L’atleta che sa di essere bello.
I gemiti studiati delle tenniste.
Tennis sport cicisbeo fiera delle vanità

 
21 Settembre 2007 Articolo di Ubaldo Scanagatta
Author mug

Mauro Covacich,
estratto dall’Espresso del 21-09-07
(segue su mini-rassegna stampa curata qui a lato da Daniele Flavi)

Le volte, ormai sempre più rare, in cui vado allo stadio di atletica dell’Acqua Acetosa, mi piace fermarmi un po’. dopo la doccia, a osservare i velocisti in allenamento. Progressioni, ripetute, prove ai blocchi. A ogni recupero, anche di pochi secondi. si abbassano le spalline del body in lycra e tornano verso la partenza a torso nudo. Il regolamento del campo lo vieta, ma loro si ostinano a farlo. Recuperano piano, gonfiando il petto, esibendo il reticolo perfetto degli addominali nelle loro camminate da giovani leoni. Sanno di essere belli, e questa consapevolezza è in qualche modo il valore aggiunto del nuovo corpo dell’atleta, l’illusione di un controllo su ciò che nei rotocalchi, nei calendari, negli occhi degli spettatori, è destinato a diventare oggetto del desiderio. Il segreto dello sport come fonte di erotismo sta tutto in questa novità, secondo me. Consapevolezza. illusione di controllo. L’assimilazione del gesto sportivo nel metabolismo della macchina mediatica ha portato alla spettacolarizzazione della performance e alla sua manipolazione estetizzante. Il mondo glam si è accorto della carica sensuale degli sportivi e li ha fagocitati. Ovviamente, questo assorbimento ha comportato la perdita di caratteri dominanti da parte dell’atleta, quali, ad esempio, una certa selvatichezza d’aspetto, una certa refrattarietà alle pose, A sua volta, l’atleta ha visto i colleghi fotografati da “Playboy”. sdoganati dal mondo ruvido della “Gazzetta dello sport”, in copertina con la sabbia della spiaggia sui glutei. I capezzoli inturgiditi e la pelle d’oca. Ha visto e si è preparato a fare lo stesso. Prima l’atleta era la consacrazione della libertà, dello sforzo disinteressato, della fatica inutile. Si imponeva con un ‘attività sorella dell’arte. in grado di sottrarsi alle logiche utilitariste del sistema socio-economico. Oggi l’atleta è asservito a quelle logiche, Ha rinunciato

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15 Commenti a “L’atleta che sa di essere bello.
I gemiti studiati delle tenniste.
Tennis sport cicisbeo fiera delle vanità”

  1. Stefano Grazia scrive:

    Bellissimo articolo molto ben scritto che mi trova completamente d’accordo … a metà. Da ex rugbsta mi piacerebbe pensare che quel che si dice di noi sia vero ma temo sia anche quella, quella del rude maschio che non deve chiedere mai, la più spudorata delle pose.Ma soprattutto non vorrei che in fondo in fondo l’articolo ahimè inconsapevolmente non sia un altro esempio d’inconscio maschilismo o comunque discriminatorio. insomma, perchè mai le donne anche nello sport possono o debbono essere “fighe” mentre gli uomini non possono esser fighetti? Non sarà perchè le donne si vabbè lo sport ma il loro posto è in cucina,dal parrucchiere, a farsi le unghie, che lo sport è cosa da maschi? Probabilmente non è questo il caso dell’Autore ma il sospetto di un inconscio discriminante mi rimane…Poi non voglio tirar fuori il mio vecchio cavallo di battaglia sulle tenniste uniche sportive rimaste a giocare con la gonna anzichè con gli shorts (che poi giorgio ha ragione a darmi del ripetitivo).

  2. marco napo. scrive:

    la conquista dell’eros degli atleti , l’arrivo delle copertine patinate.
    un tempo si parlava del ritiro dei calciatori privati del sesso perchè inficiava le prestazioni.
    oggi tutto fa brodo ,massa,mercato lo sportivo già pensa a come vendere se stesso e a come riciclarsi nel mondo consumistico.
    unico riscontro positivo , mi sembra, è che gli atleti e le atlete hanno preso coscienza del loro fascino in epoca di obesi rampanti ………..
    un saludos

  3. thomas yancey scrive:

    E’ trascorso ormai oltre mezzo secolo da quando nella nostra società si è imposto un massiccio aumento dei consumi, con la conseguenza di un inevitabile incremento dell’uso di comunicazioni. Da diversi decenni sono i mass-media a gestire questo enorme impiego di immagini che caratterizza ormai i rapporti tra l’individuo e l’ambiente esterno. Le norme della conformità sociale non sono più trasmesse dalla tradizione o dalla “coscienza interiore”, ma vengono definite e dettate dai mezzi di comunicazione di massa. Il carattere sociale dell’individuo si concretizza in una spiccatissima sensibilità ai comportamenti e alle aspettative dei contemporanei. In poche parole, la sua direzione esistenziale è quasi completamente sottoposta all’influenza degli altri. Ormai, fin da quando si è ancora in fasce, le regole, le norme di comportamento vengono recepite dai messaggi inviati dai mezzi di comunicazione di massa. Viviamo in una società senza padri, senza educatori, senza punti di riferimento. O, per meglio dire, gli unici educatori sono i mass-media. A molti potrà sembrare una nuova galera. Ma non dobbiamo dimenticare che nel nostro mondo (mi riferisco sempre a quello occidentale) si mangia e si beve a sazietà, si vive più a lungo e si hanno prospettive di vita certamente migliori rispetto a tutte le epoche precedenti.
    E’ vero: l’immagine, l’apparenza sono diventate i fini per antonomasia.
    Coppi o Bartali, che possono rappresentare il prototipo dell’atleta evocato da Covacich, non si sarebbero certo mai messi una bandana in testa. Ma vivevano in un mondo nel quale i tatuaggi erano prerogativa dei carcerati e dei marinai. Ai loro tempi i problemi erano diversi e certo più rudi. Oggi, per quanto grandissimi atleti e uomini davvero adulti, sembrerebbero due contadini brutti e matti. E non verrebbero presi in considerazione da nessuno, neanche dal giornale per cui scrive il sig. Covacich. O forse potrebbero servire per un pezzo di folklore.
    I moralismi sono inutili, prima ancora che falsi. Piaccia o meno, questo è il mondo in cui viviamo. Ma poi, siamo così sicuri che qualcuno gradirebbe ancora vivere in tempi tanto aspri, quando persino gli atleti (che giocano, in fondo) erano così ruvidi e con tanti problemi? Ci piacerebbe essere tanto poveri e privi di mezzi come erano gli uomini a quel tempo? Mah!…

  4. thomas yancey scrive:

    A proposito di cicisbei: anche gli ussari di Napoleone, con le loro treccine, tanto elegantemente avvolti da ampie mantelle, spadaccini di classe e anche per gusto estetico, corteggiatori inveterati di dame, avrebbero potuto essere definiti con tale aggettivo. Ma credo non sarebbe stato salutare dirglielo.

  5. marco napo. scrive:

    caro yancey,non sempre sono d’accordo sul contenuto ma ammiro il tuo stile,vi è sempre una profondità , una visione d’insieme non comune ,oltre ad un ottima padronanza del linguaggio.
    vorrei sapere,senza essere troppo indiscreto, quali sono le tue specializzazioni ovvero la tua formazione culturale .
    p.s. bello il riferimento agli ussari :)

  6. Ubaldo Scanagatta scrive:

    Scrive Marcos quanto segue:
    Il tennis ed il cicisbeo

    L’articolo di Covacich, intitolato “Nudi alla meta”, letto poco fa sul Blog di Ubaldo, m’ha stimolato qualche riflessione.

    L’autore ha accostato il tennis al cicisbeo, le cui gesta sono state mirabilmente cantate dal Parini, nel suo poemetto “Il Giorno”.

    Quando Covacich scrive che il tennis è lo sport più cicisbeo, forse, intende significare che è uno sport, nel quale capita di vedere, talvolta, atteggiamenti in campo da damerini, forse un pò troppo leziosi, ricercati, proprio da ammirarsi per beltà. L’eleganza nel tennis, però, coincide con l’eleganza del gesto: non è mai ricercata. Quando Gasquet prepara il passante rovescio lungolinea e libera il suo braccio per finirlo, è di una bellezza ineffabile: è la bellezza in sè. Non è sempre così, nel tennis; infatti, c’è pure il dritto di Ljubicic, talvolta efficace, quasi mai bello a vedersi.
    In questo senso, credo, l’autore ha sbagliato sport: il body building, il nuoto sincronizzato, i tuffi…queste sono alcune attività cicisbee, per dirla come Covacich.

