Blind trust all’americana

Caro De Carlo,
mi puoi spiegare come funziona veramente la legge sul blind trust negli States?

Come certamente sai, il Bazurlone dice di volere introdurre anche da noi questa legge e ricalcherebbe il modello americano. Quindi niente di drammatico.
Però, anche se ragionando in astratto potrei essere d’accordo sul fatto che potrebbe essere pericoloso associare grandi poteri politici a grandi patrimoni, mi chiedo, mettendomi immeritatamente nei panni di Berlusconi (perché in fondo è solo di lui che si tratta): chi decide chi amministrerà i miei beni, e con quali poteri?
Perché se io (sempre temporaneamente Berlusconi) posso decidere che i miei beni saranno amministrati dai miei figli e/o da Fedele Confalonieri, o Gianni Letta, è un conto, ma se il tutto dipenderà da persone scelte, ad esempio, da Prodi o Diliberto o Pecoraro Scanio (sempre con rispetto parlando), e dotate di tutti i poteri decisionali, allora sono sicuro che alla fine del mandato politico resterà ben poco del mio patrimonio.

Enrico Mengoli, Bologna

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…Si parla molto di blind trust. Prodi dice che in America funziona e che i politici sono messi in condizione di non approfittare delle loro cariche istituzionali per promuovere gli affari privati.
…Le sarei grato se lei, che conosce gli States tanto bene, mi desse qualche lume al riguardo.
Angelo Ripamonti, Milano

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Cominciamo con l’eliminare un equivoco. Il blind trust o affidamento cieco (delle proprietà) non è una legge. E’ una prassi. E nemmeno molto antica. E’ solo da Jimmy Carter in poi che gli eletti alla Casa Bianca hanno ritenuto opportuno per una questione etica di affidare i propri beni a un amministratore indipendente durante l’intera durata del mandato. Il quale amministratore non sempre si rivela abile o fortunato. Per esempio il padre di Bush, presidente dal 1988 al 1992, ci rimise un bel po’. Ma questo è un altro discorso.
Negli Stati Uniti nessuno si sognerebbe mai di imporre o nominare l’amministratore del blind trust. La scelta è fatta di comune accordo fra l’interessato e l’ufficio per l’etica del governo.
Questo per quanto riguarda il presidente e i membri del suo gabinetto. Per il potere legislativo (Camera dei Rappresentanti e Senato) e per il potere giudiziario gli organi di controllo prevedono tre principi. Primo: la trasparenza alla quale tutti i candidati sono tenuti, vale a dire l’obbligo di rivelare attività patrimoniali al di sopra del valore di mille dollari. Secondo: l’adozione di misure per evitare la percezione del conflitto di interessi. Terzo: la ricusazione da attività o decisioni che possano riguardare funzioni pubbliche attraverso le quali il diretto interessato potrebbe trarre vantaggi finanziari o patrimoniali.
Come si vede queste regole si basano sul buon senso e sul pragmatismo, tipici della tradizione anglosassone, e non su rigide previsioni legislative. Non hanno risvolti punitivi. Non espropriano nessuno. Se non vengono rispettate la ricaduta d’immagine è tale da provocare immediate, negative reazioni. Illustri carriere ne sono rimaste compromesse o irrimediabilmente rovinate.

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