Commenti a: Addio Martina e non arrivederci.Una brutta uscita di scena…ma due anni sono troppi o giusti? http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1239 Il blog ufficiale di Ubaldo Scanagatta (tennis, calcio, vela e altri sport) Fri, 10 May 2013 17:38:49 +0000 http://wordpress.org/?v=2.3.3 Di: marco.napo http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1239#comment-38225 marco.napo Sat, 05 Jan 2008 12:14:18 +0000 http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1239#comment-38225 sentiamo la mancanza della hingis? è vero che la droga tra poco la venderanno al supermercato ,ma almeno lo sport e gli sportivi dovrebbero dare il buon esempio. altro che due anni,la metterei alla gogna,alla berlina come si faceva nel medioevo........... siate sicuri che la nostra campionessa ha gia altri hobbi interessi (anche finanziari) non ha certo il problema di arrivare alla fine del mese. un saluto sentiamo la mancanza della hingis?
è vero che la droga tra poco la venderanno al supermercato ,ma almeno lo sport e gli sportivi dovrebbero dare il buon esempio.
altro che due anni,la metterei alla gogna,alla berlina come si faceva nel medioevo………..
siate sicuri che la nostra campionessa ha gia altri hobbi interessi (anche finanziari) non ha certo il problema di arrivare alla fine del mese.
un saluto

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Di: john john http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1239#comment-38221 john john Sat, 05 Jan 2008 11:18:40 +0000 http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1239#comment-38221 so che può sembrare una sottigliezza ma a mio parere non lo è affatto se la hingis si è drogata per migliorare le sue prestazioni agonistiche sul campo da tennis due anni sono pochi, credo che l'unica sanzione, a meno di non voler liberalizzare l'uso di droghe nello sport, sarebbe la radiazione se invece è una addict, ha cioè un personale problema di dipendenza dalla sostanza è, insomma, crudamente, una tossicodipendente, beh allora due anni possono essere giusti per consentirle un recupero -sempre difficilissimo inutile farsi illusioni- della sua persona, cercare di disintossicarsi e tornare a essere un normalissimo essere umano non più schiavo della chimica; ma l'antidoping è ancora uno strumento rozzo e occasionale e non credo arriverà mai a simili distinguo a proposito buon anno a tutto il blog so che può sembrare una sottigliezza ma a mio parere non lo è affatto
se la hingis si è drogata per migliorare le sue prestazioni agonistiche sul campo da tennis due anni sono pochi, credo che l’unica sanzione, a meno di non voler liberalizzare l’uso di droghe nello sport, sarebbe la radiazione
se invece è una addict, ha cioè un personale problema di dipendenza dalla sostanza è, insomma, crudamente, una tossicodipendente, beh allora due anni possono essere giusti per consentirle un recupero -sempre difficilissimo inutile farsi illusioni- della sua persona, cercare di disintossicarsi e tornare a essere un normalissimo essere umano non più schiavo della chimica; ma l’antidoping è ancora uno strumento rozzo e occasionale e non credo arriverà mai a simili distinguo
a proposito buon anno a tutto il blog

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Di: Stefano Semeraro http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1239#comment-38204 Stefano Semeraro Sat, 05 Jan 2008 00:30:22 +0000 http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1239#comment-38204 Art. scritto per la Stampa del 2 Novembre 2007 Era stata l’ultima divina prima di Justine Henin a tirare di fino, a disegnare il campo da tennis con geometrie impeccabili, leggere. Numero uno del mondo per la prima volta a 17 anni, nel ’97. Una piccola budda dei courts, tutta ritmo e sorrisini che sembravano paresi. Adesso l’accusano di aver tirato - anche - di coca. Di esserci andata giù pesante. Di essersele fatte, le righe, non solo di averle sfiorate colpendo la sferetta di gomma. E’ l’ultimo scandalo che si abbatte su uno sport decisamente in crisi di immagine, fra scommesse illegali e polemiche assortite. Martina Hingis, Little Miss Perfection sviluppatasi nel tempo in una sorta di vedova nera, attraverso ripetuti flirt con sportivi opacizzati all’istante dal suo fascino solo in apparenza gelidino, è risultata positiva alla cocaina in un test anti-doping durante l’ultimo Wimbledon. Lo ha spiegato lei stessa, durante una conferenza convocata ieri a Zurigo per dichiararsi “innocente al 100 per cento”. Analisi e controanalisi, per ora solo ufficiose, la