Commenti a: Capriati: “Ho pensato al suicidio”.“Chi sono io senza il tennis?”Shriver: “Troppe attese su lei” http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009 Il blog ufficiale di Ubaldo Scanagatta (tennis, calcio, vela e altri sport) Fri, 10 May 2013 18:18:28 +0000 http://wordpress.org/?v=2.3.3 Di: remo http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009#comment-29672 remo Wed, 10 Oct 2007 06:39:53 +0000 http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009#comment-29672 Solo per chiarire che nemmeno io avevo mai letto o sentito dire che Stefano Capriati (o la moglie, o entrambi) si è comportato da padre-padrone nei confronti di Jennifer! Infatti mi sono posto domande alle quali credo nessuno, tranne i diretti interessati, potranno dare risposte esaustive. E forse nemmeno loro sapranno darle se, come credo, si sono comportati a suo tempo secondo coscienza. Poi, è ovvio, trovo del tutto condivisibile l'apertura del post di Thomas Yancey così come l'appunto precedente di Stefano Grazia: è molto difficile capire cosa potrebbe fare davvero una persona se ne avesse la possibilità ed è pur vero, come peraltro ricordavo, che la filosofia è molto più facile applicarla alle vicende altrui. Quando invece succedono a noi, le cose, chissà perché spesso ci comportiamo in modo diverso. Gestire all'improvviso, o quasi, un animale subdolo qual è la celebrità (e i soldi che ne derivano) richiede un insieme di caratteristiche che pochi, pochissimi possiedono. Infine, altro animale subdolo, la depressione è tale perché spesso ingiustificata, almeno agli occhi estranei di chi ci circonda. Qualche giorno fa, intervistando Alessandro Duran (campione italiano, europeo e mondiale dei pesi welter di pugilato), proprio lui - che in apparenza depresso non è - mi ricordava, rispondendo alla mia domanda su quale fosse stato il momento più difficile della sua lunga carriera, che il momento più duro è stato alzarsi dal letto il mattino dopo l'ultimo incontro, quello al termine del quale aveva annunciato ufficialmente il ritiro. "Potevo starmene a letto finché volevo, anziché svegliarmi all'alba e andare a fare jogging sulle mura cittadine, ma la domanda a cui non riuscivo a dare risposta era: cosa sono io senza la boxe? E senza il mio pubblico? E senza il gusto della sfida? E senza la spinta che questo è riuscito a darmi in tutto questo tempo? Adesso lui insegna pugilato ai giovani e ha trovato la sua strada alternativa. Auguro a Jennifer di trovare la sua. Solo per chiarire che nemmeno io avevo mai letto o sentito dire che Stefano Capriati (o la moglie, o entrambi) si è comportato da padre-padrone nei confronti di Jennifer! Infatti mi sono posto domande alle quali credo nessuno, tranne i diretti interessati, potranno dare risposte esaustive. E forse nemmeno loro sapranno darle se, come credo, si sono comportati a suo tempo secondo coscienza. Poi, è ovvio, trovo del tutto condivisibile l’apertura del post di Thomas Yancey così come l’appunto precedente di Stefano Grazia: è molto difficile capire cosa potrebbe fare davvero una persona se ne avesse la possibilità ed è pur vero, come peraltro ricordavo, che la filosofia è molto più facile applicarla alle vicende altrui. Quando invece succedono a noi, le cose, chissà perché spesso ci comportiamo in modo diverso. Gestire all’improvviso, o quasi, un animale subdolo qual è la celebrità (e i soldi che ne derivano) richiede un insieme di caratteristiche che pochi, pochissimi possiedono.
Infine, altro animale subdolo, la depressione è tale perché spesso ingiustificata, almeno agli occhi estranei di chi ci circonda. Qualche giorno fa, intervistando Alessandro Duran (campione italiano, europeo e mondiale dei pesi welter di pugilato), proprio lui - che in apparenza depresso non è - mi ricordava, rispondendo alla mia domanda su quale fosse stato il momento più difficile della sua lunga carriera, che il momento più duro è stato alzarsi dal letto il mattino dopo l’ultimo incontro, quello al termine del quale aveva annunciato ufficialmente il ritiro. “Potevo starmene a letto finché volevo, anziché svegliarmi all’alba e andare a fare jogging sulle mura cittadine, ma la domanda a cui non riuscivo a dare risposta era: cosa sono io senza la boxe? E senza il mio pubblico? E senza il gusto della sfida? E senza la spinta che questo è riuscito a darmi in tutto questo tempo?
Adesso lui insegna pugilato ai giovani e ha trovato la sua strada alternativa. Auguro a Jennifer di trovare la sua.

