Pacificazione e ritardi storici

Caro De Carlo,
il libro di Pansa è inutile se non seguito da concrete iniziative… Mi riferisco in particolare alla mai avvenuta pacificazione tra chi militò nell’ Esercito del Sud (creato con grande fatica dal Re Vittorio Eman.3° di Savoia) e nelle Formazioni Partigiane, e chi militò nella Repubblica Sociale Italiana….
Prof. Fabio Uccelli

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Caro Professore,
come vede, pubblico quasi integralmente le sue riflessioni. Quanto alla pacificazione, ho l’impressione che i suoi auspici siano un wishful thinking come si dice nella grande nazione in cui vivo. Le animosita’ antiche s’intrecciano con le rivalita’ contingenti e tutte e due trovano nutrimento in ritardi culturali altrove superati.
Basta pensare alle accoglienze turbolenti che il libro di Pansa ha avuto negli ambienti di sinistra, non necessariamente radicali.
Eppure sono passati sessant’anni da quegli avvenimenti. L’ideologia che ispirava i ‘’partigiani della pace'’ targati Pci e’ finita nella spazzatura della storia (dappertutto ad eccezione dell’Italia che conta ancora ben due partiti comunisti e un correntone DS che a tutti gli effetti e’ ancora comunista).
Mi permetto di ripetere cio’ che ho gia’ scritto in risposta ad altre lettere sull’argomento. Pansa scopre l’acqua calda quando accusa i comunisti di aver cercato di instaurare anche in Italia una ‘’democrazia popolare'’ alla cecoslovacca o alla polacca o all’ungherese.
Le sue rivelazioni in buona parte sono la riedizione di quanto il succitato Pisano’ e mio padre scrissero negli anni Cinquanta in una lunga inchiesta giornalistica pubblicata dal settimanale Oggi. Furono accusati di provocazione fascista e di infangare la lotta di liberazione.
Ma loro erano di destra e dunque per definizione in mala fede.
Ora che Pansa senza rischiare nulla e anzi approfittando del trambusto per farsi pubblicita’ scrive piu’ o meno le stesse cose, l’intellighentia ne esalta la ricostruzione storica e il coraggio. Bah!

Come è noto, dal 1945 ad oggi, si è trattato molto degli avvenimenti del 43 - 45, e particolarmente della lotta partigiana, ma quasi sempre in chiave ideologica. Persino gli storici hanno teso a dare interpretazioni di comodo, che portassero acqua al molino della nascente Repubblica Italiana facendone discendere il carattere democratico dai valori cui si era ispirata parte della Resistenza e cercando di minimizzare se non di nascondere o alterare le azioni e le ragioni dell’altro contendente . E’ nata con loro la idea antinomica della “parte giusta” e della “parte sbagliata”.

I partecipanti alla Resistenza e i loro eredi, forti della vittoria ottenuta dagli Eserciti Alleati sulla Germania, hanno espresso idee totalizzanti, che tendevano ad attribuirsi il merito della liberazione dell’Italia dal nazifascismo, accusando di ogni orrore - anche al di là della verità - i Reparti belligeranti della Wermacht e della RSI, non facendo alcuna distinzione tra “stragi” e “rappresaglie” e oscurando le responsabilità della Resistenza in tali episodi.

I superstiti della Repubblica Sociale Italiana continuano ad accusare il Governo del Re di tradimento nei confronti della alleanza con la Germania, e a giustificare le azioni contro i partigiani trattandoli come “ex-renitenti” alla leva proclamata dal Ministro della Guerra della RSI Maresciallo Rodolfo Graziani, e quindi passibili di fucilazione. Quanto poi agli ideali della Resistenza, pur riconoscendo che una parte della Formazioni Partigiane optava per una organizzazione democratica pluripartitica, fanno notare che i più audaci e feroci tra i partigiani erano i Gappisti, comunisti che lottarono per una instaurazione in Italia di una dittatura di tipo bolscevico, e non si tirarono indietro (allo scopo di liberare propri prigionieri) nel denunciare ai tedeschi i luoghi ove si nascondevano le Formazioni Partigiane non comuniste, né , a guerra conclusa, e fino al tardo 1946, ad operare una sorta di “genocidio di popolo ex-fascista” (si parla di 60.000-300.000 desaparecidos!) per eliminare (allora si diceva “sopprimere”) tutti i reduci della RSI o personalità del passato regime, scomodi antagonisti di tale disegno (vedi libri di Pisanò, Pansa , Vespa etc etc).