condannano. Lei per stroncare sul nascere accuse “così orrende e mostruose”, si è sottoposta volontariamente ad un test dei capelli che avrebbe dato esito negativo. “L’unico doping che ho sempre usato è stato il mio amore per il tennis”, ha metaforizzato la Hingis. “Dicono che la cocaina procuri euforia, io so solo che è impossibile giocare a tennis in stato di euforia. La droga mi ha sempre fatto orrore”. E qui, dal bianco si vira verso il giallo: “I miei legali e gli esperti hanno già trovato molte inconsistenze nel modo in cui sono stati maneggiati i campioni di urina”, ha continuato Martina. “Ma queste cose vanno sempre per le lunghe e io non ho voglia di passare anni della mia vita a combattere contro i dirigenti dell’anti-doping. Sono frustrata e arrabbiata, questa faccenda mi toglie motivazioni e così ho deciso, anche per via dell’infortunio all’anca che mi affligge da tempo, di ritirarmi dal tennis”. Colpevolisti, innocentisti, scatenatevi pure. La cocaina non è merce nuova nel tennis. Mats Wilander e Karel Novacek nel 1996 furono beccati con le narici nella bustina, più di recente è toccato all’oscurissimo spagnolo Diego Hipperdinger, due anni di squalifica nel 2004. Quella sagoma di Ilie Nastase una volta si presentò a Wimbledon con una foglietta di coca arrotolata nel naso, e (presunte) sniffate eccellenti hanno impolverato anche la carriera di Yannick Noah, Vitas Gerulaitis, John McEnroe e soprattutto di Bjorn Borg, un numero uno che come la Hingis si era ritirato dall’attività e poi era rientrato solo per scoprire che l’epoca d’oro era finita. Sciolta come neve al sole di un tennis diverso. Dopo la pausa fra la fine 2002 e l’inizio del 2006, imposta da un noisoso infortunio a un piede, Martina è riuscita a tornare anche n.6 del mondo, ha vinto tre tornei. Ma non si è mai neppure avvicinata ai livelli fatati di un tempo. Il vero problema per il tennis non sono però le tirate di naso della Hingis – lacrime o coca si vedrà – ma il tempisto infausto della notizia, che piomba su uno sport alle prese con una crisi che rischia di sconfinare nella farsa. Si era appena usciti dalle livide querelle sul doping – ultimo scabroso caso quello di Canas – ed ecco che scoppia il bubbone delle partite truccate e delle scommesse illegali. Tanto che per indagare in spogliatoi dove ormai i mafiosi russi paiono più numerosi dei fisioterapisti (o forse gli uni coincidono con gli altri, non si sa), la polizia francese, durante il torneo in corso questa settimana a Parigi-Bercy, ha infiltrato alcuni suoi agenti in borghese. Ieri Etienne De Villiers, il grande capo dell’Atp che sognava di trasformare il tennis in Dysneyland ma si ritrova nel tunnel degli orrori, mentre il suo collega della WTA faceva esercizio di pesceinbarilismo ha annunciato da Londra che verranno banditi a vita dal circuito i giocatori beccati a scommettere. Sempre ammesso che li si becchi, ovvio. Contemporaneamente però, a Bercy, è andato in scena, pardon, in campo, uno spezzone di vaudeville con Nikolay Davydenko, sospettato numero uno del caso e già richiamato la scorsa settimana per scarso impegno, preso letteralmente dai fondelli dall’arbitro francese Cedric Mourier. “Guarda che stai servendo peggio di me”, lo ha sfottuto dopo l’ennesimo doppio fallo nel match poi perso contro Baghdatis. Kolya il biondino, apparentemente smarrito come un bimbo, non si sa più se perfido e abilissimo camuffatore o colpevole kafkiano di un crimine mai (s)commesso, è sembrato ad un tratto l’immagine vivente di un tennis che non sa più dove sbattere testa e racchetta. E neppure Federer, ieri di nuovo sconfitto da Nalbandian, al momento sembra poterlo aiutare. Art. scritto per la Stampa del 2 Novembre 2007
Era stata l’ultima divina prima di Justine Henin a tirare di fino, a disegnare il campo da tennis con geometrie impeccabili, leggere. Numero uno del mondo per la prima volta a 17 anni, nel ’97. Una piccola budda dei courts, tutta ritmo e sorrisini che sembravano paresi. Adesso l’accusano di aver tirato - anche - di coca. Di esserci andata giù pesante. Di essersele fatte, le righe, non solo di averle sfiorate colpendo la sferetta di gomma. E’ l’ultimo scandalo che si abbatte su uno sport decisamente in crisi di immagine, fra scommesse illegali e polemiche assortite. Martina Hingis, Little Miss Perfection sviluppatasi nel tempo in una sorta di vedova nera, attraverso ripetuti flirt con sportivi opacizzati all’istante dal suo fascino solo in apparenza gelidino, è risultata positiva alla cocaina in un test anti-doping durante l’ultimo Wimbledon.