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Di: Nikolik http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009#comment-29658 Nikolik Tue, 09 Oct 2007 20:58:03 +0000 http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009#comment-29658 Trovo molto interessante la domanda che ha posto Roberto e penso che gli dobbiamo una risposta, ognuno di noi nsecondo la sua testa, ovvio. E' ancora possibile, nel tennis di oggi, così competitivo, è ancora possibile riuscire ad emergere senza dare il 100% di se stessi alla sola attività agonistica? No, Roberto, no, purtroppo no, purtroppo hai ragione tu, non è posssibile. Infatti, io sono sempre stato comprensivo nei confronti di quei nostri tennisti italiani che, entrati nei primi 100, cercano anche, dopo anni di sacrifici e con l'infanzia e l'adolescenza trascorsa a Batumi e Telavi, di divertirsi un poco. Non entreranno tra i primi 10, ma sono felice per loro. Ma ne abbiamo già parlato, quando ho improvvisato il finto messaggio di Volandri. Trovo molto interessante la domanda che ha posto Roberto e penso che gli dobbiamo una risposta, ognuno di noi nsecondo la sua testa, ovvio.
E’ ancora possibile, nel tennis di oggi, così competitivo, è ancora possibile riuscire ad emergere senza dare il 100% di se stessi alla sola attività agonistica?
No, Roberto, no, purtroppo no, purtroppo hai ragione tu, non è posssibile.
Infatti, io sono sempre stato comprensivo nei confronti di quei nostri tennisti italiani che, entrati nei primi 100, cercano anche, dopo anni di sacrifici e con l’infanzia e l’adolescenza trascorsa a Batumi e Telavi, di divertirsi un poco.
Non entreranno tra i primi 10, ma sono felice per loro.
Ma ne abbiamo già parlato, quando ho improvvisato il finto messaggio di Volandri.

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Di: mauro http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009#comment-29647 mauro Tue, 09 Oct 2007 17:12:46 +0000 http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009#comment-29647 Ho un ricordo molto tenero di Jennifer Capriati. Se ricordo bene correva l'anno 1989 quando la vidi al Circolo Tennis Firenze alle Cascine vincere il torneo juniores battendo Francesca Romano in tre set. Vinse il primo ed il terzo set dopo aver perso il secondo al tiebreak contro l'italiana che gli alzava i pallonetti per evitare le tremende accelerazioni di rovescio dell'americana. Aveva 13 anni (contro i 18 dell'azzurra) ed era a Firenze seguita come un'ombra dalla madre, una bella signora bionda. La incontrai il giorno prima della finale mentre seguiva sui gradoni del campo n.2 mentre faceva il tifo per il nostro Nicola Bruno (semifinalista nel torneo maschile). In quei tempi io ero molto depresso per via di una delusione amorosa e vedere questa bimba giocare un grandissimo tennis mi rinfrancò molto. Mi dissi fra me e me: "Questa ha sangue italiano, si chiama Capriati, sarebbe da naturalizzare". Poi diventò la campionessa che tutti conoscevamo, ma io quei due pomeriggi alle Cascine non me li scorderò mai più. Ho un ricordo molto tenero di Jennifer Capriati. Se ricordo bene correva l’anno 1989 quando la vidi al Circolo Tennis Firenze alle Cascine vincere il torneo juniores battendo Francesca Romano in tre set. Vinse il primo ed il terzo set dopo aver perso il secondo al tiebreak contro l’italiana che gli alzava i pallonetti per evitare le tremende accelerazioni di rovescio dell’americana. Aveva 13 anni (contro i 18 dell’azzurra) ed era a Firenze seguita come un’ombra dalla madre, una bella signora bionda. La incontrai il giorno prima della finale mentre seguiva sui gradoni del campo n.2 mentre faceva il tifo per il nostro Nicola Bruno (semifinalista nel torneo maschile). In quei tempi io ero molto depresso per via di una delusione amorosa e vedere questa bimba giocare un grandissimo tennis mi rinfrancò molto. Mi dissi fra me e me: “Questa ha sangue italiano, si chiama Capriati, sarebbe da naturalizzare”. Poi diventò la campionessa che tutti conoscevamo, ma io quei due pomeriggi alle Cascine non me li scorderò mai più.

