Il canto del…cigno per Tim Henman?
A 32 anni Timbledon non vince più.
Quattro semifinali ai Championships.
Fosse stato italiano sarebbe un idolo…
Per una semifinale al Foro di Volandri un gran can-can.
Panatta fu n.4 del mondo come Tim ma per meno tempo…

 
13 Giugno 2007 Articolo di Ubaldo Scanagatta
Author mug

di MARCO LOMBARDO
(caporedattore centrale del Giornale che mi fa l’onore di partecipare con questo suo articolo)

C’è un risultato del primo turno del Queen’s che forse è passato inosservato ma che invece segna un punto d’arrivo. E’ la sconfitta di Tim Henman, 32 anni, battuto da uno – il croato Cilic – che di anni ne ha 14 di meno. Basterebbe questo per mettere i titoli di coda ma Gentleman Tim ha già fatto sapere che ci riproverà la prossima settimana a Nottingham in una stagione che fin qui l’ha visto vincere solo tre partite. Insomma, per Henman il triplice fischio è vicino, bisogna solo rendersene conto: è abbastanza ricco per farlo, ha una famiglia (la moglie Lucy aspetta il terzo figlio) a cui dedicarsi e un tennis che non è più quello di una volta. Il fatto è che Henman pensa – e forse a tratti lo è – di essere ancora capace di giocare ad alto livello. Come però rileva il Guardian di oggi il problema non è giocare le partite ma vincerle e Tim in questo momento non ce la fa. E chissà se ce la farà ancora.

E’ difficile dunque dire addio, per Henman e per gli inglesi che sul tennista gentiluomo hanno costruito i sogni di una rinascita mai completata: l’hanno spiato, coccolato, accompagnato in una sorta di reality show tennistico che riapriva puntuale ogni anno. Ricordo personalmente la folla rapita sulla Aorangi Terrace (la “Henman Hill”) mentre sul megaschermo passavano le immagini di Tim che portava in visita la troupe della Bbc nel suo spogliatoio: insomma Henman ha anche pagato l’ossessione dei suoi fan, dei titoli di giornali e di servizi a cui non s’è mai sottratto ma a cui forse avrebbe dovuto. Perché Henman a Wimbledon è sempre arrivato al limite ma non ha mai dato l’impressione di farcela davvero: quattro semifinali e quattro quarti rappresentano il massimo possibile. Certo, Timbledon è stato davvero anche sfortunato perché ha incocciato nella generazione di Sampras prima e di Federer poi, ma è stato comunque un buon tennista, bello sul campo (e quanti ne rivedremo con un serve and volley così?) e capace perfino di arrivare in semifinale al Roland Garros nel 2004. E chissà se non ci fosse stata quella strana generazione argentina… In pratica: ora Henman tornerà a Wimbledon e probabilmente si renderà davvero conto che è l’ora di mettere insieme i ricordi e fare i bagagli. A noi, comunque, resterà l’immagine di un buon tennista. E, in fondo, di una brava persona.

N.di UBS: Quattro semifinali a Wimbledon e quattro quarti non sono uno scherzo, dimostrano grandissime qualità. E’ stato n.4 del mondo, forse non è stato un campione. Ma se lo avessimo avuto noi uno così, che cosa avremmo fatto? Adriano Panatta non è mai stato più su di n.4, e se ha vinto uno Slam non si è però mai avvicinato a 4 semifinali. E poi anche n.4 lo è stato per brevissimo tempo, idem top-ten. Henman invece…E allora, i campioni sono tali quando hanno il nostro stesso passaporto? Tim non era uno specialista della terra battuta, eppure, coem ricorda Marco Lombardo, ha centrato anche una semifinale al Roland Garros, dove non ha poi perso 6-0,6-1,6-0 come il nostro ultimo semifinalista Barazzutti. Insomma qualche interessante riflessione mi pare che questo articolo di un amico fortemente appassionato, mi pare che la suggerisca e attendo i vistri commenti.