    L’articolo sarebbe stato assai più interessante per me, se avesse accostato il cicisbeo al tennis come avrebbe dovuto: si narra che, in un’epoca lontana, un cavalier servente (cicisbeo) alzasse, con la mano, la palla al giocatore alla battuta; poi, iniziato lo scambio, discretamente, si levava di torno.
    Per questo, si dice ancora che un giocatore è al servizio, invece di dire che è alla battuta; per il fatto che, un tempo, c’era proprio un uomo al servizio del battitore.

    Inoltre, il suo rimando alla gatta in calore, quando Seles fionda i suoi rovesci, mi suona un po’ stonato. La tennista fa sesso, sì, ma con chi vuole lei e, possibilmente, non in diretta televisiva.

    L’atleta, poi, non nasce come consacrazione della libertà, dello sforzo disinteressato, della fatica inutile: l’atleta nasce perchè ad un certo punto l’uomo comprese che, per mostrare la proprie maggiori virtù rispetto ad altri, era forse meglio inventarsi i giochi olimpici per atleti, piuttosto che continue guerre per guerrieri. Non era fatica inutile: era mostrare al mondo la propria superiorità, la propria baldanza, la propria bellezza. Anche in questo caso, però, non parlerei di cicisbeismo!

    Credevo d’essere abbastanza tradizionalista, ma, pur sforzandomi, non capisco perchè una sportiva non possa permettersi lo sfizio del piercing o del tatuaggio: personalmente è uno sfizio che comprendo poco, ma ancor meno capisco l’autore che di questo si scandalizza. Anch’io mi scandalizzo, anche un po’ più d’un pò, quando tratta la “qualsiasi commessa” come fosse un metro di riferimento negativo: non tutti hanno il privilegio di scrivere sull’Espresso o sul Blog di Ubaldo; qualcuno che fa il commesso ci deve pur essere, sia che abbia la salamandra tatuata sulla caviglia, sia che abbia una tigre che avanza dipinta sulla panza.

    Che la vanità sia prerogativa solo delle donne, poi, è un concetto che andrebbe approfondito; come, per altro, quello che vuole Nesta senza messinpiega: la bravura di un calciatore si misura dal suo modo di portare i capelli? Gli si chiede di spazzare l’area, quando l’avversario affonda, oppure: “Ma come porti i capelli bella bionda; tu li porti alla bella marinara?”.

    Ho più o meno la stessa età dell’autore e, quindi, posso ritenermi un giovane vecchio appassionato: ancora a me non turba, però, la perfezione estetica di Federer, quando si presenta in finale a Wimbledon, con la sua giacca bianca stilée, i capelli laccati, i suoi avambracci torniti, il suo spazioso petto, le sue gambe scultoree; sarà che son rimasto vecchio appassionato o che ritengo la sensualità in altro modo, ma a me turba solo la perfezione del suo gesto tecnico, quando impatta la palla in controbalzo da fondocampo, guidandola sulla riga avversaria più remota.

  7. Stefano Grazia scrive:

    ma fatemi capire, marcos è diventato timido e voleva, per pudore immagino, negarci questo come al solito inimitabile suo saggio?
    In effetti sull’argomento mi aspettavo sicuramente l’intervento suo e quello di Yancey, il contributor che a mio avviso stilisticamente più si avvicina a Clerici…Credo però che entrambi siano troppo severi con Covacich che in fondo senza ipocrisia e senza cedere al politically correct esprime quello che sono certo è il pensiero di molti nati negli anni 50… Pur non condividendolo perchè non nascondo un fondo di narcisismo (o chissà, di omosessualità latente) e al cinema ci vado non a vedere la bella attrice ma l’attore-da John Wayne a Edward Norton, al cinema ci son sempre andato anche e spesso per immedesimarmi nel protagonista…. Ma è vero che molti calciatori o sportivi sono diventati fin troppo schiavi del look, troppo innamorati di se stessi, troppo personaggi mediatici…Esemplare il caso di Coco, dal Real Madrid (o dovev cavolo giocava) all’Isola dei Famosi..Ma a un secondo pensiero (on second thought) non posso non concordare con Yancey (ma in fondo cosa c’è di male?)
    Credo però ci sia troppa esposizione mediatica e anche noi qui al blog siamo troppo schiavi delle Tv, subito pronti ad incazzarci se non si vede in streaming il torneo di San Marino…Bisognerebbe anche uscire un po’, giocare di più, leggere i libri di sport e giocare con l’immaginazione…come quando le grandi finali di Davis Cup US/Australia erano trasmesse per radio (o il giro d’Italia, il Tour, Benvenuti-Griffith…)… Ma è vero “dobbiamo dimenticare che nel nostro mondo (mi riferisco sempre a quello occidentale) si mangia e si beve a sazietà, si vive più a lungo e si hanno prospettive di vita certamente migliori rispetto a tutte le epoche precedenti.” Ho appena citato Thomas che ha ragione a dire che Bartali e Coppi oggi avrebbero un altro look…Anzi, mi ricordo che lo stimabilissimo Mura, l’erede di Brera, ebbe a scrivere mi sembra di Bugno (ma forse era un altro) che faceva fatica a capire un ciclista col pizzetto… E poi ci fu Pantani, con pizzetto orecchino e bandana e nessuno ebbe più da ridire… Ma questo solo per dire che solo fino a 10-15 anni fa il ciclista aveva un suo look ancora grigio (e qualcuno avrà buon gioco a dire che era di certo meglio allora…ma non certo perchè non si drogavano…Si drogavano anche senza il pizzetto, gli orecchini e la bandana…ahimè, l’han sempre fatto…chi si ricorda Pollentier al Tour de France sorpreso con la pompetta a scambiare l’urina di un altro…Il guaio semmai è giustificarli e a fsarne degli eroi comunque a dispetto dell’evidenza, ma sto divagando…) Niente, dicevo: un po’ meno TV non farebbe male e magari ci costringerebbe ad andare a vedere dal vivo più tornei,leggere più giornali, riviste,libri…
    Infine, insisto: quello che non mi convinto nell’articolo di Covacich è la pretesa che la donna sia giustificata ad essere bella mentre l’uomo non può essere narciso,deve essere per forza brutto sporco e cattivo…Mi sembra un concetto maschilista. Richiedo l’intervento di angelica!