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Di: Stefano Grazia http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009#comment-29646 Stefano Grazia Tue, 09 Oct 2007 16:50:12 +0000 http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009#comment-29646 sara, vedo che son riusciti a correggere il nome (avevo postato col nome di mia moglie perchè a casa usiamo spesso lo stesso computer dimenticandoci di modificare il nome)...si, i genitori di capriati e Seles saranno anche diversi anche se è vero che la Seles 17enne era insopportabilmente leziosa a dimostrazione (vedi anche Agassi) che poi si matura molto e non bisogna aver fretta di giudicarli troppo precipitosamente, i nostri beneamati campioncini...dicevo, sarà anche vero, ma volevo dire quello che hai detto anche tu, e comunque a parte il fatto di aver investito carriera e futuro sulla figlia ED ESSERE I PRIMI AD ESSERCI RIUSCITI (e con l'aggravante di aver indicato la via a tutti gli altri), io di cose cattive su Stefano Capriati non ne ho mai lette, tanto è vero che Jennifer se l'è tenuto anche dopo, come allenatore, a differenza per es di Dokic e Pierce... sara, vedo che son riusciti a correggere il nome (avevo postato col nome di mia moglie perchè a casa usiamo spesso lo stesso computer dimenticandoci di modificare il nome)…si, i genitori di capriati e Seles saranno anche diversi anche se è vero che la Seles 17enne era insopportabilmente leziosa a dimostrazione (vedi anche Agassi) che poi si matura molto e non bisogna aver fretta di giudicarli troppo precipitosamente, i nostri beneamati campioncini…dicevo, sarà anche vero, ma volevo dire quello che hai detto anche tu, e comunque a parte il fatto di aver investito carriera e futuro sulla figlia ED ESSERE I PRIMI AD ESSERCI RIUSCITI (e con l’aggravante di aver indicato la via a tutti gli altri), io di cose cattive su Stefano Capriati non ne ho mai lette, tanto è vero che Jennifer se l’è tenuto anche dopo, come allenatore, a differenza per es di Dokic e Pierce…

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Di: john john http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009#comment-29641 john john Tue, 09 Oct 2007 15:11:36 +0000 http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009#comment-29641 un po' off topic ma non troppo visti gli infortuni della capriati: si moltiplicano gli infortuni alla spalla; anche per i non professionisti; l'infiammazione acuta della cuffia rotatoria è ormai come il gomito del tennista; sarei felice se ubaldo o chi per lui spiegasse l'origine del male e soprattutto le terapie per uscirne e la prevenzione per non ricaderci; se in questo blog ci sono come credo anche delle racchette più o meno abili credo possa essere di grande interesse, ringrazio in anticipo un po’ off topic ma non troppo visti gli infortuni della capriati: si moltiplicano gli infortuni alla spalla; anche per i non professionisti; l’infiammazione acuta della cuffia rotatoria è ormai come il gomito del tennista; sarei felice se ubaldo o chi per lui spiegasse l’origine del male e soprattutto le terapie per uscirne e la prevenzione per non ricaderci; se in questo blog ci sono come credo anche delle racchette più o meno abili credo possa essere di grande interesse, ringrazio in anticipo