Collegamenti sponsorizzati


17 Commenti a “Il canto del…cigno per Tim Henman?
A 32 anni Timbledon non vince più.
Quattro semifinali ai Championships.
Fosse stato italiano sarebbe un idolo…
Per una semifinale al Foro di Volandri un gran can-can.
Panatta fu n.4 del mondo come Tim ma per meno tempo…”

  1. Gianluca scrive:

    Tim è una della “famiglia”: uno di quelli che ha un tennis così bello da essere commovente. Uno di quelli segnati da Wimbledon. Un giocatore così, con il serve&volley naturale, forse non nascerà più… ricordo che agli inizi si allenava con Edberg, forse Stefan gli ha tramandato anche quell’aria da gentleman. Per come la vedo io, uno che fa quattro semi ai Championships merita comunque un posto di rilievo nella memoria degli appassionati di tennis. Ha avuto la sfortuna di beccare Sampras e poi Federer, è vero.
    Questo suo tramonto è triste, come tutti i tramonti troppo prolungati. Speriamo ci regali ancora qualche bella prestazione… ma non penso accadrà a Wimbledon.

  2. Andrea scrive:

    Riassumendo e semplificando moltissimo, penso si possa tranquillamente affermare che noi italiani siamo un popolo di Tifosi, che si appassiona ad uno sport nella misura in cui questo espone un nostro rappresentante ai massimi livelli (la vela con Luna Rossa, la F1 con la Ferrari, il motociclismo con Rossi). I britannici invece sono un popolo di Sportivi, appassionati allo sport in quanto tale, e non (solo) in funzione di un campione (magari presunto tale…).
    Questo comporta una certa perdita di “misura” e obiettività da parte degli italiani: certamente Panatta ha vinto un RG, ma basta per considerarlo campione più di quanto non lo si consideri uno come Henman? O basta per non giustificare le speranze che gli inglesi riponevano su di lui?
    Io penso di no. E penso che basterebbe molto meno di un Henman (o, se preferiamo, di 5 semifinali di slam) per far finire di nuovo il tennis sulle prime pagine dei nostri quotidiani nazionali.

    Forse ho solo ripetuto, ampliandolo, il pensiero di Ubaldo, ma ho voluto intervenire lo stesso.

  3. Matteo scrive:

    onore per Henman, signore sul campo e fuori, elegante sull’erba e sorprendente al roland garros con la sua semifinale…interpeta un tennis di altri tempi nell’era delle mano di pietra e degli arrotini che alzano palle finendo in braccio al giudice di linea….grande tim

  4. anto scrive:

    Per Tim Henman è il canto del cigno…..mentre per bombino Puerta risalire alla velocità di Canas la vedo durissima.

  5. Enzo Cherici scrive:

    L’articolo di Lombardo è stato bello e, in certo senso, anche commovente. Henman non è stato sicuramente un fuoriclasse, ma un campione certamente si. Se poi riflettiamo su quelli che sono stati i suoi atteggiamenti in campo e fuori, mai sopra le righe, un signore nelle vittorie e nelle sconfitte, allora diventa un Campione con la maiuscola. Ha ragione Ubaldo, se siamo portati a considerare Panatta un campione - e amio avviso lo è stato - non possiamo non dire (almeno) lo stesso di Henman. È stato sfortnato a schiantarsi ogni volta su Sampras nei suoi anni migliori (dall’altra parte del tabellone proprio no eh?), ma la sua partita più sfortunata è stata quella con Ivanisevic in occasione della sua ultima semifinale. Ricorderete. Avvio stentato e primo set perso 7-5. Poi prende le misure a Goran e va avanti 2 set a 1, con tanto di 6-0 al terzo. Fatta? Macché! Si aprono gli ombrelli. Pioggi. Interruzione. E al rientro un’altra partita finita come tutti sappiamo. Sono stato grande tifoso di Lendl in passato e trovavo molto triste già allora quel suo non prendere atto di non essere più all’altezza. Spero che nel caso di Tim stia prevalendo la legittima ambizione di salutare dal suo Wimbledon. Con la Henman-Hill stracolma per un’ultima volta. Lo meriterebbe davvero.