In questa situazione, che perdura asprissima e che ha avvelenato persino parte della gioventu italiana, e dopo sessanta anni da quei fatti, sembra giusta una pausa di riflessione e un tentativo di operare una pacificazione che porti ad una storia condivisa almeno nei fatti essenziali, e ad un rispetto nuovo ed una comprensione, anche se non condivisione, delle proprie idee da parte degli attori di tale tragedia e dei loro eredi (che siamo noi).

Di seguito un riassunto delle mie tesi, che saranno da me presentate e discusse al Rotary di La Spezia con l’intento di promuovere l’aspirata pacificazione.

LA LEGITTIMITA’ DELLA RSI: La RSI fu riconosciuta da 10-15 stati, cioè, ovviamente, dagli Stati alleati della Germania. Recentemente, Pertini riconobbe nel 1978 la qualifica di belligeranti e la pensione di guerra agli appartenenti alla RSI, e la Corte Costituzionale ha fatto una importante distinzione tra chi era provvisto di divisa e chi no (cercare documentaz.). La necessità della sua costituzione fu dovuta al fatto di non dover lasciare ai tedeschi il ruolo di “forze occupanti” (con tutti i terribili risvolti che si sarebbero avuti, dopo il “tradimento”) di una zona vastissima d’Italia che andava da Cassino alle Alpi, ma ricondurli ad alleati, in un Paese ove la sovranità era del popolo tramite la RSI. Senza contare i numerosi uomini che volevano continuare la guerra a fianco dei tedeschi che con la RSI avrebbero avuto una divisa e una bandiera italiana, sia pur non più sormontata dallo stemma di Casa Savoia, ma dal Fascio repubblicano.
Ma i motivi di legittimità più forti risiedono nel fatto che , fino all’8 Settembre 43, il Governo (e la Monarchia) erano stati alleati della Germania e avevano stretto prima il Patto d’acciaio e poi aderito all’Asse Roma-Berlino, per cui, la presenza della Wermacht in Italia, non era da occupante, ma da alleata, per contrastare l’avanzata degli Angloamericani. Non certo bastò il “tradimento” di Badoglio e del Re per mutare lo status della presenza germanica, anche perché, appunto, rinacque quasi subito la RSI quale governo alleato dei tedeschi, che continuava “davvero” la guerra con loro.
Questa situazione era ben diversa da quella del governo francese di Vichy (collaborazionista ), perché la Francia aveva combattuto la Germania ed era stata veramente occupata. Stessa, situazione per i governi-fantoccio di Ungheria, Cecoslovacchia, Polonia etc. Ma l’Italia non era stata occupata dai tedeschi, e quindi, dopo la fuga del Re da Roma e il suo sbarco nel territorio di Brindisi, già in mano agli Angloamericani, necessitava di un Governo della parte non ancora in mano a loro. Nacque così la RSI, fortemente voluta da alcuni gerarchi fascisti (Pavolini, etc) e molto meno - sembra - da Mussolini, desideroso di ritirarsi dalla vita politica. Ma Hitler - suo cattivo genio - glielo impedì in ogni modo.