  8. Stefano Grazia scrive:

    Due PS:
    per una volta concordo con marconapo (su Yancey e sugli Ussari: mi ha riportato alla mente un bellissimo film di Ridley Scott, ovviamente i Duellanti tratto dalla bellissima novella di Conrad ma anche il Desiree di Marlon Brando
    Secondo PS:
    e i tennisti con la barba? fino a 20 anni fa erano un pugno nell’occhio credo, qualcosa di apparentemente stonato e comunque rarissimi…forse perchè barba, sport e sudore non coincidono ma forse perchè il tennis dei gesti bianchi mal si combinava con il barbuto (c’era solo Lars Ulrich, probabilmente, il papà del batterista dei Metallica)…forse il primo campionissimo con la barba (ma sfatta, bionda e di pochi giorni) fu Borg…Ultimamente, a parte le barbe sfatte di Agassi, mi ricordo quella di Kiefer…

  9. Stefano Grazia scrive:

    Terzo PS: dimenticavo baffetti e pizzetto alla Errol Flinn di Marat Safin…E prima di lui, ogni tanto anche Goran Ivanisevic, Mecir ovviamente e Marcelino Rios…di cui preannuncio un mio profilo: della serie I Giocatori che a tutti voi stanno sul gozzo erano i miei preferiti…
    No scherzo: ma si dice che il titolo di Giocatore più forte fra quelli a non aver mai vinto uno Slam sia una gara a due fra Mecir e Rios…di Mecir ha scritto mirabilmente marcos, a scrivere di rios ci proverò io…

  10. marcos scrive:

    sono sempre stato molto timido, stefano!

    non mi è sembrato di essere stato troppo duro nei cofronti dell’autore nelle mie rapide riflessioni; ho espresso le mie distanze da alcuni suoi pensieri, che, proprio perchè privi di ipocrisia, spiegavano tra le righe il suo modo (ampiamente legittimo e, probabilmente, molto condiviso…e non solo da cinquantenni) di vedere il mondo.