  6. marcos scrive:

    ringraziando lombardo per il suo intervento, considerando henman uno di quei tennisti che ricorderemo per sempre, per il suo gioco e per il suo comportamento in campo, affermo qui che ancora non ha finito di deliziarci.
    attenderei un attimo, prima di stendere il definitivo epitaffio. da lui, infatti, non ci si aspetta vittorie, ma solo gran tennis: la sua storia non è costellata da sconfitte più di quanto lo siano le storie di centinaia di suoi colleghi…semplicemente gli inglesi hanno sempre sperato che gli riuscisse il colpaccio, che riuscì ad adriano, per altro.
    cilic, l’ultimo suo avversario, non è robetta: lo seguirò con attenzione.
    tim sta vivendo lo stesso periodo che sta vivendo davide sanguinetti: quando si inizia a perdere ad una certa età, si perdono match che ormai sembrano vinti. henman ha un vantaggio rispetto a lendl: è sempre in grado di illuminare il campo in cui gioca. finchè giocherà, noi lo ammireremo.
    chiudo dicendo che henman, sull’erba, non ha mai perso da un argentino: a mio parere, non è il caso di tirare sempre in ballo l’argentino, quando ci serve…e non è mai il caso di generalizzare: non mi piacerebbe, infatti, che qualcuno possa pensare ch’io sia mafioso solo perchè italiano.

  7. Manlio scrive:

    Concordo sul fatto che Henman sia stato un campione, anche se non un fuoriclasse. Merita il massimo apprezzamento pure per la sua grande signorilità. Non concordo sul fatto che vada messo sullo stesso livello di Adriano Panatta e vi assicuro non perchè questi mi stia simpatico. E’ vero che Panatta ha resistito poco ai massimi livelli e 4 semifinali in uno Slam forse non le ha neanche sognate, però un giocatore capace appunto di vincere uno Slam merita di stare comunque un po’ più in alto di uno che non lo ha mai vinto. Nel 1989 eravamo tutti d’accordo che Boris Becker fosse il vero numero 1 essendosi aggiudicato due tornei dello Slam contro uno solo di Lendl, eppure qualunque fosse il sistema di valutare i risultati dei tornei, i calcoli matematici dicevano in ogni casi Lendl.
    Con tutta la simpatia che provo per l’inglese, non è mai stato capace di dare la zampata per fare il grande risultato. Nel 2002 è arrivato in semifinale a Wimbledon, sconfitto lì da Leyton Hewitt, a mio parere il debole vincitore del torneo londinese di tutti i tempi. Se avesse vinto (tralaltro l’australiano ha meno talento di lui, anche se più carattere), in finale avrebbe trovato Nalbandian (allora un giovane completamente sconosciuto), che ha poi sconfitto nel 2003.
    Invece Panatta sapeva cogliere le grandi occasioni, se aveva l’opportunità di ottenere un grande risultato, spesso lo coglieva e se gli sfuggiva, avveniva sempre per poco e per merito dell’avversario. Nel 1976 in finale al Roland Garros contro Solomon, verso la fine del quarto set cominciò a essere piuttosto stanco. Se fosse andato al quinto, avrebbe sicuramente perso. Consapevole che doveva sbrigarsi, ha riuschiato e gli è andata bene. Nel 1981 al Foro Italico perse di un soffio contro Clerc, rischiando anche di vincere. Perse per merito di Clerc, non per demerito suo.
    Henman non arrivò assolutamente vicino alla vittoria contro Hewitt a Wimbledon.

  8. Michele Fimiani scrive:

    Salve a tutti. Niente da obiettare su quanto scritto, ma leggendo l’articolo il mio alterego un po’ bastian contrario ripensava ad un episodio di non proprio secoli fa…
    In particolare ad un signore, che giocava benino (peggio di Henman a livello di fondamentali), anche lui a fine carriera di cui si dicevano le stesse cose. Lui addirittura a Wimbledon aveva giocato due finali, perse entrambe. Occasioni perse per sempre…Peccato si diceva. E quell’anno che gli dettero la wild card…chissà, si diceva, forse si renderà conto che è sul viale del tramonto.
    Si chiamava Goran e quell’anno vinse Wimbledon, in maniera incredibilmente storica. E’ la magia del tennis sul veloce. Anche arzilli vecchietti (penso all’ultimo US Open di Sampras) che giocano serve and volley possono ambire ad andare avanti qualche turno…a volte molti. Dopotutto è un gioco poco dispendioso e sull’erba particolarmente redditizio.
    Sono io il primo a non scommettere una lira (euro?) su un eventuale exploit di Tim, però questo meraviglioso gioco ci ha già fornito controesempi di rilievo.

