda cittadina universitaria a 60 chilometri da Denver, patria dei «Poliamorosi», uno dei gruppi che praticano ancora l’amore libero, dove la popolazione si è subito spaccata in due, 10 anni fa, sulla «colpevolezza» dei genitori. In pochi per la verità credevano alla versione della madre che sosteneva la tesi dell’intruso dopo aver trovato a poche ore dalla scomparsa della star-bambina un foglietto scritto a macchina nell’intercapedine di una porta che chiedeva un riscatto di 118mila dollari per la piccola JonBenet.
La baby miss America invece era già cadavere nell’ampio sottoscala, nascosta fra scatoloni di giocattoli vecchi. Accuse di perversione ai genitori, giochi satanici , un raptus del fratello crudele si sono accavallati per anni con la magistratura sotto accusa perché non è mai stata in grado di effettuare alcun arresto.
Fior di avvocati e giuristi, periti della scientifica, investigatori privati sono stati coinvolti nel grande mistero d’America. John Ramsey, un facoltoso manager che ha dovuto abbandonare Boulder e il lavoro per rifugiarsi in Georgia, il suo stato natale, sostiene di un avere mai conosciuto il confesso assassino anche se fonti della polizia sostengono che John Mark Karr abitava anche lui in Georgia poco lontano dai Ramsey.
C’è una sola persona che difende l’ex-maestro accusato anche di pedofilia. E’ la ex moglie Lara, che dalla California gli offre un inutile alibi.

«E’ IMPOSSIBILE che sia stato lui — dice — Era con me in Alabama nei giorni del delitto». La polizia non l’ha ancora sentita, ed è evidente che non le crede. Già da due mesi gli agenti dell’FBI erano sulle sue tracce, insospettiti da una inquietante corrispondenza elettronica che Karr teneva dalla Tailandia con gente di Boulder molto informata sul caso. Alla fine è scattata la trappola. Il maestro-assassino che nessuno giudica mitomane era già nella lista dei sospetti, ma poi riuscì per anni a confondere le acque.
Ai poliziotti thailandesi che lo arrestavano ha detto addirittura di aver scritto una lettera alla signora Patsy Ramsey già in fin di vita per dirle« sono davvero terribilmente dispiaciuto per quello che è successo all’adorabile JonBenet». Se ripeterà la sua confessione anche in tribunale e il Dna potrà essere confrontato, per John Mark Karr il futuro è soltanto l’iniezione letale.

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