    profitto del rimando di stefano al politacally correct, per scrivere un altro pensiero: qualcuno (non stefano, la cui lucidità non può essere messa in discussione, mai) ormai ritiene che l’educazione nel porsi o nel ragionare sia in qualche modo sintomo di ipocrisia, ritiene che sia meglio andar giù papali papali, per dirla in altro modo, ritiene che sia meglio dir tutta la verità, piuttosto che mezza, per non rischiare di cadere nell’ipocrisia. io penso che tutta la verità si possa dire anche in maniera garbata, senza tranciare giudizi od imporre postulati…e non per chissà quale motivo stilistico, ma perchè questo aiuta il dialogo e concede sempre agli interlocutori la speranza di trovare un punto di sintesi comune: anche se questo non esistesse, a mio parere, va sempre ricercato.
    stesso discorso sul buonismo: uno può avere pensieri buoni riguardo a qualche argomento, senza essere accusato d’esser falso o di avere secondi fini.
    io non trovo che sia una qualità quella di dire, in ogni occasione, sempre tutto ciò che si pensa: ci sono delle situazioni in cui è sufficiente dire un quarto di quello che si pensa, per evitare che i tre quarti possano ferire qualcuno, o essere male interpretati, o non esser compresi, o stimolare polemiche inutili, pretenziose, infruttuose o nocive.
    è diventato fuori moda essere buoni e garbati: si rischia di essere tacciati di buonismo e di politically correct (che gravi malattie!!)…epperò, preferisco così, piuttosto che sforzarsi di dirla tutta, anche quando non è tua ed è sconcia, perchè, in questo periodo, si è più accattivanti.
    al buonismo ed al politically correct si contrappone la faccia di tolla, che seduce molti (si prendono un sacco di voti, per esempio!), ma che diminuisce sensibilmente la possibilità di approfondire insieme gli argomenti.

    anch’io attendo un intervento di angelica, mi complimento molto con thomas ed anche con covacich, che ha scritto bene ciò che pensa.

    naturalmente non vedo l’ora di leggere il pezzo di stefano su marcelino rios!

  11. daniele flavi scrive:

    quando ho scelto quest’articolo dell’espresso da mettere in rassegna ero sicuro che avrebbe stimolato i “nostri scrittori” piu’ attenti…il tema della bellezza nello sport mi affascina da sempre e non parlo solo, ovviamente di bellezza femminile, bensi di bellezza del gesto atletico. Dal rovescio di Federer allo stacco di Howe in pedana o alle finte, oramai ai me datate, di del piero. a volte nelle competizioni sportive capita di emozionarmi di piu’ nel vedere una grande giocata che nel gioire per il risultato acquisito. io penso che lo sport inteso solo come gara agonistica dal punto di vista fisico-mentale alla lunga annoia e parecchio…e’ anche per questo che le nostre amate TV si sono tolte il tennis di torno. Purtroppo oggi i giocatori capaci di tener incollati alla tv moltissime persone sono sempre meno come diciamo, oramai da tempo, sul blog di Ubaldo…

  12. marino scrive:

    sarà l’età, ma davvero non ricordo più (o mi sarà rimasto solo nell’intento) per quale altro post avevo commentato (più o meno con i concetti espressi da covacich) l’asservimento dello sport al “denaro, immagine & co.”

    pur riconoscendo le ragioni di marcos, non possiamo ignorare, ad esempio, che una delle tenniste più famose o forse proprio la più famosa, che fa girare un sacco di soldi e soprattutto la parola tennis per strade non battute, è anna kournikova, che tutti sappiamo non giocare più da tempo.
    ora, questo mi sembra abbastanza sintomatico di come lo sport sia inevitabilmente veicolato dalla maniera di comunicare oggi (ma è già da un po’ che va così).

    dispiace piuttosto che gli atleti (tranne qualche sparuto caso) non approfittino del loro incredibile palcoscenico per “aprire” le menti al pubblico oltre il loro logo sulla maglietta o sul body. la musica ci riesce, perché lo sport no, che in quanto a nobiltà non ha nulla da invidiare appunto alla musica?

  13. thomas yancey scrive:

    Ho seguito studi regolari, come tanti, caro Marco: elementari, medie, liceo, università. Non ho peculiari specializzazioni, né vivo di attività in qualche modo fondate sulla capacità di scrittura. Ho sempre ritenuto però che la conoscenza sia l’unico vero potere a disposizione degli uomini e al contempo possa costituire per loro una fonte di soddisfazione insostituibile.
    Grazie per le tue belle parole.
    Un saluto a tutti.

  14. Ubaldo Scanagatta scrive:

    Se continuo così mi farò mio malgrado la fama del maestrino bacchettatore…di Stefano. L’Ulrich con barba e muscista, oltre che hippy ante litteram, era Torben Ulrich, danese straordinario di cui ricordo un magnifico pezzo scritto da Clerici. Il fratello si chiamava (ma qui sono io a non essere sicuro) Jorgen…

  15. Stefano Grazia scrive:

    Ma io me le prendo tranquillamente senza offendermi…vero è comunque che è il padre di Lars, il batterista dei Metallica, ottimo junior ai suoi tempi e tuttora appassionato…qualcè andato anche,da adulto, alla Bollettieri regalando poi a tutti biglietti he anno fa del loro spettacolo

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