  9. giampiero scrive:

    Se Panatta si fosse applicato quanto si è applicato Henman ne avrebbe vinti almeno tra di slam a parte i piazzamenti, e questo fa onore a Henman che è riuscito a sfruttare al meglio le sue potenzialità a differenza di Panatta che le ha espresse per pochi giorni nell’arco della sua carriera. Per quanto riguarda Barazzutti, non è l’unico che ha preso le ribadite da Borg. Anche Vilas le prendeva. D’altronde chi pretendeva di giocarci allo specchio non aveva speranza.

  10. marcos scrive:

    ha ragione giampiero: allo specchio si gioca solo quando si è particolarmente belli!

  11. daniele azzolini scrive:

    Come faccio a non entrare in un “giro” di commenti che riguardano Adriano? Vorrei dire la mia, se Ubi mi permette… E la mia è che Panatta ed Henman, seppure diversi e distanti nei tempi e nei modi di affrontare il tennis, un tratto in comune ce l’hanno. Panatta, fu la locomotiva di un movimento tennistico, fece moda, certo, ma ancora di più fece da traino per la spinta che dette ai molti di scoprire i piaceri tennistici. E’ un fatto: una buona parte dell’Italia anni Settanta, borghese o forse piccolo-borghese, si ritrovò con una racchetta in casa immedesimandosi in un campione molto italiano, che aveva un gioco solare, che sapeva cogliere le opportunità giocando talvolta sulle debolezze altrui, e dunque individuandole (e anche questo è un merito) ma sempre rischiando. Forse è una esagerazione, dovuta alla mia amicizia con Adriano, e dunque scusatemi a prescindere, ma sono convinto che Panatta, anche nelle giornate peggiori, riuscisse seppure per pochi game a valere il prezzo del biglietto. E se questo è vero, credetemi, è cosa che pochi si sono permessi in carriera.
    Il tratto in comune con Henman, a questo punto, non è difficile da scoprire. Anche Tim, per gli inglesi, è stato più importante dei risultati che ha saputo produrre. Anche lui ha fatto tendenza, anche lui ha spinto parte delle nuove generazioni a interessarsi al tennis. Ha avuto il merito di comportarsi sempre con grande signorilità, ha dato un esempio positivo. Nel piccolo, la collina di Tim, nell’Orange Park wimbledoniano, con i suoi tifosi finalmente umani, vocianti, sgraziati ma ricchi di colore e di voglie tennistiche, vale l’immagine dell’Italia che scopriva il tennis attraverso Panatta.
    Meno interessante trovo il confronto numerico, ma forse perché sono convinto che i tennisti di diverse generazioni si possano confrontare solo nei “massimi sistemi” del tennis. E certo la popolarità raggiunta dall’uno o dall’altro, così come le ricadute di quella popolarità sulla pubblica opinione, ben rappresentano uno dei massimi sistemi sui quali si possa stabilire un confronto.
    In ogni caso, Adriano fu tre volte semifinalista al Roland Garros, e una di queste tre volte giunse in finale e vinse. La sua storia parigina segna, in tutto, una vittoria, due semifinali e due quarti di finale. Henman ha vissuto in gloria quattro semifinali a Wimbledon, non è mai riuscito a vincere, ciò non di meno è stato sempre protagonista. Su quanto valga il percorso compiuto da Panatta a Parigi, e quanto invece quello di Henman a Wimbledon si potrebbe discutere a lungo. A mio avviso, troppo lontani non sono. Ma attenzione, chi vince uno Slam, nel tennis, anche uno solo, ha il diritto di sentirsi parte di un club esclusivo.
    Vi racconto una piccola storia, in proposito… Perfidi com’erano, Panatta e Ashe una volta maltrattarono il povero Lendl, già fortissimo, perché a dire di Adriano stava facendo un po’ troppo l’invadente. Ashe, che pare avesse una lingua lunghissima, disse più o meno a Lendl… “Questa è una riunione fra chi ha vinto nello Slam, un club esclusivo. Mi dia del signore, e parli quando le viene data la parola”. Lendl accettò il verdetto. Si rifece su Panatta in allenamento, costringendolo dopo una quarantina di minuti a smettere, perché “mi tirava al corpo per farmi male” (dice lui), e aspettò comunque il suo turno. Quando infine vinse Parigi, aspettò l’occasione e una volta incrociato Panatta (che intanto aveva smesso) lo rincorse addirittura per fermarlo e poi, a tu per tu, gli impose di dargli del signore anche a lui… “Benvenuto nel club, mister Lendl”, fu la risposta di Adriano. E lì, finalmente, gatto e topo (chi fosse l’uno e chi l’altro, stabilitelo voi) vissero felici e contenti.