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Di: sara casini http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009#comment-29623 sara casini Tue, 09 Oct 2007 10:08:11 +0000 http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009#comment-29623 ho sempre sognato che i miei giocatori/trici preferite non si ritirassero mai, ho sempre sperato che riuscissero a battere 6/0 6/0 il tempo e senza tempo continuassero a giocare i loro match piu' belli sui campi da tennis come se quella fosse la loro vita, la loro casa, come se fossero nati solo farci emozionare con le lore traiettorie irrepetibili e per farci applaudire le loro gesta come ricompensa al loro talento. jennifer era dopo la divina seles, la giocatrice che mi divertiva di piu', un diamante grezzo ma purissimo con le stimmate della campionessa, insomma, una predestinata. Ho sempre pensato che la droga fosse entrata nella sua vita come un gioco-ribellione alla sua condizione di privilegiata, a una routine del lusso che non doveva,evidentemente, ritenere abbastanza appagante; aveva scelto di percorrere una strada pericolosa, finendo per spingersi troppo oltre, nella speranza, forse, di sentirsi teenagers come gli altri. Mi aveva impressionato molto la sua compostezza al ritorno sul circuito, l'assoluta serenita' con cui aveva esultato in australia dopo la sua prima vittoria in uno slam, segno pensavo, di una maturita' finalmente raggiunta, di un firmato armistizio con i suoi demoni. La sua condizione attuale è indecifrabile per chi, come noi, non la conosce privatamente ma sono convinta che non possa di certo legarsi solo al tennis; La depressione è una malattia, quali ne siano le cause profonde lo puo' sapere forse solo jennifer; mi limito a dire che non basta nella vita avere buoni maestri per evitare di percorrere certe strade; i genitori contano e non contano quando si è molto giovani, conta molto di piu' scegliere buoni amici, sapere di poter contare su qualcuno che ti voglia bene per quello che sei non per i soldi che hai in banca ; conta non prendere troppo sul serio il proprio talento perchè ci sono mille altri campi in cui non si è numeri 1 ma in cui vale cmq la pena investire il proprio tempo e il proprio interesse. Auguri jennifer!! p.s condivido in pieno il post di gabri ma il confronto tra i genitori seles e i capriati è paragonabile a quello tra monsieur de coubertin e gli ultrà della curva sud:) ho sempre sognato che i miei giocatori/trici preferite non si ritirassero mai, ho sempre sperato che riuscissero a battere 6/0 6/0 il tempo
e senza tempo continuassero a giocare i loro match piu’ belli
sui campi da tennis come se quella fosse la loro vita, la loro casa,
come se fossero nati solo farci emozionare con le lore
traiettorie irrepetibili e per farci applaudire le loro gesta
come ricompensa al loro talento.

jennifer era dopo la divina seles, la giocatrice che mi divertiva di piu’,
un diamante grezzo ma purissimo con le stimmate della campionessa, insomma,
una predestinata.

Ho sempre pensato che la droga fosse entrata nella sua vita
come un gioco-ribellione alla sua condizione di privilegiata, a
una routine del lusso che non doveva,evidentemente,
ritenere abbastanza appagante;
aveva scelto di percorrere una strada pericolosa, finendo
per spingersi troppo oltre,
nella speranza, forse, di sentirsi teenagers come gli altri.

Mi aveva impressionato molto la sua compostezza al ritorno sul circuito,
l’assoluta serenita’ con cui aveva esultato in australia dopo
la sua prima vittoria in uno slam, segno pensavo, di una maturita’ finalmente raggiunta, di un firmato armistizio con i suoi demoni.

La sua condizione attuale è indecifrabile per chi, come noi,
non la conosce privatamente ma sono convinta che non possa di certo legarsi
solo al tennis;
La depressione è una malattia,
quali ne siano le cause profonde lo puo’ sapere forse solo jennifer;
mi limito a dire
che non basta nella vita avere buoni maestri
per evitare di percorrere certe strade; i genitori contano e non contano quando si è molto giovani,
conta molto di piu’ scegliere buoni amici, sapere di poter contare su qualcuno che ti voglia bene per quello che sei non per i soldi che hai in banca ; conta non prendere troppo sul serio il proprio talento
perchè ci sono mille altri campi in cui non si è numeri 1
ma in cui vale cmq la pena investire
il proprio tempo e il proprio interesse.
Auguri jennifer!!

p.s condivido in pieno il post di gabri ma il confronto tra i genitori seles e i capriati è paragonabile a quello tra monsieur de coubertin e gli ultrà della curva sud:)

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Di: Luigi Ansaloni http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009#comment-29618 Luigi Ansaloni Tue, 09 Oct 2007 09:52:18 +0000 http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009#comment-29618 Non c'è nulla di strano a pensare al suicidio, specie in una situazione come quella della Capriati. L'uomo molto spesso pensa di farla finita senza la reale intenzione di farlo per davvero, ma per il semplice fatto che il pensiero suicida è torbido, e come tutte le cose torbide nasconde un qualcosa di affascinante. Non c’è nulla di strano a pensare al suicidio, specie in una situazione come quella della Capriati. L’uomo molto spesso pensa di farla finita senza la reale intenzione di farlo per davvero, ma per il semplice fatto che il pensiero suicida è torbido, e come tutte le cose torbide nasconde un qualcosa di affascinante.