Lo ha spiegato lei stessa, durante una conferenza convocata ieri a Zurigo per dichiararsi “innocente al 100 per cento”. Analisi e controanalisi, per ora solo ufficiose, la condannano. Lei per stroncare sul nascere accuse “così orrende e mostruose”, si è sottoposta volontariamente ad un test dei capelli che avrebbe dato esito negativo. “L’unico doping che ho sempre usato è stato il mio amore per il tennis”, ha metaforizzato la Hingis. “Dicono che la cocaina procuri euforia, io so solo che è impossibile giocare a tennis in stato di euforia. La droga mi ha sempre fatto orrore”. E qui, dal bianco si vira verso il giallo: “I miei legali e gli esperti hanno già trovato molte inconsistenze nel modo in cui sono stati maneggiati i campioni di urina”, ha continuato Martina. “Ma queste cose vanno sempre per le lunghe e io non ho voglia di passare anni della mia vita a combattere contro i dirigenti dell’anti-doping. Sono frustrata e arrabbiata, questa faccenda mi toglie motivazioni e così ho deciso, anche per via dell’infortunio all’anca che mi affligge da tempo, di ritirarmi dal tennis”. Colpevolisti, innocentisti, scatenatevi pure. La cocaina non è merce nuova nel tennis. Mats Wilander e Karel Novacek nel 1996 furono beccati con le narici nella bustina, più di recente è toccato all’oscurissimo spagnolo Diego Hipperdinger, due anni di squalifica nel 2004. Quella sagoma di Ilie Nastase una volta si presentò a Wimbledon con una foglietta di coca arrotolata nel naso, e (presunte) sniffate eccellenti hanno impolverato anche la carriera di Yannick Noah, Vitas Gerulaitis, John McEnroe e soprattutto di Bjorn Borg, un numero uno che come la Hingis si era ritirato dall’attività e poi era rientrato solo per scoprire che l’epoca d’oro era finita. Sciolta come neve al sole di un tennis diverso. Dopo la pausa fra la fine 2002 e l’inizio del 2006, imposta da un noisoso infortunio a un piede, Martina è riuscita a tornare anche n.6 del mondo, ha vinto tre tornei. Ma non si è mai neppure avvicinata ai livelli fatati di un tempo. Il vero problema per il tennis non sono però le tirate di naso della Hingis – lacrime o coca si vedrà – ma il tempisto infausto della notizia, che piomba su uno sport alle prese con una crisi che rischia di sconfinare nella farsa.
Si era appena usciti dalle livide querelle sul doping – ultimo scabroso caso quello di Canas – ed ecco che scoppia il bubbone delle partite truccate e delle scommesse illegali. Tanto che per indagare in spogliatoi dove ormai i mafiosi russi paiono più numerosi dei fisioterapisti (o forse gli uni coincidono con gli altri, non si sa), la polizia francese, durante il torneo in corso questa settimana a Parigi-Bercy, ha infiltrato alcuni suoi agenti in borghese. Ieri Etienne De Villiers, il grande capo dell’Atp che sognava di trasformare il tennis in Dysneyland ma si ritrova nel tunnel degli orrori, mentre il suo collega della WTA faceva esercizio di pesceinbarilismo ha annunciato da Londra che verranno banditi a vita dal circuito i giocatori beccati a scommettere. Sempre ammesso che li si becchi, ovvio. Contemporaneamente però, a Bercy, è andato in scena, pardon, in campo, uno spezzone di vaudeville con Nikolay Davydenko, sospettato numero uno del caso e già richiamato la scorsa settimana per scarso impegno, preso letteralmente dai fondelli dall’arbitro francese Cedric Mourier. “Guarda che stai servendo peggio di me”, lo ha sfottuto dopo l’ennesimo doppio fallo nel match poi perso contro Baghdatis. Kolya il biondino, apparentemente smarrito come un bimbo, non si sa più se perfido e abilissimo camuffatore o colpevole kafkiano di un crimine mai (s)commesso, è sembrato ad un tratto l’immagine vivente di un tennis che non sa più dove sbattere testa e racchetta. E neppure Federer, ieri di nuovo sconfitto da Nalbandian, al momento sembra poterlo aiutare.

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