I Dico e il vero matrimonio
Gent.mo signor DE CARLO dott. Cesare.
In Italia, ci sono due tipi di matrimonio, di pari dignità civile: quello religioso, praticato da circa il 70% degli sposi, e quello civile, dal restante circa 30%. L’uno è (meglio dovrebbe essere) indissolubile, l’altro invece no. La scelta è completamente libera.
C’è, inoltre, anche chi sceglie di non aver legami e preferisce la semplice convivenza. Anche questo in libera scelta. Il tutto fino ad adesso ….. ma domani?
Domani sembra che tutto questo non vada più bene, si vogliono dare diritti (definiti civili) a chi ha liberamente scelto di non volerli. Potrebbe anche essere una cosa giusta, però fino ad oggi non ho sentito una sola voce, che spiegasse a noi “non addetti ai lavori”, cosa hanno di negativo le regole matrimoniali, costituzionalmente stabilite e legislativamente codificate.
In pratica, perché sia giusto rifiutare il matrimonio, tanto da dover dare ai conviventi un riconoscimento giuridico, per non discriminarli. In mancanza di chiare motivazioni, sembra quasi che l’alto numero dei dissenzienti determini il diritto al cambiamento delle regole.
Non si è mai spiegato il perché, in tanti rifiutano tali regole, e perché tale rifiuto determini l’esigenza dei nuovi diritti “civili”. Mi viene quasi il dubbio, che coloro i quali propugnano con tanta forza la necessità di tale conquista sociale, alla fin fine il vero motivo non ce lo vogliano dire.
Ma allora, tale motivo, non lo ritengono proprio nobile!
Tutti pro o contro, dissertano sull’argomento PACS e/o DICO, senza porsi e/o porre il quesito se tale nuova legge serva veramente (alcuni giuristi dicono che le principali tutele già erano previste dalla legge), e senza indicare chiaramente chi effettivamente si vuol tutelare.
Chiusa la premessa, che può essere anche considerata non pertinente, e/o tendenziosa, entro nel merito:
Dopo aver letto ripetutamente il testo del decreto legge ritengo che il DICO, così come è attualmente formulato, determini nella società una nuova corsia di convivenza ufficializzata, anzi più precisamente, la vera corsia privilegiata.
Nei 14 articoli del disegno di legge, ci sono soltanto diritti per la coppia, tranne l’articolo 12 che è l’unico che il diritto, lo da solo ad uno dei due. Quindi il più “debole” è tutelato dai quattordici articoli, il più “forte” sembrerebbe solo da 13.
Dico sembrerebbe, perché anche quell’articolo di fatto, una qualche tutela gliela dà; infatti al contrario del matrimonio, per la convivenza ci sono dei limiti temporali al disotto dei quali nulla è dovuto, ed al disopra dei quali, l’impegno agli alimenti è commisurato alla durata della convivenza stessa. Ulteriore tutela, è data dalla decadenza per altra convivenza.
Uno/a sposato/a, non ha tali tutele: dopo il divorzio, deve pagare per tutta la vita. Anche nel caso di convivenza manifesta dell’ex partner.
Dalla lettura del testo di quel disegno di legge, risulta quindi che la convivenza è la condizione più vantaggiosa per vivere in compagnia, quindi la vera unione di seria A: tutti diritti, quasi nessun dovere. Nel D.L. non si parla di figli e dei doveri nei loro confronti, e di qualsiasi altro dovere che il codice, chiaramente stabilisce per le persone sposate, quindi in mancanza di veri doveri, può diventare un contenitore da usare e da gettare, prima della fine del terzo anno, per non incorrere nell’unico dovere previsto (art. 12).
Dovesse continuare la convivenza, i primi tre anni sarebbero sempre un periodo di prova, che nessun tipo matrimonio prevede.
Per il matrimonio, invece, obblighi TUTTI e da SUBITO (dal doppio si)!
Altra bazza per i praticanti tale tipo di unione, è data dall’assoluta mancanza di sanzioni nei confronti di chi utilizzerà tale futura legge a scopi fraudolenti (permessi di soggiorno, pensione di reversibilità ed altro).
Il matrimonio civile e/o religioso, se passerà tale legge, conseguentemente, diventerà un modello di famiglia di serie B, in quanto comporta a quasi parità di diritti, tutti quei doveri che i conviventi non hanno voluto addossarsi.
Io sarò anche iper critico, ma ho l’impressione che sempre che passasse tale legge, nel testo attuale, il matrimonio civile non avrà più alcuna ragione d’essere; nel giro di qualche lustro, se ne perderà il ricordo.
Ringraziando per la cortese attenzione, distintamente La saluto. Romolo Rubini
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Caro Rubini,
l’aspetto più stupefacente della legge sui Dico, destinata comunque ad essere approvata dal Parlamento (approvazione niente affatto scontata) è l’ovvietà. Voglio dire che chi non si sposa, fra gli eterosessuali, lo fa unicamente perché respinge i vincoli del matrimonio. Vincoli affettivi, economici sociali. Ma non si capisce o almeno io non capisco perché debba godere di quei diritti riconosciuti esclusivamente al legame matrimoniale. Se li vuole che si sposi, civilmente o religiosamente. Sono fatti suoi.
Quel che invece si capisce benissimo è che i Dico fra eterosessuali sono l’anticamera dei Dico fra omosessuali.