LA LEGITTIMITA’ DEL REGNO DEL SUD: il Re Vittorio Emanuele garantiva la continuità della Monarchia e del Governo d’Italia, anche se, dopo il “tradimento”, fu disconosciuto dalle forze dell’Asse e dagli Stati alleati della Germania.
Il Governo del Sud cerco’ - riusci solo dopo molti contrasti con gli Inglesi, e con l’aiuto degli americani - di formare un esercito del Sud (circa 40.000 uomini) che si copri’ di gloria a Cassino ed entro’ per primo a Bologna liberata dai tedeschi in fuga.

Il “TRADIMENTO”: ma con quale parola definire l’improvviso proclama del Maresciallo Badoglio l’8 Settembre 43 (dopo che per due mesi aveva dichiarato ….“la guerra continua a fianco dell’alleato tedesco“…., continuando a combattere assieme per la difesa d’Italia dagli Angloamericani) e il suo comportamento successivo, che faceva uscire l’Italia dalla guerra, ma anziché ordinare all’esercito italiano di arrendersi e deporre le armi a chiunque dei belligeranti lo richiedesse (Alleati anglo-americani o tedeschi) imponeva di rispondere con le armi agli attacchi “da qualsiasi parte provenissero”, intendendo con ciò di resistere ai tedeschi , assumendosi cosi’ la responsabilità di “allearsi di fatto” agli angloamericani (che non ci volevano), e la responsabilità delle ritorsioni tedesche (Cefalonia!!). Cosi’ pure, l’ordine alla flotta di raggiungere Malta, (e l’autoaffondamento della Corazzata ROMA - Amm. Bergamini - su cui grava un mistero non ufficialmente ancora svelato) . PROBABILE UNICO SCOPO DELLA MONARCHIA :salvare se stessa - ma era tardi.

LA RESISTENZA: nata prima come “renitenza alla leva” di chi non volle rispondere all’infausto Bando di Richiamo (obbligatorio) alle Armi del Maresciallo Graziani. Da cui l’appellativo di “ribelli” o “banditen”. Solo successivamente organizzata in Brigate partigiane combattenti. Si discute ancora se fosse necessario aizzare i tedeschi uccidendo a tradimento soldati isolati (a via Rasella 33 militi) allo scopo di far loro compiere orribili rappresaglie e screditarli agli occhi degli italiani. Fu una valutazione politica, dovuta ai Comunisti (i Gappisti) che volevano instaurare una dittatura bolscevica e avevano bisogno che imperasse il terrore e che fossero uccisi il maggior numero possibile di fascisti, ma anche di partigiani non comunisti.

FORZE DELLA RSI: Si discusse a lungo se dovevano essere basate solo sui volontari, o se la RSI, in quanto Stato, dovesse emanare un Bando di Coscrizione obbligatoria; purtroppo vinse questa ultima tesi. E furono dai 500.000 agli 800.000 armati, compreso le forze della Decima Mas , della Guardia Naz. Repubblicana, delle Brigate Nere ( costituite da quando Pavolini trasformò in reparti armati tutti gli aderenti ai Fasci).
Queste forze andarono via via diminuendo per il passaggio di molti alle forze partigiane, nella seconda metà di Aprile 45.

FORZE DELLA RESISTENZA (che non volle mai - pur alleata - identificarsi, per motivi politici, con l’Esercito di Liberazione Nazionale del Regno del Sud. : Dai 30.000 ai 50.000 uomini (che divennero un milione gli ultimi giorni di Aprile 45 !)

LA LIBERAZIONE D’ITALIA: Man mano che gli Angloamericani risalivano l’Italia, i tedeschi lasciavano le varie città e paesi, spesso una settimana prima, lasciando solo pochissime forze a presidiare (costituite - purtroppo - quasi sempre da SS). Ecco che le forze partigiane, assicuratesi che il grosso dei tedeschi fosse partito, entravano spesso per primi nelle zone semivuote e le “liberavano”, assumendosi la qualifica e l’aureola di liberatori d’Italia. Talvolta ebbero però gravi scontri a fuoco affrontati con eroismo.

Prof. Fabio Uccelli, La Spezia

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