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Di: Ubaldo Scanagatta http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009#comment-29615 Ubaldo Scanagatta Tue, 09 Oct 2007 09:20:35 +0000 http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009#comment-29615 Nikolik ho risposto alla tua giusta osservazione sulla categoria genitori e figli. ciao Nikolik ho risposto alla tua giusta osservazione sulla categoria genitori e figli. ciao

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Di: Nikolik http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009#comment-29607 Nikolik Tue, 09 Oct 2007 08:10:34 +0000 http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009#comment-29607 Il commento che volevo scrivere io lo ha scritto, ancora una volta, Marcos, con il quale concordo in pieno. Il commento che volevo scrivere io lo ha scritto, ancora una volta, Marcos, con il quale concordo in pieno.

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Di: thomas yancey http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009#comment-29606 thomas yancey Tue, 09 Oct 2007 08:05:44 +0000 http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=1009#comment-29606 Una volta un uomo mi disse: “Non c’è possibilità di sapere cos’è veramente una persona, cosa potrebbe fare davvero se ne avesse la possibilità. Tentiamo sempre di conoscere chi siamo. Io stesso mi sono scritto molte lettere. Te ne leggo una”. “Sono qui. Anni, decenni, millenni che cerco di lasciare una traccia immortale. Ma la fantasia si prosciuga ogni volta. Eppure ne ho tanta per inventarmi torture, malinconie, angosce. Qualche centinaio di dolori fa, una donna con la quale ho vissuto mi disse che se avessi provato a trascrivere, in parole o in musica, gli urli di catastrofe che riuscivo a percepire anche in una camera afona, allora forse… Allora forse sarei stato un artista. Eppure, ogni qualvolta tento, l’immaginazione si ritrae. Come un’onda che si ritira lasciando soltanto la sabbia scura. Come una mosca che si trasforma in ragno non appena il ragno vuol diventare mosca. Proprio così. Il suicidio ripugna sempre. Una verità, fra le innumerevoli che l’essere umano ha scoperto nel suo cammino in questo mondo, dove scorrazzano al gran galoppo i cavalli dell’Apocalisse, dove lebbra e gelo sono all’angolo, a piagare la fronte dei fiori. Verità autentiche. Assolute. Perfette. Perché trasformabili, eppure immutabili, eterne. Come le verità del Papa, come quelle di Abramo Lincoln. Ho trovato questa gemma senza fatica, devo confessare. Il suo creatore l’ha partorita per smascherare un millantatore molto accreditato alla Banca dell’Arte. Stoccata davvero azzeccata. Stilisticamente impeccabile. D’intelligenza superba. Ma con un preciso scopo, peraltro ottimamente raggiunto. Senza quell’obiettivo, di questa florida verità rimarrebbe solo lo scheletro agghindato a festa. Come di tutte le verità. Anche della mia, in questo momento. Quella verità mi infastidisce. Vorrei suicidarmi in pace, senza dover caricarmi anche del peso della ripugnanza. Così una traccia la lascerei. Mortale, magari, ma pur sempre una traccia. O no? Una volta mi è stato detto che sono uno psicotico, perché vivo nel terrore del crollo, della catastrofe imminente. Questo è un inganno. In realtà il crollo di cui io ho paura è già avvenuto. E allora, perché nessuno, neanche coloro che avrebbero potuto e forse dovuto aiutarmi, mi ha mai detto che non avevo motivo di essere angosciato, dato che quello che non dovevo, non volevo perdere, l’avevo invece già perduto? Perché hanno lasciato che mi dilaniassi nella sensazione della catastrofe perenne, che mi sentissi sempre più irrimediabilmente e completamente fottuto? Perché io sono me stesso, e in ciò ha origine la mia condanna: io sono solo. E non ho speranze, in quanto sono recidivo. Ho cercato di affermare ch’io consisto, che ho una dottrina, una filosofia interiore. Ma ciò non è mai stato condiviso da alcuno. Io sono un uomo che cerca di affermare se stesso? Dunque mi si giudica un egoista, un individuo legato esclusivamente a sé medesimo, un essere da cui stare alla larga. Io sono un utopista? Pertanto mi si reputa un