In una finestrella sul sito del torneo di Roma appare uno scritto che inizia così: “E pensare che Rino Tommasi e Gianni Clerici, di tanto in tanto, accusano di “provincialismo” gli Internazionali d’Italia…”. Continua poi, nell’intento di confutare l’accusa, sventolando la severità imparziale dimostrata dai giudici di linea italiani verso i giocatori connazionali, giudici dunque molto più corretti dei loro omologhi francesi, russi, ecc.
Un prurito mi prende allora, al punto da voler deporre un commentino senza ultimare la lettura. Poiché l’accesso è possibile solo dopo impostazione di uno strano codice indicato ma non valido (forse a causa del mio indirizzo di mittente estero?), lo faccio qui.

Nascondersi dietro l’evento - guarda un po’, designato “Internazionali”! - e magnificare il lavoro del pur bravo personale operativo a discarica di critiche mosse alla dirigenza, non è da provinciali, è addirittura negarsi al dibattito.
Mentre il paragone del “proprio” operato con ciò che fa il vicino è caratteristica distintiva del provincialismo.
Persisto quindi nel trovare più che fondata la critica mossa linearmente da Rino Tommasi. Direi per finire che, vista l’inconsistenza degli argomenti di controparte, se detta critica fosse come sembra stata sostenuta già nelle stagioni passate, assume anche valore di comprova della recidiva.

Mi sento tuttavia di perdonare l’autore del plaidoyer. Il draw promette in ogni caso bene, per la gioa di tutti. E Mario Ancic ringrazia chi gli ha ceduto il posto.

Ma il fatto della bandiera, ai professionisti (e, riconosco, per ragioni diverse non soltanto a loro) importa ben poco. Federer gioca la Coppa Davis quando non trova meglio da fare, dunque quasi mai, a Basilea non ci fu per due anni consecutivi, nel 2004-2005.
A questo punto, devo dire, non mi convince un’ipotesi diversa dalla difesa del ranking: senza Valencia Nadal si sarebbe staccato da Federer in modo più vistoso, così come Federer senza Estoril avrebbe cominciato a sentire troppo vicino il suo amico-nemico, ancorché gli abbia giovato “scaldarsi”.

Naturalmente tengo molto in conto il tuo punto di vista, qui e in generale. Sono attento ai vostri commenti autorevoli (consulto soltanto questo blog, per la possibilità deliziosa data di spaziare dal sacro al profano) e mi suscitano spesso interesse le tue contrapposizioni costruttive agli assunti che parrebbero scontati.

Caro Giovanni, in linea teorica tu hai ragione. Ma sai benissimo che certi giocatori sono di fatto obbligati a partecipare ad alcuni tornei. Penso al Nadal di Barcellona (seguito da Roma e Amburgo) e al Federer di Basilea (seguito da Madrid e Parigi Bercy). La mia osservazione prende le mosse soprattutto da questi due casi. Per il resto sono d’accordo col tuo ragionamento