Cossiga e la grande delusione

Caro Dottore,
la seguo da tempo e spesso, anzi sempre, sono d’accordo con i suoi editoriali. Così quando alcuni giorni fa ho letto le sue feroci critiche ai senatori a vita e all’assurdità di un istituto che – se non sbaglio – oltre che in Italia esiste solo anche in Cile e Francia (ma in forma quasi simbolica), mi sono detto: ecco qualcuno che ha avuto il coraggio di mettere il dito nella piaga.
Quando poi, un paio di giorni dopo, ho trovato sul mio immancabile Carlino la notizia delle dimissioni di Francesco Cossiga, mi sono detto: De Carlo ha colpito nel segno, finalmente un politico che ha avvertito la decenza di rimettere un mandato che non gli appartiene perché non eletto da nessuno.
Poi la grande delusione. Cossiga non si era dimesso in quanto condivideva le critiche ai senatori a vita ma per ragioni di bottega e di ripicca personale. E in ogni caso – ne sono sicuro – ripeterà il giochetto dell’altra volta, quando si dimise per poi rientrare in seguito all’immancabile appello dell’establishment.
Che ne pensa?
Giorgio Flamini
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Caro Flamini,
non mi sono illuso, nemmeno per un momento che il senatore a vita Cossiga si fosse ispirato per la sua solenne (e come lei dice presumibilmente provvisoria) decisione alle mie considerazioni. Non credo davvero che il Carlino rientri fra le sue letture. Non perché l’illustre politico sia sardo, ma perché da autorevole rappresentante di quell’establishment da cui di tanto in tanto gioca a prendere le distanze preferisce appunto i giornali dell’establishment (Corriere, Repubblica, Stampa).
Credevo però che avrebbe colto l’occasione per uno sguardo storico su un istituto che mortifica la costituzionalità delle istituzioni. Credevo che si sarebbe fatto interprete, seppur in via impersonale, del diritto del cittadino elettore ad essere rappresentato da parlamentari eletti. Nulla di tutto questo. E così ci terremo e continueremo a pagare sette senatori, arbitri dei nostri destini dati i risicati rapporti di forza. Sette senatori privi di qualsiasi mandato popolare, nominati a vita da presidenti della Repubblica che a loro volta – nemmeno loro – sono pienamente rappresentativi della volontà popolare, essendo eletti dal Parlamento e non a suffragio universale.
Amen!

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