La nuova provocazione del figlio degli ayatollah
Dott. De Carlo,
…nella vicenda dei marinai britannici sequestrati dai pasdaran iraniani, Londra mi sembra molto soft… Mi sarei aspettato più energia nel pretendere l’immediata liberazione. Quella stessa energia dimostrata a suo tempo nella campagna in Iraq e ora in Afganistan, dove a differenza del ventre molle dell’Europa, ha spedito più soldati e al fianco degli americani partecipa attivamente alle operazioni contro i talebani.
Lei che ne pensa? Anche Blair si è rammollito? E altra domanda: secondo lei Ahmadinejiad vuol ripetere il sequestro dei diplomatici americani nel 1979?
Raffaele, Ferrara
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No, Blair non si è rammollito. E sì, penso che Ahmadinejiad voglia ripetere la vicenda di ventotto anni fa.
Tutti ci rendiamo conto che l’Iran non è l’Iraq e nemmeno l’Afganistan. E’ un Paese di 75 milioni di abitanti, con una popolazione omogenea, una grande storia e una millenaria civiltà alle spalle. Oggi a dire la verità è un po’ meno civile, guidato com’è da una teocrazia totalitaria che ne mortifica tradizioni e aspirazioni. Fra queste ultime in primo luogo il ritorno alla modernità con l’obiettivo, un giorno, di conquistare anche le libertà civili dell’occidente.
I giovani iraniani non possono manifestare nelle università o nelle strade, ma hanno un nuovo mezzo per rendere pubblico il loro dissenso: Internet. E da Internet apprendiamo che non si riconoscono nei gerontocrati religiosi che dalla fine degli anni settanta, dal ritorno di Komeini in poi, hanno assunto il governo del Paese. Né pensano di poter cambiare le cose attraverso elezioni manipolate, condizionate, preconfezionate. La democrazia islamica si conferma per quello che è: una burletta.
Dietro la moderazione di Gran Bretagna e – bisogna aggiungere – di Stati Uniti c’è questa consapevolezza. Il figlio degli ayatollah, come viene chiamato il paranoico Ahmadinejiad, sembra voler ripercorrere l’esperienza del 1979. Ricorda? Un gruppo di giovani fanatici, fra i quali pare si trovasse proprio l’attuale presidente, diede l’assalto all’ambasciata americana a Tehran e ne tenne sequestrati diplomatici e impiegati. La crisi risoltasi solo dopo molti mesi servì al regime per soffocare le resistenze interne e consolidarsi in nome della lotta al grande Satana.
Anche ora il regime incontra forti resistenze. E anche ora crea artificialmente una crisi internazionale per una mobilitazione nazionale. E’ un classico. Quando una dittatura si sente vacillare agita la bandiera del patriottismo. E in nome del patriottismo contro la presunta minaccia esterna accentua la repressione interna e cerca di dotarsi di armi nucleari.
Questa è una spiegazione. Poi ce n’è un’altra. Usa e Gran Bretagna sono impegnati in due guerre. Non è ragionevole pensare che ne possano affrontarne una terza, seppur con l’aiuto di Israele che avrebbe tanta voglia di fare con l’Iran quel che fece con l’Iraq negli anni ottanta: bombardare le centrali nucleari e bloccare sul nascere la costruzione della della bomba. Anche Ahmadinejiad lo sa. Ecco perché ha scelto questo momento per la sua sfida.