declassato. Mi è stato negato con molta durezza il diritto ad esistere come me stesso. Mi sono ribellato, talvolta con isteria. Ma il rifiuto ha continuato a permanere. Perché io persistevo a reclamare qualcuno, qualcosa che mi comprendesse, mi accogliesse. In cambio ho ricevuto la punizione di essere privato dei miei beni e allontanato dalla società umana, con un editto che decretava la mia perniciosa inconsistenza. Pertanto, io non faccio parte di nessuna comunità, di nessun gruppo. Nessun luogo, nulla mi accoglie. Io sono condannato a vagare fino alla morte”. Una volta un uomo mi disse: “Non c’è possibilità di sapere cos’è veramente una persona, cosa potrebbe fare davvero se ne avesse la possibilità. Tentiamo sempre di conoscere chi siamo. Io stesso mi sono scritto molte lettere. Te ne leggo una”.
“Sono qui. Anni, decenni, millenni che cerco di lasciare una traccia immortale. Ma la fantasia si prosciuga ogni volta. Eppure ne ho tanta per inventarmi torture, malinconie, angosce.
Qualche centinaio di dolori fa, una donna con la quale ho vissuto mi disse che se avessi provato a trascrivere, in parole o in musica, gli urli di catastrofe che riuscivo a percepire anche in una camera afona, allora forse…
Allora forse sarei stato un artista.
Eppure, ogni qualvolta tento, l’immaginazione si ritrae. Come un’onda che si ritira lasciando soltanto la sabbia scura. Come una mosca che si trasforma in ragno non appena il ragno vuol diventare mosca.
Proprio così.
Il suicidio ripugna sempre. Una verità, fra le innumerevoli che l’essere umano ha scoperto nel suo cammino in questo mondo, dove scorrazzano al gran galoppo i cavalli dell’Apocalisse, dove lebbra e gelo sono all’angolo, a piagare la fronte dei fiori.
Verità autentiche. Assolute. Perfette. Perché trasformabili, eppure immutabili, eterne. Come le verità del Papa, come quelle di Abramo Lincoln.
Ho trovato questa gemma senza fatica, devo confessare. Il suo creatore l’ha partorita per smascherare un millantatore molto accreditato alla Banca dell’Arte. Stoccata davvero azzeccata. Stilisticamente impeccabile. D’intelligenza superba. Ma con un preciso scopo, peraltro ottimamente raggiunto.
Senza quell’obiettivo, di questa florida verità rimarrebbe solo lo scheletro agghindato a festa. Come di tutte le verità. Anche della mia, in questo momento.
Quella verità mi infastidisce. Vorrei suicidarmi in pace, senza dover caricarmi anche del peso della ripugnanza.
Così una traccia la lascerei. Mortale, magari, ma pur sempre una traccia.
O no?
Una volta mi è stato detto che sono uno psicotico, perché vivo nel terrore del crollo, della catastrofe imminente. Questo è un inganno. In realtà il crollo di cui io ho paura è già avvenuto. E allora, perché nessuno, neanche coloro che avrebbero potuto e forse dovuto aiutarmi, mi ha mai detto che non avevo motivo di essere angosciato, dato che quello che non dovevo, non volevo perdere, l’avevo invece già perduto? Perché hanno lasciato che mi dilaniassi nella sensazione della catastrofe perenne, che mi sentissi sempre più irrimediabilmente e completamente fottuto?
Perché io sono me stesso, e in ciò ha origine la mia condanna: io sono solo.
E non ho speranze, in quanto sono recidivo. Ho cercato di affermare ch’io consisto, che ho una dottrina, una filosofia interiore. Ma ciò non è mai stato condiviso da alcuno. Io sono un uomo che cerca di affermare se stesso? Dunque mi si giudica un egoista, un individuo legato esclusivamente a sé medesimo, un essere da cui stare alla larga. Io sono un utopista? Pertanto mi si reputa un declassato.
Mi è stato negato con molta durezza il diritto ad esistere come me stesso. Mi sono ribellato, talvolta con isteria. Ma il rifiuto ha continuato a permanere. Perché io persistevo a reclamare qualcuno, qualcosa che mi comprendesse, mi accogliesse. In cambio ho ricevuto la punizione di essere privato dei miei beni e allontanato dalla società umana, con un editto che decretava la mia perniciosa inconsistenza. Pertanto, io non faccio parte di nessuna comunità, di nessun gruppo. Nessun luogo, nulla mi accoglie.
Io sono condannato a vagare fino alla morte”.

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