  12. marcos scrive:

    stupendo intervento di daniele. grazie!

  13. roberto scrive:

    Aneddoto molto emblematico ed esemplificativo del carattere dei tre protagonisti, nel bene e nel male.
    La signorilità, che a volte scivolava nello snobismo, del povero Ashe.
    L’approccio “rilassato” e mai troppo pugnace (…) di Adriano negli allenamenti.
    La feroce determinazione di Lendl.

  14. Pietro scrive:

    Nessun dubbio sul fatto che Henman, col suo classico tennis d’attacco, mi mancherà. Anche quest’anno al Foro non ho avuto dubbi a dirigermi sul centralino per vederlo, pur sapendo che con Almagro aveva pochissime chances.
    D’accordissimo con Daniele sul fatto che Panatta anche nelle giornate peggiori sapesse inventare qualche giocata che valeva il prezzo del biglietto.

  15. Ubaldo Scanagatta scrive:

    Cavolo, se Daniele mi racconta aneddoti di questo tipo ogni volta che accenno a Panatta…lo accennerò a ripetizione. Sono d’accordo con lui che Adriano meritasse quasi sempre il prezzo del biglietto, e lo dice uno che da ex direttore del torneo di firenze lo ha visto purtroppo perdere anche da giocatori impresentabili (volete che li nomini? Rick Fagel, Van Winitsky, Ramiro Benavides e, più accettabile, ma sulla terra sempre scarso Colin Dibley) perchè lui per primo era impresentabile. Ma vederlo giocare al meglio mi ha dato anche le più grandi soddisfazioni della mia vita di reporter, al Roland Garros 1976 ovviamente (fu il primio R.Garros che seguii, mentre a Wimbledon ero già andato due anni prima) dove finii in lacrime, come un bambino. Del racconto che Daniele ha fatto dei tre forse il profilo più sorprendente sarebbe quello che emerge di Arthur Ashe, per solito sempre molto signore, poco “sborone” per usare un termine di moda oggi.

  16. Marco Lombardo scrive:

    Rispondo a Marcos: certo, Henman non ha mai perso sull’erba contro un argentino, se fosse successo avremmo qualche sospetto in più. Ha perso invece a Parigi solo 3 anni fa e dove sono finiti oggi Gaudio e Coria? In ogni caso: io spero che Tim faccia ancora un Wimbledon ai suoi livelli e tiferò per lui anche se non ci credo troppo. E finisco: siamo partiti da Henman per finire Arthur Ashe. E’ fantastico.

  17. marcos scrive:

    coria non mette più un servizio nel rettangolo giusto, manco se tira a 130: blocco mentale seriamente preoccupante.
    gaudio l’ho rivisto quest’anno, a tratti molto bene: tornerà su livelli che oggi, francamente, sembrano impensabili per lui.

    siamo partiti da henman, passando per panatta, per finire con ashe: pagina da salvare!

Scrivi un commento